di Franco Manzitti

 

Chiesa​ cattolica in crisi. Da una parte la rivoluzione di Francesco, le sue aperture sociali, le sue scelte per un nuovo episcopato e un nuovo sacro Collegio, improntati alla sua linea.​

Dall’altra il fantasma di un declino inarrestabile del Cristianesimo, soprattutto nell’Emisfero settentrionale del pianeta. Dove la religione di Roma sembra quasi spegnersi, secondo gli osservatori più critici. Che in questo clima da fine del mondo, dettato dalla catastrofe della pandemia, trovano sempre più ascolto.

 

E in questo scenario millenario il “presunto scisma” della Chiesa​ tedesca, dove il recente sinodo biennale, convocato dai vescovi, viene bollato dal​ Vaticano come “non valido”.

Il cardinale Brandmuller, una delle teste pensanti di quella Chiesa da sempre forte teologicamente e molto autonoma gerarchicamente, proclama: ”Il timore di uno scisma è fondato”. Mentre il confratello, cardinale Marx, non esclude la fine del celibato sacerdotale.

 

E questa è la Chiesa di papa Ratzinger, del pontefice emerito, che si sta​ spegnendo​ come una candela nel suo ritiro in Vaticano. Sempre vestito di bianco, chino sulla sua carrozzella, oramai quasi afono, ma vigile. L’immagine biblica di qualcosa che esaurisce non solo l’esistenza terrena, ma i principi teologici per i quali si è battuto una vita interna. Con l’intelligenza della ragione e con l’autorità suprema cui lui stesso ha rinunciato con quel gesto sconvolgente. Oggi quasi un segno profetico di quanto si sta consumando, insieme con la sua candela.

 

Nell’anno più duro del Dopoguerra, con quell’immagine solitaria di Papa Francesco in mezzo a san Pietro, sotto la pioggia gelida, ai piedi del Crocifisso dei miracoli anti pandemia, che non arrivano Questa è la situazione della Chiesa.

 

Chiesa in crisi, un punto di vista laico -​ Nel silenzio della sofferenza globale il sasso nello stagno della crisi del Cristianesimo in Italia lo ha lanciato, nei giorni cupi della fine dell’anno, un laico provocatore come​ Ernesto Galli della Loggia.​ Con un​ articolo​ sul “Corriere della Sera” ha squarciato, più che aperto, uno scenario mai rappresentato così frontalmente.

L’Europa si sta scristianizzando, in molte capitali europee gli edifici religiosi sono chiusi e vengono trasformati, dopo la sconsacrazione, in supermercati, sale bingo e centri commerciali. Informazioni non confermate con numeri e prove segnalano, per esempio Stoccolma, capitale della Svezia, come la prima città senza luoghi di culto.

 

Dalla Polonia arrivano altri segnali di distacco dalla Chiesa di Roma. Che non era solo una fede, ma una militanza politica, ai tempi del Papa Giovanni Paolo II, il pontefice venuto da Cracovia.

 

Secondo Galli Della Loggia la scomparsa del cristianesimo o il suo inarrestabile declino sono provati anche dalla rottura della connessione tra istituzioni religiose e istituzioni politiche. Che per secoli ha segnato, dall’impero romano in avanti, la storia di ogni regime politico.

 

Non c’è più traccia, insomma, o quasi, del sistema compromissorio cristiano-borghese, nato con la Rivoluzione francese e che ha segnato le classi dirigenti euro occidentali.

 

Da anni oramai, scrive ancora Della Loggia, nei modelli di vita delle società, nell’ educazione dei figli, nell’autocoscienza di sé, nei valori pubblici, le élites delle società sviluppate appaiono scristianizzate.

 

Società scristianizzata nel Nord del mondo -​ Tutto questo avviene da decenni, in progressione. E ha tormentato la Chiesa profondamente, da Papi come il sempre sofferente Montini-Paolo VI fino, appunto, al teologizzante Ratzinger -Benedetto XV.

Verrebbe da aggiungere a questa sfilata, e distinguere, ricordando gli strappi di Papa Giovanni XXIII, con il suo tanto discusso Concilio Vaticano II e di Papa Woytjla con il suo ecumenismo universale.

 

Dove sta l’anomalia di Papa Francesco, in questa analisi molto provocante? Che il suo pontificato non affronterebbe l’emergenza, secondo una visione forse troppo laica, che minaccia l’identità stessa della Chiesa nel Terzo Millennio.

 

Il Papa ”rivoluzionario” sembra impegnato a disegnare un’altra rotta. Intanto le scelte dei suoi uomini dentro la gerarchia della Chiesa, sono continue e sempre coerenti con il suo modello aperturista. Come se si disegnasse un domino di avvicendamento nelle principali sedi episcopali, soprattutto in quelle italiane .

 

Con l’elezione di monsignor Battaglia al posto di Sepe a Napoli, il disegno si è completato.​ Negli anni iniziali del suo rivoluzionario pontificato, all’Aquila è stato nominato Giuseppe Petrocchi, ora promosso anche cardinale. A Reggio Calabria Giuseppe Fiorini Morosino. A Brescia Pierantonio Tremolada.

 

Una Chiesa sempre più bergogliana -​ Negli anni dal 2013 a oggi il puzzle dei “bergogliani” nella Chiesa italiana si è perfezionato. Il “celebre” e molto visibile Matteo Zuppi a Bologna. Carlo Cipolla a Padova, Corrado Lorefice a Palermo, Lauro Tisi a Trento. Mario Delpini a Milano, la diocesi più importante non solo d’Italia, Angelo Spina a Ancona, Giuseppe Baturi a Cagliari. E Marco Tasca a Genova, il francescano che non smette mai il saio e gli scarponi e continua a vivere in convento.

Cosa vuol dire tutto questo? Che l’episcopato italiano è fortemente bergogliano per nomina, che molti carrieristi sono stati bocciati. E non si sono accomodati sulle cattedre delle grandi città. Che ritenevano sicure per loro e per le quali stavano appollaiati in curie e sacrestie, in attesa della sacra unzione.

 

Ma il papa ha anche negato a molti di questi outsider, suoi eletti, non a tutti, la porpora cardinalizia, che era tradizione millenaria a Venezia, Torino, Genova. E l’ha concessa, appunto, ad altri, come a Zuppi a Bologna, uno dei suoi campioni. Non solo: Francesco ha anche coperto di ammonizioni i suoi prescelti, scegliendo una interlocuzione molto severa con loro.

 

È difficile leggere bene le scelte del papa argentino nella geografia episcopale-cardinalizia da lui disegnata incessantemente, insieme alle sue altre dirompenti riforme vaticane.

 

Ci ha provato a interpretare questi passaggi così delicati, ma anche tanto indicativi, un altro osservatore molto attento. Questa volta uno scrittore, insigne studioso di religioni come​ Alberto Melloni​ su “Repubblica”. Spiegando che il papa ha fatto cardinali i vescovi italiani di cinque diocesi minori (Albano, Agrigento, l’Aquila, Perugia, Siena). E lasciato senza porpora Bari, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Torino e Venezia, a differenza di quello che fa nel resto del mondo, perché mette in grandi sedi gli ecclesiastici che crede degni del cardinalato. Ma nel contempo non mette la berretta cardinalizia a quelli cui affida compiti pastorali più difficili.

 

Si può citare, una per tutte Milano, la diocesi più complessa,​ dall’eredità cardinalizia pesantissima, Shuster, Colombo, Martini, Tettamanzi.

 

Chiesa italiana “umiliata e benedetta” -​ In questo modo, scrive sempre Melloni, la Chiesa italiana si trova in una condizione “umiliata e benedetta”. Non ha più una funzione di cintura di devozione attorno al papato. Può scegliere se rimpiangere il tempo in cui si credeva potente perché Berlusconi glielo sussurrava all’orecchio. (Vedi i complici cardinali Camillo Ruini e un po’ anche Tarcisio Bertone). Oppure guardare negli occhi la realtà. Che è quella sopra descritta della de-cristianizzazione e della emergenza pandemia, che straccia il tessuto sociale, cui il Papa tiene molto. Come conclama la sua ultima enciclica “Fratelli Tutti”, scritta mentre il virus incominciava a dilagare.

Ma c’è un altro versante del ruolo “rivoluzionario” che Francesco rivestirebbe, secondo queste letture da “fine Chiesa”, che molti osservatori segnalano. È quello della scelta più specifica dei nuovi cardinali, indicati secondo una linea che creerebbe come una corrente dentro al Conclave, favorevole al modello Bergoglio Quasi egli volesse precostituire un successore fedele alla sua linea “rivoluzionaria”.

 

Ai laici come Ernesto Galli della Loggia questa deriva fa denunciare una “mancanza di democrazia” nella Chiesa, come se trattasse la Chiesa stessa alla tregua di una istituzione politica.

 

Ma nella Chiesa non c’è democrazia. Lo scenario è ben diverso, almeno per i credenti. Si potrebbe obbiettare che a decidere il Papa è sempre, attraverso il voto dei cardinali, lo Spirito Santo che li guida. La storia insegna, piuttosto, che la scelta del Papa non avviene attraverso manovre esclusivamente “politiche”, che pure ci sono, essendo i cardinali fatti di carne e ossa. Ma che essa risponde sempre a criteri “superiori”.

 

Quando Pio XII voleva saltare il conclave -​ Basta ricordare che Pio XII, Papa​ Eugenio Pacelli,​ addirittura voleva scavalcare il Conclave, nominando “motu proprio” il suo successore nella persona del cardinale di Genova​ Giuseppe Siri. Come Blitzquotidiano ha​ rivelato​ qulche anno fa, intervistando don Carlo Cereti, allora nella cerchia stretta di Siri e poi scrittore e teologo, studioso e animatore dei movimenti più aperti nella Chiesa, sostenitore della comunione ai divorziati.

Ebbene Pio XII non riuscì a imporre quella soluzione e dal Conclave,​ regolarmente riunito,​ uscì papa Giovanni, che era una figura agli antipodi​ di​ quello che avrebbe allora​ rappresentato Siri.

 

Poi, dopo le porpore e le mitrie e gli anelli episcopali e le croci cardinalizie, nella Chiesa sotto attacco di questi tempi c’è il vero problema, che sono i fedeli e il vuoto delle vocazioni sacerdotali.

 

La scristianizazione, e più in generale l’allontanamento dalla fede religiosa, è stato recentemente fotografato con precisione scientifica in uno studio del Mulino. Scritto da​ Franco Garelli,​ docente di Sociologia dei processi culturali e di Sociologia delle religioni. Già il titolo di questo saggio è tutto un programma: “Gente di poca fede, il sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio.”

 

Secondo questo studio nell’ultimo quarto di secolo, un tempo biblicamente brevissimo, in Italia i non credenti sono cresciuti del 30 per cento. Mentre le altre fedi sono passate dal 2% all’8%. I cattolici sono stanchi e non è un caso che già nel 1998 il cardinale​ Carlo Maria Martini​ distingueva i cattolici in quattro gruppi. Della linfa, del tronco, della corteccia, del muschio, segnalando una discesa inesorabile verso l’abbandono della pratica religiosa.

 

I giovani abbandonano la religione -​ L'abbandono riguarda sopratutto i giovani. Secondo la ricerca scientifica di Garelli tra i 18 e i 34 anni si dichiarano atei, senza Dio, senza preghiera, senza culto, tra il 34 e il 40%. I matrimoni religiosi sono il 50%, mentre negli anni Novanta, cioè ieri, erano l’80%. Oggi solo il 22 su 100 dichiara di non perdere la Messa domenicale.

Qualche elemento di consolazione per i cattolici italiani c’è. Secondo​ Garelli da noi prevale anche una religiosità “fai da te” e si ricorre,​ comunque,​ alla Chiesa nei momenti clou della vita. Negli altri paesi europei gli atei costituiscono​ la metà della popolazione.

 

Ci si può chiedere se l’emergenza di oggi, la paura della pandemia, della fine, dell’ignoto ha prodotto qualche cambiamento in questo progressivo allontanamento. Garelli nella sua indagine ha contato un 20% di ritorno alla preghiera.

 

Negli ultimi 20 anni il gruppo che è cresciuto di più è quello dei “cattolici culturali”, un gruppo che anziché tagliare il cordone ombelicale, si mette in stand​ by. Ma se trova una figura forte, significativa, allora si attiva.

 

È una grande tempesta quella che la Chiesa affronta con il suo Papa rivoluzionario. E chi cerca di trovare soluzioni, tra dialogo, anche contrapposizione, è soprattutto in questo panorama complesso la Chiesa di Germania, ricchissima potente, colta. Ma colpita anch’essa dall’abbandono dei fedeli e dalla crisi epocale delle vocazioni sacerdotali.

 

Si può dire che la Chiesa di Germania è come una azienda perfetta, dal marketing ai piani pastorali, ma anche qui mancano i fedeli e appunto i sacerdoti in un calo vertiginoso. Ecco perché l’ultimo Sinodo ha “urlato” così forte, ecco perché si parla di scisma. Una parola terribile che agita le coscienze.

 

Con discussioni molto forti all’interno, tra chi vuole portare avanti le riforme sostanziali come quella del sacerdozio femminile e di cambiamenti​ nella morale​ sessuale.

 

Chiesa tedesca, rapporto complicato con Roma -​ D’altra parte la storia della Chiesa tedesca e dei suoi rapporti con Roma è una storia complicata fino dai tempi di Martin Lutero. Il cui strappo viene ricordato proprio nel 2021, a settecento anni di distanza da quella storica scomunica e dalla nascita del protestantesimo. Neppure davanti alle obiezioni forti del Vaticano il dibattito di quel Sinodo si è fermato.

Anzi è proseguito sui suoi temi laceranti: morale sessuale, celibato sacerdotale, ruolo della donna nella Chiesa, abuso del potere clericale. L’ipotesi di una Chiesa nazionale germanica in contrapposizione alla chiesa di Roma. Che il cardinale arcivescovo di Colonia,​ Rainer Maria Woelky​ , un mite professore che governa quella diocesi dopo la leggendaria figura di Meisner, voluto su quella cattedra per un quarto di secolo da papa Woytila, respinge come una catastrofe. Ipotesi che invece continua ad essere agitata.

 

Anche di fronte alla lettera che Papa Francesco aveva inviato nel 2019 ai tedeschi, chiedendo confronti e riflessioni e che non ha avuto alcuna risposta ufficiale.

 

E così, tra chi spinge e chi frena, la questione tedesca​ brucia in mezzo a questa Europa sempre più atea, sempre meno liturgica, dove il rogo di Notre Dame a Parigi sembra, in questa luce, quasi un monito universale.

 

Se si cerca nelle parole dell’ultima enciclica di Papa Francesco, “Fratelli tutti”, qualche risposta a queste emergenze pressanti e laceranti non si trovano risposte dirette. Nel capitolo ottavo, versetto 275, c’è come una replica ma molto indiretta.

 

“Va riconosciuto come tra le più importanti cause della crisi del mondo moderno vi siano una coscienza umana anestetizzata. E l’allontanamento dei valori religiosi. Nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialistiche. Che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi umani e trascendenti. Non è accettabile che nel dibattito pubblico abbiano voce soltanto i potenti e gli scienziati. Deve esserci uno spazio per la riflessione che procede da uno sfondo religioso, che raccoglie secoli di sapienza e di esperienza.”

 

La forza nei millenni di superare le avversità -​ Come dire: la Chiesa millenaria ha nelle sue vicende nella sua storia la forza per superare le grandi avversità. Non solo. L’Enciclica ricorda anche che “la Chiesa rispetta l’autonomia della politica, ma non relega la propria missione nell’ambito del privato. Al contrario non può e non deve restare ai margini, nella costruzione di un mondo migliore.”

Insomma c’è un filo nell’azione di Papa Francesco, che si legge chiaramente nelle sue encicliche e che si comprova nelle sue azioni. Soprattutto in quelle di scelta dei suoi uomini, per cercare una presenza nel mondo moderno, anestetizzato e sempre più lontano. Una specie di crociata da combattere senza la spada e l’elmo e gli eserciti, partiti con le navi di legno per riconquistare la Terra Santa. Ma con il saio come quello del vescovo Marco Tasca e le parole dei grandi comunicatori come Zuppi.