Salvini mette in riga il Cavaliere. E Forza Italia si spacca. Più che un "monito", l'avviso del leader del Carroccio a Berlusconi sul Mes, ha assunto i connotati dell'ultimatum. "Chi nell'opposizione voterà a favore del meccanismo europeo di stabilità (il prossimo 9 dicembre, in Parlamento ndr) smetterà di essere compagno di strada della Lega" ha tuonato, questa mattina, il segretario del partito di via Bellerio. "Chiunque - ha insistito ancora l'ex titolare del Viminale - approverà questo oltraggio, questo danno per gli italiani, si prende una grande responsabilità. Se lo fa la maggioranza non mi stupisce, se lo fa qualche membro dell'opposizione finisce di essere compagno di strada della Lega, perché chiaramente ipoteca il futuro dei nostri figli, mettendolo in mano a qualche burocrate, che ha sede in Lussemburgo". "La riforma del Mes - ha poi rimarcato Salvini - peggiora una cosa già negativa, divide l'Europa in buoni e cattivi, ovviamente per i signori di Bruxelles gli italiani sono di serie B e dovrebbero pagare senza dir nulla per coprire i buchi degli altri". Un avvertimento durissimo, quello rivolto specialmente al partito del Cavaliere, che da sempre si è battuto, all'unisono con Pd e Iv in un'insolita alleanza bipartisan, per il ricorso alle linee di credito del meccanismo europeo di stabilità. Alla fine, però, l'avvertimento ha dato i propri frutti se è vero che il Cav si è allineato, di fatto, alla linea dettata dalla Lega (e condivisa anche da Fdi di Giorgia Meloni), schierandosi per il no alla riforma del Mes, così come ieri è stata partorita dall'Eurogruppo.
"Il 9 dicembre non sosterremo in Parlamento la riforma del Mes perché non riteniamo che la modifica del Meccanismo di Stabilità approvata dall'eurogruppo sia soddisfacente per l'Italia e non va neppure nella direzione proposta dal Parlamento europeo" ha affermato, in una nota, il leader di Fi.  "Due sono i motivi che principalmente ci preoccupano - ha spiegato Berlusconi -. Il primo: le decisioni sull'utilizzo del fondo verranno prese a maggioranza dagli Stati. Il che vuol dire che i soldi versati dall'Italia potranno essere utilizzati altrove anche contro la volontà italiana. Il secondo: il Fondo sarà europeo solo nella forma perché il Parlamento europeo non avrà alcun potere di controllo e la commissione europea sarà chiamata a svolgere un ruolo puramente notarile".
"Purtroppo - ha sbottato l'ex premier - sono state ignorate le nostre proposte per una indispensabile riforma del Mes che sono state confermate dal voto del Parlamento europeo. E questo non rappresenta certamente un fatto positivo. Per queste ragioni quindi Forza Italia non voterà in Parlamento per questa riforma del Mes". "La riforma in questione non ha nulla a che vedere con l'utilizzo dei 37 miliardi destinati alla lotta contro il Covid", ha concluso poi Berlusconi, sottolineando il tema che lo divide dalla Lega.
Il dietrofront del Cavaliere ha soddisfatto non solo Salvini ma anche Giorgia Meloni, una che certamente si è sempre molto spesa per evitare la spaccatura dell'alleanza. "Fratelli d'Italia ringrazia gli alleati di Forza Italia, e in particolare  Berlusconi, per averci seguito sul tema del Mes e aver deciso di votare no insieme a noi il 9 dicembre in Parlamento", ha affermato la parlamentare romana. Tuttavia è stata proprio Forza Italia, ormai saldamente divisa tra governativi e filo-leghisti, ad essere andata letteralmente in fibrillazione. Nelle chat dei parlamentari, in molti non si sono trattenuti: "Ci siamo sempre dichiarati a favore del Mes, come facciamo ora a spiegare questa posizione ai nostri elettori?". Pubblicamente, a contestare la linea berlusconiana ci ha pensato il deputato Osvaldo Napoli. "Il dato politico è che Forza Italia, partito per definizione del suo fondatore popolare, liberale, europeista, si stringe nelle spalle e fa una giravolta incomprensibile piegandosi al diktat di un alleato, per sua stessa definizione, euroscettico e contrario a qualsivoglia progresso nell'integrazione europea" e tutto questo - ha detto il parlamentare azzurro - senza che se ne sia mai "discusso nelle sedi ufficiali del partito".