di Mimmo Porpiglia

 

"Partivano gli uomini, con gli ampi mantelli neri ed il vestito buono del giorno delle nozze abbandonando i paesi contrafforti della regione e la miseria di una vita da zappatori lasciando donne in lacrime con gli scialli scuri, e figli appena nati per avventurarsi in un mondo pieno di speranze….. e poi andavano incontro ad una vita che li avrebbe umiliati per sfuggire ad una vita piena di fame come quella calabrese dell’inizio dello scorso secolo……Erano partiti da San Giovanni in Fiore, da San Nicola dell’Alto, da Gioiosa Jonica, da Castrovillari, da Falerna, da Strangoli, da Guardia piemontese ed ecc. per avventurarsi nelle miniere americane per risparmiare dei scarni risparmi da spedire in patria alla famiglia.”

Ma non tornarono a casa, nella loro nuova casa delle Americhe quegli italiani che erano partiti dai paesi natii per una nuova vita e che avevano trovato lavoro nella miniera di Monongah tra i monti innevati della West Virginia...

 

Quel maledetto 6 dicembre 1907...

 

La mattina del 6 dicembre 1907, giorno di San Nicola, 478 minatori e 100 uomini addetti ad attività accessorie entrano nei pozzi 6 e 8 della miniera di carbone. Dopo l’esplosione, si parlò di 361 morti e nessun superstite ma le ipotesi sul reale numero delle vittime, in assenza di riscontri certi, sono legate allo studio dei cimiteri locali: il numero dei deceduti arriverebbe così a 500, ma non è ancora il bilancio finale: secondo una corrispondenza da Washington, datata 9 marzo 1908, i morti sarebbero stati 956. Si tratta della "più grande sciagura della storia mineraria statunitense". I morti italiani ufficialmente sono 171, ma in realtà saranno molti di più. La maggior parte era originaria della Campania, del Molise, dell’Abruzzo e della Calabria. Una parte dei corpi recuperati riposano sulla collinetta del cimitero di Monongah. Dimenticati per quasi un secolo, a Muhnahn-guh, che nella lingua degli indiani Seneca significa "fiume dalle acque ondulate".

 

La tragedia di Monongah? La ripropongo. Dopo la nostra scoperta nel marzo del 2003. Dopo aver coinvolto, finalmente, lo Stato italiano. Perché, spero, sia sempre ricordata e non solo tra le nostre collettivitá. Perché fa parte integrante della storia dell’emigrazione italiana nel mondo. Perché non venga sepolta nel dimenticatoio come purtroppo sta accadendo… Sepolta perché non ha colorazione politica…​

 

Perché ho fatto di tutto per non far mettere il cappello su questa triste storia ai politici di destra, sinistra e di centro…​

 

Ci sono riuscito, negli anni scorsi. Ci hanno premiati, in primis il Presidente della repubblica di allora Carlo Azeglio Ciampi.

 

Sí, mi hanno concesso cittadinanze onorarie, premi...ma, purtroppo, non avendo "colorazione" Monongah viene deliberatamente dimenticata dagli uomini di potere, dagli specialisti dell’emigrazione, quei personaggi, sempre gli stessi, che da anni vivono sulle spalle dei nostri connazionali promettendo mari e monti, molti di loro abbarbicati sugli scranni del Parlamento italiano.​

 

Monongah? Nemmeno la Rai che nel 2003 fece un gran reportage… ​ ricorda piú questa tragedia, la piú grande tragedia dell'emigrazione italiana nel mondo. Scoperta da noi quasi per caso 18 anni fa.

 

Una storia incredibile cominciata in una fredda sera d’inverno a New York. "A proposito di italiani in America… pare ci sia un paese, qui negli Stati Uniti, dove in una sciagura mineraria sarebbero morti più di 500 italiani… Il posto si chiama Mironga, Manonghi, non ricordo… È una storia incredibile" mi diceva quel signore​ italoamericano, che si spacciava per giornalista....mentre aspettavamo hamburger e patatine in un piccolo ristorante di Manhattan. Una storia che, all’inizio, poteva sembrare una leggenda ma che si è rivelata nella sua inimmaginabile tragicità..."

 

Oggi come ogni anno, il ricordo del 6 dicembre si tinge soprattutto di futuro: che fare? Come lasciare scolpito il senso di quell’esilio di cui s’era persa ogni traccia? In che modo raccontare ai ragazzi di domani che tanti ragazzi di ieri hanno pagato con la vita il prezzo della loro debolezza: senza patria e senza lingua, né italiana né inglese, perché solo il dialetto parlavano. Non è stato bello, emigrare. Non è stato generoso, coi giusti, quel carbone rosso di Monongah. Rosso di sangue, la sola cosa che ha finito per accomunarli tutti e che il tempo, saggio, non è capace di dimenticare. Ma non ci fu solo Monongah. Il dicembre 1907 fu il mese delle stragi minerarie per gli Stati Uniti, un mese che si concluse con un bilancio terribile: 3000 minatori morti. Si ignora quante furono le vittime italiane. Non è neppure possibile conoscere il loro numero nelle tragedie degli anni successivi, come quella del 13 dicembre 1909 nella miniera Cherry in Illinois, in cui, tra gli altri, "Frank Samerania, Quartaroli Antenore, Fred Lauzi, Salvatore Piggatti, John Piggatti e Bonfiglio Ruggeri si salvarono dopo essere rimasti intrappolati con altri per otto giorni nella miniera arroventata da scoppi e incendi". Alle tragedie si aggiunsero spesso discriminazioni. Un esempio: a seguito di un’esplosione in una miniera di Black Diamond, in California, vi furono molte vittime americane e straniere, tra cui quattro italiani. Alle famiglie degli americani furono assegnati 1.200 dollari di risarcimento; agli italiani solo 150. Ma ancora oggi, chi si ricorda di Monongah? Ecco perché ripropongo ogni anno quello che abbiamo scritto negli anni passati su questa tragedia. Constatando, purtroppo come Monongah sia stata rimessa nel dimenticatoio… Piú facile far cantare canzonette e mettere in onda scialbe interviste al programma giornaliero di Rai Italia… Perché la storia ormai non interessa piú a nessuno… E perché anche questo governo - avendo lo stesso sottosegretario di quello precedente - trascura, ignora e pone gabelle assurde agli italiani nel mondo… Vogliono far costruire consolati... A Montevideo e in altre parti del mondo… Ma nessuno anche oggi ha pensato di ricordare e onorare i caduti di Monongah… In fondo si tratta "solo" della piú grande sciagura dell'emigrazione italiana nel mondo...