La chiave è in una parola, "aiutateci", rivolta a cattolici, socialisti, liberali e, durante la replica anche a "singoli parlamentari", disponibili, quelli che una volta venivano lapidati come transfughi, voltagabbana, insomma il partito della cadrega. L'avvocato del popolo dei tempi che furono, poi reincarnatosi come alfiere di un fronte democratico per arginare la marea sovranista, alla sua terza metamorfosi trasformista compie il capolavoro di "istituzionalizzare il suk", con un'invocazione mai ascoltata in quest'Aula, così semplice, sentita e così spudorata. L'importante è prendere voti che, come la vil pecunia, non hanno odore, basta averli e più sono e meglio è. "Aiutateci", unico acme lirico del discorso della crisi, in cui agita il ministero dell'Agricoltura come risarcimento per chi s'offre e la prospettiva di un "ter" dove ci sarà posto per tutti.

Almeno, in quel famoso 20 agosto, c'era un po' di sostanza politica. C'era l'obiettivo, il rovesciamento di campo, maturato nel pathos del conflitto con Salvini, l'aspettativa degli opposti che si incontrano. Passione, emozione, rischio, ambizione di un'operazione politica, condivisibile o meno. Ma politica. E, con esso, un po' di verve da nuovo inizio. Per carità, si è capito che con Renzi, Innominato e Innominabile, la ricucitura è impossibile, perché quel che è successo è "incancellabile". Tutto chiaro, adamantino, compresa la malizia di non personalizzare il confronto e di accoglierne alcune richieste (la cessione della delega ai servizi) per svelarne la pretestuosità delle argomentazioni e tentare qualcuno dei suoi a rimanere in maggioranza.

Però ciò che è chiaro si ferma qui, perché il premier annuncia un cambio di maggioranza per andare avanti, ma non "quale" e "come" andare avanti, per "fare cosa", perché la logica è il suk, meccanismo che alimenta se stesso. È il disegno politico che fa capire dove si va, il mercato autoalimenta se stesso, nel meccanismo domanda-offerta. Suadente e tentatore, oggi il premier doveva "comprare" (politicamente parlando s'intende), e dunque è troppo pretendere una visione oltre la "qualunque". Più Conte per tutti, allora: al Pd promesso il "patto di legislatura" (sono solo sette mesi che se ne parla), e pure il proporzionale (anche qui da un anno), proporzionale che potrebbe andare bene per attrarre i transfughi del centrodestra e agli apolidi di centro che vogliono fare un gambetta di centro. Annunciato un programma sufficientemente vago per andare bene a tutti, con evergreen stra-sentiti negli ultimi vent'anni: la riforma del fisco, la mitica sburocratizzazione, più semplificazioni per tutti, un "non lasceremo nessuno indietro". E ovviamente, un bel giuramento di fedeltà all'America di Biden, di cui il premier si dice convinto estimatore, da sempre, anche ai tempi di Giuseppi.

Facciamola breve, perché il bilancio politico vero si farà oggi, dopo il Senato. Tutto quello che ci si aspettava è stato detto, senza acuti, in un clima da verifica permanente che si svolge in una dimensione separata dalla realtà con i suoi drammi e le sue urgenze sanitarie ed economiche. Un inno politicista in cui resta innominata la parola "morti", arrivati a quota 80mila, così come un franco bilancio del lavoro svolto e dei tanti dossier aperti e rimandati. Scuola, lavoro, vaccini, tutto è elencato con leggerezza burocratica. La crisi politica in piena pandemia, squadernata di fronte al paese, è destinata a non risolversi neanche dopo il voto del Senato.

Anzi, l'orizzonte è questo, mentre per tutto il giorno si inseguono una ridda di voci attorno a quello che i Cinque Stelle, che prima di diventare così governisti chiamavano in modo greve "mercato delle vacche": tre di Forza Italia in bilico al Senato, promesse di ministeri all'Udc, caccia si singoli senatori. Conte incasserà la fiducia al Senato. Anche perché il centrodestra, al netto delle urla che lo uniscono non ha offerto un'opzione politica alternativa, su cui al suo interno è diviso (vai alla voce: governo istituzionale). E se, come sembra il governo non raggiungerà "quota 161", una volta incassata la fiducia continuerà a tentare, attorno alla prospettiva del ter, la costruzione di una gamba di centro con, appunto, socialisti, liberali, popolari, disponibili per stabilizzare il governo. Insomma, siamo già ufficialmente entrati nella terza fase della legislatura, dopo il Conte-Salvini e il Conte-Renzi. Il Conte con chi ci sta, appunto Conte la qualunque.