Discusso, contestato, mai preso realmente sul serio da buona parte della comunità scientifica "occidentale". Per varie ragioni: fatto troppo in fretta, non sperimentato su un numero sufficiente di volontari, mancanza di trasparenza. Ora, però, i dati ci sono. E dimostrano come Sputnik V, il vaccino russo contro il Covid-19, sia efficace al 91,6%.

Lo studio, pubblicato su The Lancet, contiene l'analisi dei dati di quasi 20mila partecipanti, tre quarti dei quali hanno ricevuto il vaccino e un quarto un placebo. Poche reazioni avverse (23 su 5.435 tra i placebo, 45 su 16.427 tra quelli a cui è stato somministrato il serio) e quattro decessi, nessuno collegabile al vaccino stesso. L'effetto collaterale più ricorrente? Lievi sintomi simil-influenzali, dolore al braccio, senso di debolezza. Svaniti in poche ore.

Appena sedici i volontari che sono risultati positivi al Covid, lo 0,1% del totale. E, come si sottolinea nel report, il vaccino ha indotto robuste risposte anticorpali anche tra gli over 60, addirittura più rispetto ad altre fasce di età: la media, in questo caso, è stata infatti del 91,8%. Unico limite: i tamponi sono stati eseguiti solo su soggetti sintomatici.

Preparato dall'Istituto Gamaleya con la collaborazione del Ministero della Salute di Mosca, il vaccino Sputnik V si conserva in frigo tra 2 e 8 gradi in forma liofilizzata e costa circa 8 euro a dose. È basato sulla tecnica del vettore virale non replicante, come quello AstraZeneca, ma utilizza due diversi adenovirus umani: Ad26 per la prima dose e Ad5 per la seconda. Presto Ema e Gamaleya potrebbero avviare contatti per l'autorizzazione anche nel territorio UE: finora Sputnik, oltre che in Russia, ha trovato acquirenti in America Latina, tra i paesi del Golfo, in Ungheria e in altri paesi dell'Est.