L’Italia, secondo i dati dell'Istat, è oggi uno dei Paesi più sicuri al mondo rispetto al rischio di essere vittime di omicidio volontario. Nel 2019 le Forze di polizia hanno registrato 315 omicidi (0,53 vittime per 100mila abitanti). Distinguendo per genere, su 100mila persone dello stesso sesso lo 0,70 sono vittime uomini, lo 0,36 donne.

Confrontando i dati attuali con quelli del 1991 , anno di picco degli omicidi a partire dal quale è iniziato un trend discendente, la realtà è molto cambiata. Gli omicidi erano oltre 6 volte di più (1.917 contro gli attuali 315), con un tasso pari a 3,4 per 100mila abitanti. Il 37,5% degli omicidi era attribuibile alle organizzazioni di tipo mafioso. Ora la criminalità organizzata, pur rimanendo un fenomeno da monitorare con estrema attenzione, costituisce una causa meno rilevante per il numero di morti (9,7% del totale nel quinquennio 2015-2019).

La forte diminuzione degli omicidi e, in particolare, la contrazione delle morti dovute alla criminalità organizzata e alla criminalità comune, ha avvantaggiato soprattuto gli uomini, più esposti in quei contesti rispetto alle donne. Nei primi anni Novanta si contavano 5 omicidi di sesso maschile per ogni donna uccisa, nel 2019 si sono invece verificati 204 omicidi di uomini e 111 di donne.

Nel 2019, i tassi di omicidio sono più alti per gli uomini rispetto alle donne in tutte le classi di età (nella classe 14-17 anni non ci sono state vittime). Tra i giovani, la classe 18-24 anni ha un tasso pari a 0,39 omicidi per 100mila abitanti, alla classe 25-34 anni è associato il tasso più elevato, pari a 0,87 (1,19 per gli uomini e 0,54 per le donne, per 100mila abitanti di pari età e sesso). Con l’avanzare dell’età il tasso decresce fino a raggiungere lo 0,53 per gli oltre 55enni (0,63 tra i 35 e i 54 anni). Dal momento che la numerosità degli omicidi in Italia è piuttosto contenuta, la sua distribuzione per età può variare in maniera anche considerevole da un anno a un altro, per fluttuazioni occasionali.

Circa una vittima su cinque è di cittadinanza straniera

Nel 2019 gli stranieri vittime di omicidio sono 62 (19,7%; 17,6% delle vittime tra gli uomini e 23,4% tra le donne).

Quanto ai tassi per abitante occorre cautela nella loro interpretazione. Infatti, dal calcolo sulla popolazione residente si otterrebbe un tasso di ben 1,24 omicidi per 100mila residenti stranieri (1,49 per gli uomini e 1,00 per le donne), in base al quale l’esposizione al rischio risulterebbe superiore di 2,3 volte rispetto a quella degli italiani (più che doppia per gli uomini e quasi tripla per le donne). Tuttavia è possibile supporre che il tasso sia sovrastimato vista l’oggettiva difficoltà nel determinare con esattezza la popolazione straniera effettivamente presente nel Paese (per la componente entrata irregolarmente o per quella cha ha regolare visto o permesso di soggiorno,ma il cui titolo di permanenza non è più valido, a cui si aggiungono i cittadini di Paesi comunitari o equiparati per i quali, in caso di presenza non prolungata, non è richiesto alcun visto o permesso).

Nel quinquennio 2015-2019 le vittime di omicidio straniere sono per la maggior parte europee (48,6%) e africane (32,1%). Il Paese più rappresentato è la Romania (20,6% del totale delle vittime), seguito da Marocco e Albania (14,4 e 9,9%, rispettivamente).

Alla Calabria il primato degli omicidi maschili

La distribuzione territoriale degli omicidi di uomini presenta forti differenze. Nel 2019 la media nazionale è di 0,70 omicidi volontari per 100mila residenti: il Nord e il Centro si collocano ampiamente sotto tale media, mentre avviene l’opposto per il Mezzogiorno. Più nel dettaglio, la ripartizione in cui si verificano meno omicidi di uomini in rapporto alla popolazione è il Nord-est (0,40 omicidi di uomini per 100mila residenti maschi), seguita dal Centro e dal Nord-ovest (0,51 e 0,59 rispettivamente). Valori ben diversi caratterizzano le Isole (0,91) e il Sud (1,15 omicidi per 100mila maschi).

Le Isole hanno entrambe valori elevati (0,88 la Sicilia e 1,01 la Sardegna) mentre le regioni del Sud presentano situazioni differenziate. In quelle demograficamente più piccole il fenomeno è praticamente assente: 1 solo omicidio in Basilicata (0,37 per 100mila uomini), 2 casi in Abruzzo (0,32) e nessuno in Molise. Al contrario Calabria, Campania e Puglia occupano tre dei primi quattro posti della graduatoria regionale per gli omicidi di uomini (il terzo è occupato dalla Sardegna). La regione che spicca è la Calabria con 2,68 omicidi per 100mila maschi, valore 2,5 volte più elevato rispetto alla regione che la segue in graduatoria, la Campania (1,07).

La Calabria è storicamente caratterizzata da livelli di omicidio molto elevati per gli uomini rispetto alla media italiana e il calo anche qui registrato è stato meno intenso rispetto alle altre regioni ad alto rischio. Ponendo a confronto i dati medi del triennio 2017-2019 con quelli del triennio 2014-2016, gli omicidi di uomini in Calabria risultano diminuiti solo dello 0,9%, mentre in Campania (che partiva da una situazione simile) la diminuzione è stata del 52,1%, in Sardegna del 43,1%, in Sicilia del 35,7% e in Puglia del 7,7%. Tra i due periodi gli omicidi di uomini crescono in Piemonte (+23,6%).

Per gli omicidi di donne la distribuzione non è particolarmente diversificata sul territorio. I valori ripartizionali sono compresi tra 0,30 omicidi per 100mila donne residenti del Sud e 0,45 nelle Isole. A livello regionale, emergono i livelli dell’Abruzzo (0,75 per 100mila donne residenti, 5 casi) e della provincia autonoma di Trento (0,72, 2 casi). Seguono Umbria, Emilia-Romagna, Sardegna e Liguria. Come detto, essendo il numero di omicidi abbastanza basso, si possono manifestare significative variazioni dei tassi da un anno all’altro nelle regioni, soprattutto in quelle con minore popolazione. La mancanza di contiguità geografica osservata tra le regioni più colpite e il fatto che gli omicidi di donne avvengano prevalentemente in ambito familiare, suggerisce che la loro distribuzione sia solo marginalmente influenzata dai livelli di criminalità generale che caratterizzano i singoli territori.

Aumentano nelle Isole le donne vittime di partner ed ex-partner

Gli omicidi di uomini e di donne si distribuiscono diversamente sul territorio. In generale nel Sud e nelle Isole sono assassinati più uomini, al Nord più le donne. Tuttavia, nel 2019, il tasso di donne vittime dei partner è più elevato nelle Isole (0,36 per 100mila donne, contro lo 0,22 della media nazionale), seguono il Nord-est (0,25) e il Nord-ovest (0,23).

Tra le regioni, si collocano sopra la media l’Abruzzo, l’Emilia Romagna, la Liguria, la Sicilia e la Sardegna con tassi da 0,45 a 0,36 per 100mila donne. Sono in ambito familiare i pochi omicidi dell’Umbria, della provincia di Trento e di Bolzano, e quasi tutti quelli accaduti in Piemonte, Liguria, Marche, Toscana, Campania, Calabria, Puglia e Sardegna. In Basilicata non si sono invece registrati omicidi di donne nel 2019.

Per gli uomini, i tassi più elevati di omicidi da parte di sconosciuti e autori non identificati si registrano ancora una volta nel Sud e nelle Isole: rispettivamente 0,42 per 100mila e 0,44 per gli omicidi da sconosciuti (contro 0,30 della media Italia) e 0,42 e 0,22 per gli omicidi con autore non identificato (contro 0,15 della media nazionale).

A livello regionale, i tassi più alti per gli omicidi commessi da sconosciuti si hanno in Calabria (0,64 per 100 uomini residenti) e in Sardegna (0,63); seguono Campania e Puglia (0,47 e 0,41). Le stesse regioni registrano anche i tassi più elevati per gli omicidi maschili con autore non identificato, con il picco di 0,96 in Calabria. Quanto agli omicidi commessi da parenti sugli uomini i tassi più elevati si rilevano in Trentino Alto Adige, Piemonte e Veneto.

Anche le donne straniere uccise soprattutto dai partner

Nel 2019 sono state uccise dal partner 53 donne italiane (il 62,4% del totale delle donne italiane uccise; 53,4% nel 2018) e 15 donne straniere (il 57,7%). Mentre ben il 25,9% di donne italiane è vittima di un parente, le straniere sono più esposte a dinamiche violente con persone sconosciute e con altri conoscenti non familiari (il 19,2% è vittima di uno sconosciuto).

Anche per gli uomini sono più frequenti gli omicidi commessi dai parenti: il 23,8% dei casi tra gli italiani (40 nel 2019), contro il 16,7% tra gli stranieri (6). Quasi un quarto degli omicidi di italiani resta insoluto (23,2% contro 11,1% per gli stranieri). Gli uomini stranieri sono più spesso vittime di sconosciuti (66,7% contro il 38,1% degli italiani).

Rischio omicidio maggiore in famiglia per i più giovani e i più anziani

Per i più giovani e i più anziani il rischio maggiore è rappresentato dall’ambiente familiare: nel 2019 sono stati uccise da un familiare o un parente tutte le vittime minorenni (14 omicidi a 0 a 13 anni; nessun omicidio rilevato fra i 14-17enni) e il 37,0% degli ultrasessantacinquenni.

Per le classi adulte, è stato vittima di un parente il 44,4% degli uomini con più di 65 anni e il 29,6% delle donne, mentre quasi la metà delle donne della stessa età è stata uccisa da un partner (il 48,6%). Non trascurabile per le donne con più di 65 anni la possibilità di essere uccise da parte di sconosciuti (pari a quasi un quinto dei casi).

È vittima dei partner l’82,4% delle 25-34enni, il 78,9% delle 35-44enni, il 70,0% delle 55-64enni e il 65,0% delle 45-54enni. Solo le 18-24enni sono uccise in eguale misura da partner, parenti e persone a loro sconosciute (tutte nel 33,0% dei casi).

Al contrario, i maschi di tutte le età, fatta eccezione dei minorenni e degli anziani, sono uccisi prevalentemente da persone non conosciute dalla vittima, con un picco in corrispondenza per i 25- 34enni.

Il tasso di omicidi per cui non è stato identificato un autore si è dimezzato per i 25-34enni (dallo 0,45 per 100mila maschi della stessa età del 2018 allo 0,24 del 2019) ed è quasi scomparso per i giovani di 18-24 anni (0,32 per 100mila maschi della stessa età nel 2018, 0,09 nel 2019).

Gli omicidi di donne in Italia classificati soprattutto come femminicidi

Il femminicidio (femicideii), in base alla definizione statistica che ne dà lo European Institute for Gender Equality (EIGE, 2017iii), è definito come “the killing of a woman by an intimate partner and the death of a woman as a result of a practice that is harmful to women”. Le componenti di questa definizione sono la diseguaglianza di genere e la motivazione di genere dell’omicidio. In altre parole il femminicidio è, secondo la Convenzione di Istanbul , l’omicidio di una donna in quanto donna.

I principali tipi di femminicidio discussi nella letteratura scientifica sono il femminicidio da partner, l'omicidio legato alla violenza sessuale o al contesto sessuale, il femminicidio delle donne di età superiore ai 65 anni, il femminicidio a scopo razziale e omofobico, gli omicidi legati alle norme tradizionali, come quello d’onore o inerente la dote o legato alle harmful practices (come le mutilazioni genitali femminili), gli omicidi legati all’ambiente criminale, come le donne uccise vittime di tratta o di prostituzione o comunque nell’ambito dello sfruttamento criminale.

Sulla base di tali definizioni non è ancora facile identificare a livello statistico le variabili descrittive che aiutino a rilevare i femminicidi in assenza di una specifica normativa, presente invece nei 16 Paesi dell’America Latina che, a partire dal 2007, hanno una legislazione ad esso dedicata (ECLAC, 2014v) e in alcuni casi contempla il reato di femminicidio, in altri ha la forma di circostanza aggravante.

Tra le variabili essenziali per identificare gli omicidi vi sono le caratteristiche della vittima e dell'autore, la loro relazione, la motivazione di genere dell'omicidio, la precedente storia di violenza domestica e le precedenti sanzioni avute dell'autore, il contesto e il modus operandi. in cui si è verificato l'omicidio.

A livello internazionale sia EIGE a livello europeo, sia le Nazioni Unite (UNWOMEN e UNODC) stanno predisponendo una classificazione che permetta di fornire dati comparabili tra i Paesi. Ad esempio UNWOMEN nel 2020, attraverso il “Center of Excellence for Gender Statistics” (CEGS), ha predisposto un set di 5 variabili che tra loro interrelate permettono di identificare il femminicidio. Questi sistemi di raccolta di dati, rappresentano modelli di riferimento da cui l’Italia è ancora distante.

Utilizzando tale quadro di riferimento, 93 dei 111 omicidi di donne commessi nel 2019 possono essere classificati come femminicidi (83,8% del totale). Rispetto alle restanti 18 morti femminili uccise in ambito diverso da quello familiare, 8 vittime hanno più di 65 anni e quindi, data la vulnerabilità di questa categoria, sono considerati femminicidi, la cui stima raggiungerebbe i 101 casi.

Purtroppo allo stato attuale non si hanno a disposizione altri dati che possano definire se si è in presenza di un omicidio motivato dal genere: violenze sessuali pregresse o contestuali all’uccisione, lo sfiguramento del corpo, l’accanimento nella dinamica dell’uccisione (modus operandivi) o ad esempio l’associazione con altri reati come lo sfruttamento sessuale o lavorativo della vittima o il favoreggiamento o induzione alla prostituzione o l’attività di prostituta della vittima.