Caro Direttore,​

 

Sulla stampa dell'emigrazione del 3 dicembre corrente, abbiamo letto​ con attenzione e interesse le assicurazioni con cui il Sottosegretario agli esteri Ricardo Merlo, ha tenuto a confortare​ i cittadini italiani residenti in Brasile, con la promessa di contrastare le file ai consolati e ridurre​ le liste di attesa.​

Comprendiamo, certo,​ che il Brasile, come pure, del resto, l'Argentina e, più in generale, il Sud America costituiscono​ per l'On. Merlo un​ bacino elettorale di decisiva importanza per le sue fortune parlamentari, una circostanza, questa, che sembra​ spiegare la sua speciale attenzione, cui noi pure, del resto, plaudiamo,​ per la difficile​ situazione di quegli uffici consolari.​ Ci permettiamo​ tuttavia di auspicare analoghe assicurazioni​ con riguardo ai Consolati in Europa,​ e più particolarmente, al Consolato di​ Zurigo, di cui​ lo stesso Sottosegretario, durante la sua visita qui nello scorso gennaio, aveva lodato l'eccezionale efficienza.

 

Peccato però che l'On. Merlo​ si ​sia poi​ affrettato ad avallare i contingentamenti e le altre misure restrittive decise dalla Farnesina, sulla scia, certo, delle recenti decisioni governative in materia sanitaria e lavorativa, misure che​ hanno stravolto, come ben sanno i connazionali residenti​ a Zurigo,​ il funzionamento di questo Consolato generale.​

In proposito, vorremmo attirare l' attenzione​ sui disservizi procurati, secondo noi, dalla fretta​ con cui il Ministero degli esteri​ ha eseguito i provvedimenti del Governo. Si è trattato, nella nostra impressione, di un sovrappiù di zelo ministeriale, che non ha​ tenuto conto, all'apparenza,​ delle​ domande​ e delle aspettative degli utenti dei servizi consolari. Si è infatti​ ​ enfatizzata, in un modo, secondo noi, eccessivo,​ la dimensione sanitaria, penalizzando, di fatto​ il ricevimento del pubblico e l'agevole accesso agli uffici. Di qui​ le misure di distanziamento, il lavoro a distanza , il contingentamento degli accessi. Di qui, ancora, le liste di attesa.

 

Beninteso, le misure adottate erano necessarie,​ anche se non ci convincono​ le modalità di esecuzione, condotte, secondo noi, senza aver previamente consultato​ i Comites, le Associazioni, gli utenti.

Notiamo peraltro che non è stata​ spesa neppure​ una parola per spiegare ai connazionali che le nuove misure organizzative erano il prodotto​ di una situazione eccezionale, destinate perciò ad essere​ revocate, o, comunque, riviste, al termine dell'epidemia​ in corso. Nei fatti, di revoca, ovvero di revisione, neppure si parla.

Che cosa chiediamo dunque​ al Sottosegretario Merlo? Gli chiediamo di ripristinare, nei tempi più brevi, il precedente assetto organizzativo del Consolato di Zurigo, di ricostituire cioè l'organizzazione del lavoro​ già in vigore dal 2015 al marzo del 2020.​

 

Vogliamo che il Consolato di Zurigo torni ad offrire ai 220 mila connazionali qui residenti gli stessi, magnifici​ servizi che ha offerto nel​ corso degli ultimi cinque anni. Certo, la situazione sanitaria rimane critica, ma​ il vaccino anti-covid svolgerà, prevedibilmente,​ i suoi effetti curativi già nei primi mesi del 2021,​ il che ci induce a sperare nel ritorno alla piena efficienza di questo Consolato generale.​

 

Nel frattempo, vorremmo sollecitare i responsabili della Farnesina a dare il via a un​ approccio organizzativo, che sia auspicabilmente ​ ​ più creativo. A questo riguardo,​ un utile modello da seguire, secondo noi,​ è quello che viene correntemente proposto dagli Uffici postali della Penisola, che infatti non hanno introdotto​ la prenotazione degli appuntamenti, ma hanno bensì scaglionato gli ingressi​ nell'arco della giornata lavorativa.

 

In confronto cogli uffici consolari, negli uffici postali si registrerebbe infatti​ ​ una situazione più che soddisfacente, anche se lontana ancora da uno svolgimento pienamente efficace. Col fine di trarre utili elementi comparativi,​ alcuni nostri conoscenti, residenti in Italia, hanno di recente​ visitato, su nostra richiesta, due agenzie postali, situate, rispettivamente, nel centro e nella periferia di​ Salerno.

Si è potuto così constatare​ che tre o quattro impiegati postali, protetti da opportune schermature di plastica, riuscivano a ricevere,​ nell'arco delle cinque ore di lavoro mattutino, più o meno centoquaranta persone, nessuna delle quali​ quali aveva prenotato la visita.​ ​ Perché, ci domandiamo, l'ufficio consolare non può fare altrettanto?

​Insomma, se la priorità sono gli utenti, almeno quanto lo sono i​ lavoratori e le lavoratrici, ​ bisognerebbe immaginare, sul modello​ appunto delle​ Poste, criteri di accoglienza che siano più flessibili, più aperti​ e, forse, più audaci.

Gerardo Petta, Consigliere Comites di Zurigo