Crisi di governo sì, crisi di governo no. Questo inizio anno, così come la fine del 2020, si sta portando avanti questo interrogativo. E le frizioni tra il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il leader di Italia viva Matteo Renzi sembrano aumentare, con quest’ultimo che ha accettato la sfida lanciata dal premier: andiamoci a contare alla Camera e al Senato. L’ex sindaco di Firenze, in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘Il messaggero’, in pratica ha detto che il futuro del governo dipende da “Conte prima e dal Parlamento poi, non da me. Noi abbiamo messo per iscritto in due documenti le cose che non ci convincono. Sono argomenti di merito, tanti. Se avessimo preso i soldi del Mes a primavera oggi avremmo più risorse per velocizzare la vaccinazione. Se avessimo sbloccato i cantieri, oggi avremmo meno soldi da spendere per la cassa integrazione. Se però le nostre idee danno fastidio, andiamo all'opposizione. Abbiamo la schiena dritta, non cediamo sui contenuti in cambio di tre poltrone”. E poi il lancio del guanto di sfida: “Conte ha detto che verrà in Parlamento. A mio giudizio ha sbagliato a chiudere così la verifica di governo. Ma se ha scelto di andare a contarsi in aula accettiamo la sfida. Peraltro l’ha fatto dal pulpito di una conferenza stampa mentre il Senato votava per la prima volta una legge di bilancio il 30 dicembre senza possibilità di cambiarla. Uno scandalo istituzionale. Peccato che Conte abbia preferito evitare l'Aula per inseguire l'ennesima diretta tv”. Tramite una nota poi ‘Cambiamo!’, il partito di Giovanni Toti, ha fatto capire che non c’è nessuna intenzione, nel caso, di andare in soccorso dell’esecutivo come ipotizzato: “Ribadiamo la nostra totale indisponibilità a giochi sui numeri a sostegno di questo esecutivo. Siamo e restiamo all'opposizione del Governo Conte, di cui non possiamo condividere l'azione. Esercitiamo la nostra responsabilità politica nella verifica, nella critica e nella proposta alternativa ai provvedimenti, purtroppo troppo spesso insufficienti e tardivi. Non ci riguardano manovre che vadano a soccorso della maggioranza, ci interessa che il Paese sia dotato di un adeguato progetto di sviluppo in vista del Recovery Fund”. Sulla stessa linea l’Udc, che tramite il segretario nazionale Lorenzo Cesa ha fatto smentito questo retroscena giornalistico, spiegando che l’Udc non sarà mai “la stampella di nessuno”.