​di​ Linda Varlese

I negazionisti non sono un prodotto della contemporaneità. Dalla Peste alla Spagnola, il meccanismo psicologico del rifiuto della realtà è arrivato sino in epoca Covid. Sebbene il mondo conti ormai​ 50.030.121​ casi confermati dall’inizio della pandemia e​ 1.252.072​ morti​ (dati aggiornati al 9 novembre), infatti, è evidente che esistano persone che, più o meno velatamente, neghino l’esistenza del Coronavirus.​

 

I “negazionisti”, come abbiamo imparato a chiamarli, attribuiscono a complotti di vario tipo il panico generale e l’allerta mondiale scatenati dalla pandemia, rifiutando di fatto di riconoscere e accettare l’esistenza del problema. Le cause che, a loro avviso, spiegherebbero l’origine del complotto sono diverse:​ un’operazione pianificata dai “poteri forti” con la complicità delle forze politiche per imporre un regime di sorveglianza autoritario; la creazione del virus in maniera artificiale in un laboratorio di Wuhan;​ le reti 5G che indebolirebbero il nostro sistema immunitario, rendendoci quindi più esposti al coronavirus e faciliterebbero la diffusione dei batteri; addirittura la complicità di Bill Gates nella fabbricazione in laboratorio del Covid 19 per poter speculare su un vaccino.

 

Ipotesi che a una mente “scientista”, propria cioè di chi ritiene come unico sapere valido quello delle scienze fisiche e sperimentali, possono sembrare quanto meno bizzarre e fantasiose, se non addirittura assurde e nocive. Grazie ai social network e alla velocità delle informazioni nell’epoca di internet, poi, la circolazione delle opinioni dei negazionisti del Covid (e prima di loro dei negazionisti dei cambiamenti climatici) ha avuto vita facile, permettendo la creazione di un fronte compatto e non così esiguo come si potrebbe pensare. A ben guardare, però, il rifiuto e la negazione di una pandemia non è tema dei nostri giorni, ma ha accompagnato l’uomo in ogni epoca. Le ragioni? Essenzialmente due: economiche e psicologiche.

 

I precedenti del negazionismo: la Spagnola, la Febbre Puerperale, la Peste -​ Donatella Lippi, professoressa di Storia della Medicina all’Università degli Studi di Firenze, ci ha raccontato che nei secoli sono state molte le malattie epidemiche ad essere state negate. “Uno dei casi andando a ritroso nel tempo, ad esempio, è quello della Spagnola” ci dice. “Non a caso la Spagnola si chiama così perché ne parlò soltanto la Spagna, unico Paese non belligerante, perché tutti gli altri Stati che erano impegnati nella Guerra del 1915-18 tacquero su questa malattia per non abbattere il morale dei soldati già provati e depressi per altre ragioni”. Ma non è l’unico caso. “Di poco precedente, il vaiolo e il colera in Calabria: il ministro Giolitti disse che si trattava di una febbre di altro tipo alla quale non bisognava prestare troppa attenzione”.​

 

Ben più gravi, come sostiene la Professoressa, il caso della Febbre Puerperale e quello della Peste. “La Febbre Puerperale ammazzava tutte le donne che venivano ricoverate in ospedale per partorire: da una parte c’era Ignác Semmelweis, medico ungherese, che sosteneva che si trattasse di una febbre causata dalle particelle cadaveriche sulle mani dei medici, dall’altra parte gli altri medici sostenevano invece che, rimaste incinte da giovanissime, le donne portassero in grembo il seme della colpa o anche che la malattia fosse dovuta a sommovimenti tellurici. A Semmelweis nessuno ha creduto ed è morto, pazzo, di febbre puerperale”. Stessa cosa il colera: “Mario Adorno, uno scrittore del Sud, sosteneva che il colera fosse causato da un virus borbonico, per cui ci vedeva il complotto politico. Questo ci riconduce a tutte le condizioni della Pestis Manufacta, cioè della ricerca di chi è l’untore, della necessità di trovare la causa prossima del diffondersi dell’epidemia che di solito, in passato, veniva attribuita alle persone che vivevano nella marginalità sociale”.​

 

Poi naturalmente la Peste del 1630. “Don Ferrante nei Promessi sposi si avvale di tutti discorsi pseudoscientifici per asserire che di fatto la malattia non esiste. E da molte fonti risulta che già a quell’epoca si attribuiva la colpa agli untori e ai medici che diffondevano l’epidemia per proprio tornaconto personale”. Perché tutto questo? “Sappiamo che la notizia della peste circolava a “bocca piccina” nella Firenze di quell’epoca, perché una dichiarazione dello stato di epidemia comportava paralisi economica, territorio bandito da ogni scambio e da ogni contatto esterno, disoccupazione e gente che moriva di fame. Anche all’epoca lo Stato provvide ad esborsi per sostenere le persone in difficoltà, sapendo di compromettere la stabilità economica per tantissimi anni”. E’ sorprendente come le dinamiche di oltre 400 anni fa somiglino in tutto e per tutto a quelle di oggi. La ragioni di questo mancato “progresso”, dunque, vanno ricercate nella stessa natura dell’uomo, impaurito dalla crisi economica e paralizzato dall’ansia e dal senso di vergogna.

 

Radici psicologiche del negazionismo -​ Secondo gli psicologi Eve e Mark Whitmore, rispettivamente dottoressa della clinica a Stow in Ohio e professore associato presso il College of Business Administration della Kent State University nel Kent sempre in Ohio, la “negazione” infatti “non sarebbe altro che un meccanismo di difesa”. In​ un’intervista alla Cnn, infatti, spiegano che “quando si trovano in periodi di particolare stress e ansia e c’è una minaccia, le persone sviluppano strategie per proteggere se stesse, il loro senso di sicurezza. E uno di questi è semplicemente negare l’esistenza della fonte minacciosa”. La negazione a volte viene confusa con la razionalizzazione, ovvero quando le persone cercano di spiegare o diminuire la minaccia della fonte di ansia. Quando la gente dice: “Il Covid-19 è solo un’altra influenza”, ammette che esiste, ma lo riduce al minimo e dice che non è così grave come dicono tutti.

 

Entrambe le strategie possono essere molto nocive per se stesse e per gli altri perché portano a minimizzare i rischi e possono avere effetti devastanti sulla salute di tutti. Come impedire che questo accada?

 

“Senza meccanismi di difesa, saremmo paralizzati. Se ogni fonte di ansia o incertezza fosse affrontata tutto il tempo nel suo pieno splendore, non saremmo in grado di salire in macchina, fare un investimento e nemmeno attraversare la strada”, spiega Prudy Gourguechon, psichiatra e consulente dei leader nel mondo degli affari e della finanza sulla psicologia che sta alla base delle decisioni critiche, in un​ interessante articolo su Forbes. “I meccanismi di difesa come la negazione sono irrazionali, ma protettivi. Evitare paura, senso di colpa, terrore e disagio fa sentire bene. Per superare in astuzia la negazione è fondamentale rispettarne il potere, apprezzarne il valore adattivo, fare appello all’emozione e non all’intelletto e offrire l’alternativa di sfidare l’ansia a breve termine e il disagio emotivo, per averne un guadagno a lungo termine”.

 

Nel breve periodo, respingere i cattivi sentimenti negando qualcosa di spaventoso o difficile da comprendere, infatti, fa sentire meglio il negazionista. C’è un immediato rilascio di tensione. “Non importa quanto gravi possano essere le conseguenze a lungo termine del rifiuto, il beneficio positivo immediato a breve termine deve essere riconosciuto”, spiega la psichiatra. Perciò per sconfiggere il negazionismo bisogna comprenderne la logica e andare oltre la mera dimostrazione delle informazioni a disposizione. “I funzionari della sanità pubblica e gli scienziati del clima hanno imparato questa dolorosa lezione. Il messaggio deve essere emotivo, personale, vivido, diretto”, si legge nell’articolo. “Inoltre bisogna entrare in empatia con la persona che sta lottando per affrontare una realtà scomoda. Invece di limitarsi a reclamare l’importanza e la sicurezza delle vaccinazioni, ad esempio, bisogna ragionare con il negazionista, dicendo: ‘Mi rendo conto che è incredibilmente difficile far vaccinare i tuoi figli quando la maggior parte delle mamme nella tua comunità dice che è un male per loro’”, spiega Prudy Gourguechon. E inoltre è importante “applaudire il coraggio necessario al negazionista per tollerare l’ansia, l’incertezza, il senso di colpa e contrastare le opinioni dei propri amici e familiari invece che ricorrere alla soluzione rapida del rifiuto”.