Due recenti episodi sono stati al centro dell’attenzione della grande comunità italiana che vive in Brasile: la sospensione della vendita della “Casa d’Italia” di Juiz de Fora e l’apertura del nuovo “sportello consolare” a Vitoria. Due storie diverse che in comune tra loro hanno la forte e unitaria determinazione della collettività e la conseguente positiva risposta delle autorità di governo”. A scriverne è​ Fabio Porta​ nell’ultimo numero di​ “Comunità italiana”, mensile diretto da​ Pietro Petraglia​ a Rio de Janeiro.​ ​

“La “Casa d’Italia” di Juiz de Fora, nello Stato brasiliano di Minas Gerais, fu costruita negli anni ’30 del secolo scorso grazie al sacrificio di decine di famiglie di immigrati; l’immobile fu donato al governo italiano, anche per evitare il possibile esproprio da parte delle autorità brasiliane (siamo alla vigilia della seconda guerra mondiale). Qualche settimana fa la decisione improvvisa del consolato italiano di Belo Horizonte di mettere all’asta questo simbolo quasi centenario; dopo l’iniziale stupore, i dirigenti della “Casa d’Italia” hanno sensibilizzato il Comites, il Cgie, le autorità brasiliane e ovviamente il governo italiano. Contattati da esponenti della comunità italiana in Brasile, il Sottosegretario Ricardo Merlo e la Vice Ministro degli Esteri Marina Sereni si sono immediatamente fatti interprete delle proteste provenienti dal Brasile; da qui la sospensione dell’improvvida decisione di vendere la “Casa”.

Più complessa la vicenda del consolato di Vitoria, capitale dello Stato dello Espirito Santo, insieme a quello di Santa Catarina lo Stato brasiliano dove maggiore è la percentuale di abitanti di origine italiana sul totale della popolazione. Le collettività italiane dei due Stati rivendicano da anni il diritto ad avere un consolato di carriera, in grado per esempio di trattare direttamente le domande di cittadinanza o di emettere i passaporti, competenze oggi affidate ai rispettivi consolati di Rio de Janeiro e Curitiba.​

Dopo anni di insistenti richieste, negli ultimi tempi – anche grazie a specifiche iniziative parlamentari e diplomatiche – qualcosa si è mosso. Il governo ha finalmente accolto, almeno nel caso di Vitoria, quello che il sottoscritto aveva chiesto con un’interpellanza parlamentare e un incontro con il Sottosegretario agli Affari Esteri già nel 2017 e oggi dobbiamo a questo lavoro e all’impegno dell’attuale delegato del governo italiano per gli italiani all’estero, Ricardo Merlo, la formalizzazione di un passaggio fondamentale verso il superamento del consolato onorario e l’apertura di una agenzia consolare di carriera.

In entrambi i casi va riconosciuto alle leadership locali della nostra collettività, associazioni e Comites in particolare, il merito di aver messo da parte ambizioni e vanità personali dando priorità all’unione intorno ad un obiettivo comune.​

Nel primo caso si è trattato di un’azione “deterrente”, ossia volta a impedire la prosecuzione di un atto ostile agli interessi dalla comunità italiana; nel secondo caso siamo dinanzi ad una azione “proponente” e quindi orientata alla realizzazione di un progetto i cui risultati beneficeranno senz’altro i servizi rivolti alla nostra grande collettività.

Con questo spirito costruttivo, nel 2016, consegnammo all’allora capo del governo italiano in visita in Brasile un documento sottoscritto da oltre diecimila persone con il quale chiedevamo la destinazione ai consolati di parte dei proventi ricavati dalla presentazione delle domande di cittadinanza; oggi quel “fondo per la cittadinanza” non solo è divenuto una realtà ma è la principale fonte di risorse per il miglioramento dei servizi consolari.

La morale di tutto ciò è una sola: contrariamente a quanto spesso si pensa, proteste e rivendicazioni possono tradursi in azioni positive se la comunità italiana agisce in maniera seria e coordinata e se al governo e in Parlamento ci sono persone impegnate seriamente e con competenza a servizio della nostra collettività”.