“Tabacci boys”, adesso che al governo Conte sono rimaste poche ore di vita, ci chiediamo: che fine hanno fatto o faranno? Anche chi ha la memoria cortissima li ricorderà.

Perché certi che l’avvocato del popolo l’avrebbe spuntata un’altra volta. Con un semplice click alcuni di loro hanno fatto il salto della quaglia. Tradendo (quale altro verbo potremmo usare) le persone che li avevano votati e mandati in Parlamento.

C’è chi, più opportunista degli stessi protagonisti, li ha ritenuti “salvatori della Patria”. In un momento in cui il Paese stava attraversando (e attraversa) una grave crisi pandemica ed economica.

Il fenomeno non è nuovo. Pure ai tempi in cui regnava Silvio Berlusconi apparvero all’orizzonte simili personaggi. Solo che allora si definivano voltagabbana. Mentre di recente sono stati definiti costruttori.

Di che cosa? Dio solo lo sa, vista la fine che hanno fatto. Il motivo è che, furbescamente, avevano pensato di poter ottenere qualche posto di prestigio. Essendo parlamentari poco conosciuti hanno pensato di “pubblicizzarsi” guadando il fiume per raggiungere una sponda più sicura.

Mal gliene incolse ai “Tabacci boys”, perché poi la crisi ha preso un’altra strada. E di loro ormai Giuseppe Conte (passato mani e piedi ai 5Stelle) non sa più che farsene.

Comunque, la manovra aveva un solo obiettivo. Quello di essere promossi ed ottenere un posto di sottogoverno, oltre a mantenere lo stipendio da parlamentari, in bilico per un possibile voto politico. Se ne sono contati una decina, forse qualcuno in più o qualcuno in meno. Comunque, non sufficienti perché Conte potesse mantenere la poltrona di Palazzo Chigi.

Ora, dove andrà a finire questa pattuglia di super coraggiosi? Svanirà come neve al sole, cioè ritornerà nei ranghi, nella stessa identica situazione di prima.

Della comitiva facevano parte un gruppo di deputati e senatori che vivono all’estero capeggiati da Ricardo Merlo. Una signora che ha dimenticato la sua lunga permanenza ad Arcore. Ed altri di cui è inutile ricordare i nomi.

È certo che non avranno alcun biglietto d’ingresso nel governo di Mario Draghi. Non sono né tecnici di grido, né uomini o donne che hanno peso nel loro partito. Soprattutto perché non hanno alle spalle un segretario o un compagno di cordata che possa raccomandarli. Piangeranno lacrime amare o tenteranno qualche altra strada per tornare a strappare un titolo sui giornali, piccoli o grandi che siano?

È difficile prevederlo perché è vero che in politica non bisogna mai dire mai, però a tutto c’è un limite. Ai “Tabacci boys” rimarrà il ricordo di un giorno di gloria. Troppo poco? Forse, però a confortarli ci sarà un vecchio e saggio detto che sostiene: “Chi si accontenta gode”.