DI MARCO FERRARI

 

 

Chi credeva che il tango fosse immutabile, è stato smentito dalla musica di Astor Piazzolla che, inserendo elementi jazz e classici nelle partiture, ha rinnovato completamente il genere in voga sul Rio de la Plata. Così come Gardel è stato l’artefice del tango nella prima metà del Novecento, Piazzola lo è stato nella seconda metà. La sua attualità torna di moda in questi giorni in cui si festeggia il centenario della nascita, avvenuta a Mar del Plata l’11 marzo 1921.   

Astor Pantaleón Piazzolla aveva una cultura completamente italiana: i suoi quattro nonni erano tutti emigrati dall’Italia. Quelli paterni, Pantaleone Piazzola e Rosa Centofanti emigrarono da Trani, quelli materni, Luigi Manetti e Clelia Bertomani dalla Garfagnana, in provincia di Lucca. Il padre Vicente, detto Nonino, professione barbiere e la madre Assunta Manetti ad un certo punto partirono per una seconda emigrazione verso gli Stati Uniti. Così Astor, dall’età di 4 anni a 16 anni, visse nella Little Italy di New York per poi fare ritorno in Argentina a causa della crisi economica.

 Tra gli italo-americani il piccolo Astor faceva parte di una vera e propria gang di ragazzi dove la chiamavano “Il mancino” per la capacità di dare colpi di box con la mano sinistra. A otto anni suo padre Vicente gli regalò un bandoneon di seconda mano pagato 18 dollari. Il primo tango lo compose per la festa della comunità italiana di Saint Mark’s Place, nel Lower East Side di Manhattan. La sua banda italo-americana era formata di Rocky Graziano, futuro campione del mondo di pugilato, Nunzio Incastachietta, Nino Rodesti, John Pomponio, Joseph Campanella, Gaspar Sacco, Peter Renda. Anche se il suo amico intimo fu un polacco, Stanley Sommerkovsky. Il padre lo introdusse alla musica, lo fece esibire in qualche spettacolo, lo mise in contatto con il maestro D’Aquila, che lo formò musicalmente. Fondamentale per lui fu l’incontro casuale con il mito Carlos Gardel, a New York per girare un film dove lo stesso Piazzola fece la comparsa. 

Con il rientro in Argentina nel 1937 ad Astor Piazzola gli si aprono le strade professionali del tango. Da Mar del Plata passa a Buenos Aires con l’intenzione di diventare un musicista e ci riesce prima nel cabaret poi con una delle grandi orchestre argentine, quella di Anibal Troilo dove, passo dopo passo, conquista il posto di primo bandoneonista. Di carattere giocoso, era spesso protagonista di scherzi ai compagni d’orchestra e persino in sala. Parlava uno strano miscuglio di spagnolo, inglese, italiano e lunfardo, in gergo inventato a Buenos Aires dagli italo-argentini. Quando si esibiva con l’orchestra al Cafè Germinal, alla fine degli anni Trenta, già intonava accordi fuori dal classico. E’ a questo punto che Piazzola sperimenta un nuovo tipo di preferenza ritmica a cui terrà fede sino a fine carriera. A concorrere alla sua originalità furono soprattutto i contatti con Alberto Ginestrera che, di nascosto, lo accompagnava ad ascoltare le prove di musica classica al Teatro Colón, uno dei cuori pulsanti dell’italianità in Sud America. Da lì i rapporti con altri musicisti come Francisco “Fiore” Fiorentino e il pianista Stan Kenton. Nel 1946 Piazzolla formò la sua prima formazione chiamandola “Orchestra Tipica de Astor Piazzola” e fu l’inizio di una cavalcata in solitario, spesso osteggiato dagli altri musicisti di tango, ma soprattutto l’avvio di un nuovo cammino musicale per il tango. Nella seconda parte della sua esistenza Astor Piazzola diventò un mito in Europa, prese casa a Parigi, abitualmente era ospite in Italia. Nel tempo addolcì la sua indole ribelle che gli veniva dai fasti della gang di New York, anche se rimase impaziente e perfezionista, un uomo chiuso ma ironico. Nel dopoguerra si era trovato nell’euforia del peronismo, lui antiperonista, a dover scrivere un “Inno a Peron” e quindi un patriottico brano intitolato “Repubblica Argentina”. Si sentiva Dottor Jekyll e Mister Hyde, dovendo scrivere tango e volendo comporre musica colta come opere sinfoniche. In casa viveva con “le tre D”, la moglie Dedé, i figli Daniel e Diana. Sullo sfondo rimaneva la figura paterna, Vicente, detto “Nonino” che segnerà il suo modo di vivere e pensare sino alla scomparsa nel 1959 che porterà Astor ad una strada ancora più intimistica del tango scrivendo proprio una canzone in morte del padre, “Adios Nonino”. Forse il padre era l’unico capace di dargli quella ironia, quella vitalità che lo riconducevano ai suoi trascorsi migliori. Negli anni Cinquanta arriva la consacrazione europea e nel 1955 compie il suo primo viaggio in Italia. Quando torna in Argentina sente di avere nelle mani una bomba da far esplodere: un nuovo corso per il tango fuori dai suoi antichi schemi. I suoi anni cruciali furono il 1964-65 con la tournée negli Stati Uniti a seguito del Presidente Illia, la separazione dalla moglie, l’incontro con Borges e l’inizio di un periodo di vita un po’ estrosa, l’amore per l’occultismo e la magia. 

Con l’inizio dei golpe militare, Piazzola ebbe dei problemi ideologici: la sua idea di tango fu osteggiata e si tentò di creare una contrapposizione tra lui e Troilo. Allora si tuffò in una nuova avventura teatrale con Horacio Ferrer e Amelita Baltar. La situazione politica argentina era troppo stretta per lui e quindi negli anni ’70 si trasferì a Roma. Nella capitale italiana nacque il “Piazzola elettrico”. Nel 1976 conobbe la conduttrice televisiva Laura Escalera che diventerà nel 1988 la sua seconda moglie. Con lei ebbe una conversione mistica.  

Molto contraddittorio fu per lui il periodo della dittatura Videla: accettò inviti da parte dei dittatori, ma alcune sue opere furono proibite; non gli fu consentito di tenere un concerto a Città del Messico, ma nello stesso tempo non si lamentò del clima esistente a Buenos Aires. Durante la guerra delle Malvinas tenne anche dei concerti a sostegno della patria. Dopo quel periodo controverso, si fece sempre più europeo, intensificò il rapporto artistico con Milva con cui diede vita ad una tournée mondiale. A partire al 1990 si accentuarono i suoi problemi fisici, ad agosto ebbe un attacco di ictus che lo paralizzò sul lato destro e che lo portò alla morte avvenuta nel 1992. Era diventata magrissimo, pesava 34 chili. Ogni anno a Massa Sassorosso, nel comune di Villa Collemandina, paese lucchese delle origini materne del grande maestro, si tiene un Festival Piazzolla a cui aderisce pure la Fundacion Astor Piazzolla di Buenos Aires. “Il calore e la familiarità trovata a Massa Sassorosso porta nuovamente me e la Fundacion a visitare i luoghi delle origini di Astor – ha detto Laura Escalada – dove ho incontrato una gente genuina, così come lo era la Nonina, Assunta Manetti, madre di Astor. E a questa terra voglio fare omaggio della sua migliore musica e contribuire al progetto di valorizzare e potenziare il territorio su questo tema e lasciare un segno tangibile e conferire al paese di Massa Sassorosso l'atmosfera di Argentina che già si respira passeggiando per le sue vie". Mercoledì l’Ambasciatore Roberto Carlés omaggerà la figura di Astor Piazzolla incontrando in diretta streaming Daniel Rosenfeld, regista e produttore dell’acclamato documentario “Piazzolla, la rivoluzione del tango” (“Piazzolla, los años del tiburón”). Il film franco-argentino, campione di incassi in patria, è un inedito ed evocativo viaggio nel cuore della vita e la musica di Piazzolla, offrendo un ritratto intimo del padre del cosiddetto Nuevo Tango, un genere che incorpora tonalità e sonorità jazz al tango tradizionale, utilizzando dissonanze ed elementi musicali innovativi. Anche la Filarmonica Toscanini di Parma, diretta da Donato Renzetti, ha reso omaggio in diretta streaming gratuita al genio italo-argentino con l'esecuzione dei brani “Libertango”, “Oblivion” e il Concerto per bandoneón, orchestra d'archi e percussioni “Aconcagua”. Pure la città di Trani, dopo un concerto in cattedrale, si appresta a ricordare Piazzolla con il Festival Internazionale del Tango dal 15 al 18 luglio 2021, con la direzione artistica di Miguel Angel Zotto e Daiana Guspero. Iniziative sono in programma pure a Mar del Plata, Buenos Aires e Barcellona. Nell’occasione del suo centenario, è uscita anche una registrazione inedita di Piazzolla, sei minuti improvvisati sul bandoneon del 23 dicembre 1976, prefazione a una versione della sua "Suite troileana" che non è mai stata pubblicata. A tirala fuori è stato Osvaldo Acedo, factotum degli studi storici ION. Pipi Piazzolla, nipote batterista di Astor, ha recuperato questo assolo e ora dialoga musicalmente con lui nell’album della band Escalandrum.