"La Nazione italiana pre esiste all'Italia Stato, che venne dopo il Risorgimento. Elemento fondamentale dell'unità nazionale è la lingua: Dante 700 anni fa la individuava anche nella costa adriatica orientale e citava esplicitamente nell'Inferno Pola presso del Cuarnaro. La tragedia delle foibe e dell'esodo ha strappato quel pezzo di vite e di menti. Oggi è nostro dovere ricordare quei martiri".

Così il segretario generale del CTIM e responsabile Italiani all'estero di FdI, on. Roberto Menia, in occasione della Giornata del Ricordo: il padre della legge sul 10 febbraio, autore del volume "10 febbraio, dalle foibe all'esodo", sta prendendo parte a diverse iniziative, in Italia e all'estero (tra le altre Radio Buenos Aires, Radio 1).

Secondo Menia "una parte di chi oggi in Italia si riempie la bocca di democrazia e valori condivisi dovrebbe, prima di tutto, far pace con la storia: il riferimento è ai tanti negazionisti delle foibe che ancora oggi affollano i media".

"Agli uomini e alle donne legati e gettati ancor vivi nella cavità carsiche va il nostro ricordo e rispetto, come va sottolineata la scarsa solidarietà riservata alle popolazioni giuliano dalmate, vessate da Tito con il complice silenzio della sinistra italiana di allora", osserva Menia. "Il martirio delle foibe di Trieste e dell'Istria, con il loro tragico carico di migliaia di morti senza croce, e l'esodo dei 350.000 istriani, fiumani e dalmati sono divenuti dal 2004 patrimonio della coscienza comune degli italiani grazie alla legge sul Giorno del Ricordo che si celebra il 10 febbraio di ogni anno. Uno sforzo", conclude Menia, "che sento l'obbligo morale di dover continuare a fare, proprio per spegnere quei focolai negazionisti che uccidono una seconda volta gli infoibati"

IL LIBRO

"10 febbraio, dalle foibe all'esodo"

Roberto Menia è stato per cinque legislature deputato di Trieste al Parlamento Italiano, è il "padre" della legge 30 marzo 2004 n.92 con la quale "La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale Giorno del Ricordo al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale".

Le storie narrate nel libro da lui scritto scavano proprio in questa memoria: alcune sono conosciute, altre sono riemerse dai cassetti dei ricordi di uomini e donne che sono oramai gli ultimi testimoni dell'italianità dell'Adriatico orientale. Storie di eroismo, di sofferenza che sono un inno alla libertà e all'italianità che non devono essere dimenticate.

Questo libro – spiega Roberto Menia – non ha la pretesa di essere un testo storico, ma una testimonianza anche dell'effetto che le foibe produssero, e cioè l'esodo, che rappresenta una tragedia e una ferita nella storia nazionale non inferiore a quella della cronaca delle stragi compiute dai titini in Italia nella fase conclusiva della guerra. L'esodo ha rappresentato una mutilazione non solo territoriale, ma soprattutto sociale e culturale che ha strappato 350mila persone alle proprie case e ai propri affetti per portarle lontano dalla propria terra e nei campi profughi".