Unica e perentoria, la domanda è: chi comanderà. Centinaia di esperti sono sul punto di invadere i ministeri, diventa poderosa e gigantesca la task force chiamata a combattere il covid-19. Eran trecento, per dirla alla maniera del poeta che scrisse "La spigolatrice di Sapri", eran trecento ai tempi dei governi Conte, presto, prestissimo, saranno cinquecento. Pare che il gigantismo sia parte di una precisa richiesta dell'Ue, in materia della stesura del Recovery plan.

Saranno cinquecento. Molti esperti a tempo, uno stuolo, una folla di tecnici. C'è già l'ok al reclutamento lampo. Con sommo dispetto, a quanto si dice all'interno dei ministeri, del ministro Brunetta, che in altri tempi decise di tagliare, sfrondare, e non assumere. Invece dovrà mandare giù una pillola non di poco conto e comunque di grande dimensione.

Gincarlo Giorgetti, ministro leghista dello Sviluppo, ha firmato un decreto che nomina, senza oneri per lo Stato, Giovanni Tria consulente economico sul dossier dei vaccini. L'ex ministro dell'Economia nel Conte 1 si occuperà della parte che riguarda la produzione industriale nazionale. A Tria vengono demandati anche i rapporti con l'Unione Europea. È opportuno comunque ricordare che, durante il governo M5S-Lega, Tria fu bersagliato da Salvini e dai seguaci leghisti per molte posizioni assunte. Dalla flat-tax alla modifica del Mes.

Il Pnrr, Piano di ripresa e resilienza, sarà incardinato al Tesoro anche nella fase più strettamente attuativa. Verrà gestito da quello stuolo di tecnici di cui sopra, assunti con "procedure specifiche". In buona sostanza, senza concorso per un tempo limitato. La prima parte di un piano molto più ampio di riforma è affidato al ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, che l'ha illustrato ieri. Strano il destino, che si conferma cinico e baro: Brunetta è l'uomo che dallo stesso ruolo, dieci anni fa, avviò la discussa stagione dei tagli nel pubblico impiego. Laddove tocca ora appunto a lui risolvere questa grana colossale.

Mario Draghi ha affidato a Daniele Franco, ministro dell'Economia, la revisione del Piano ereditato dal governo Conte 2. Franco ne ha dato conto alle Camere nell'audizione di lunedì. Punto cruciale dell'esposizione, la risposta a una domanda che è sulla bocca di tutti, non solo di parlamentari e senatori: perchè il ministero dell'Economia è ricorso all'aiuto del colosso della consulenza e a tre importanti entità del settore, Kpnig, E&Y e Accetture? "Questi colossi ci danno imput che a noi mancano", il succo della risposta del ministro. Il titolare del dicastero dell'Economia si è premurato anche di chiarire che il piano lasciato da Conte "presenta molti elementi di solidità, ma che si faranno delle modifiche importanti, sostanziali".

Piaccia o no, a grandi linee, Daniele Franco ha confermato quella che ormai è evidente sotto gli occhi di tutti: per la gestione dei fondi non sono sufficienti le strutture ordinarie, indebolite e infiacchite da anni di tagli; verranno create strutture ad hoc in tutti i ministeri. Prima fra gli altri, quello dell'Economia.

Diventa a questo punto utile (se non obbligato) un distinguo. La task force di Giuseppe Conte era di stanza a Palazzo Chigi, coordinata dai ministeri Economia e Sviluppo, e affidata a una struttura di tecnici guidati da sei figure apicali. Il premier Draghi ha sollecitato il ministro dell'Economia a cambiare, a dare alla task force una struttura diversa. Intanto molto più forte e vigorosa. Franco ha affidato la revisione del Recovery plan da consegnare entro aprile a Bruxelles alla Ragioneria dello Stato: dislocate cinquanta persone, tra dirigenti e funzionari. Il contingente è destinato a crescere. Il numero non sarà mai un problema.

Preoccupati i partiti, che reclamavano maggiore collegialità nelle decisioni su transizione ecologica, Digitale, Infrastrutture. Ma i margini di intervento non sono destinati a crescere. Preoccupati anche i parlamentari, e Franco è ricorso alle arti sottili della dialettica per contenerne gli assalti verbali e ammorbidirne i dubbi. I tempi sono stretti, deciderà il governo, in ogni caso, e sempre.

In materia di Piano di ripresa e resilienza, la governance sarà affidata, come entità centrale, al Tesoro. Che avrà il compito di "supervisionarne l'attuazione, la gestione dei flussi finanziari, controllerà la spesa, e si pronuncerà sulle eventuali correzioni". In soldoni, si comincia davvero a fare sul serio. Mario Draghi intende imprimere ulteriori accelerate e indicare i cambiamenti necessari indispensabili al raggiungimento del risultato. Il Recovery plan italiano dovrà essere inattaccabile da parte della commissione Ue.

"Una unità di audit indipendente, responsabile delle verifiche sistematiche" andrà ad affiancare la struttura centrale. Il cui compito principale, se non l'unico, sarà di fungere da garante con Bruxelles. E potrà disporre di centinaia di figure. "Il Tesoro – ha assicurato il ministro dell'Economia alle Camere – già ha chiesto agli altri ministeri di creare "strutture ad hoc similari, anche se di più piccole dimensioni".

Renato Brunetta ha illustrato ieri le linee guida della riforma, destinata ad operare un immediato vigoroso cambio di passo. La riforma prevede il reclutamento di migliaia di tecnici specializzati nella gestione del Pnrr e di "rivedere e sbloccare le procedure concorsuali".

I concorsi però sono fermi, non si recupera neanche il turn over, sono bloccate 350mila assunzioni nella Pubblica amministrazione. Secondo una recente ricerca di Forum pa, pubblicata dal quotidiano Il Messaggero, i posti bloccati dall'impossibilità di fare concorsi sarebbero 125mila; durante l'emergenza coronavirus 90mila posti sono già stati banditi, altri 36mila riguardano concorsi di cui è ancora attesa la pubblicazione. Settemila dipendenti sono quelli da assumere al ministero della Giustizia; 1.500 del maxi concorso di Roma Capitale; 3.000 dell'Agenzia delle Entrate; 90mila della scuola; 3.300 posizioni da ricercatore universitario; 1.600 tecnici informatici dell'Inps; 50 nuovi assistenti parlamentari richiesti dalla Camera.

Una questione gigantesca e atavica complicata dal covid. Il problema è grosso e non sembra esistere, al momento, l'immediata disponibilità di una soluzione ad hoc per la soluzione, in tempi accettabili, di questa enorme questione.

di Franco Esposito