Il Montale che non ti aspetti scaturisce da fogli autografi e carte private contenute negli archivi italiani. Un libro rilancia ora un inedito Eugenio Montale, il grande poeta italiano, Premio Nobel per la Letteratura nel 1975 “per la sua poetica distinta che, con grande sensibilità artistica, ha interpretato i valori umani sotto il simbolo di una visione della vita priva di illusioni”. Per la prima volta i "brogliacci" di Montale, dispersi in tutta Italia, a partire dal Fondo Manoscritti di Pavia, con inediti e alcune sorprese, sono stati riuniti nel libro “Le carte di Eugenio Montale negli archivi italiani” di Gianfranca Lavezzi, uscito con la casa editrice Interlinea, una sorta di aperitivo per il quarantesimo anniversario della morte del poeta, avvenuta il 12 settembre 1981.

Quello era il tempo in cui il mondo viaggiava ancora a lettere e appunti, prima dello sbarco della posta elettronica, dei cellulari e dei social. Mezzo secolo fa quei piccoli fogli autografi privati furono donati da Montale a Maria Corti e hanno avviato il celebre Fondo Manoscritti di Pavia. “Non ho mai supposto che i miei brogliacci possano diventare materia di archivio e di consultazione” ha scritto qualche anno dopo Montale con il consueto distacco da genovese puro. Purtroppo, queste personali propensioni sono finite con la sua morte, avvenuta a Milano il 12 settembre 1981. Montale è stato studiato e ristudiato proprio attraverso le sue carte e i suoi scritti. Così, da numerosi archivi italiani sono venuti fuori molti “brogliacci”.

Sono tanti gli archivi, sia pubblici che privati, che conservano le carte di Montale: la mappa disegnata nel libro comprende tra gli altri il Gabinetto Vieusseux-Archivio Alessandro Bonsanti di Firenze, la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, il Centro Gobetti e l’Archivio Einaudi di Torino, la Fondazione Sapegno di Morgex, la Fondazione Mondadori e l’Archivio del “Corriere della Sera” di Milano. Inoltre, il lettore potrà entrare per la prima volta nel ricchissimo archivio privato di Giorgio Zampa e in quello di Rosanna Bettarini, l’erede della quale ha donato al Centro Manoscritti un prezioso manipolo di lettere e di poesie dattiloscritte di Montale, che le aveva inviate a lei in qualità di curatrice, insieme a Gianfranco Contini, dell’edizione critica dell’Opera in versi, pubblicata da Einaudi nel 1980.

Il libro della Lavezzi contiene foto e disegni del poeta tra cui “Map of my brain” in una lettera a Irma Brandeis del 25 maggio 1934. Ci sono poi gli schizzi di Monterosso, i famosi acquarelli che Montale disegnava nel guscio poetico della casa di famiglia, sul promontorio di Fegina, prima dell’arrivo del comento, degli alberghi e del cemento. Il volume riunisce gli interventi del convegno del 2019 all'università di Pavia. Già in quella occasione ci fu un primo confronto tra gli innumerevoli depositari italiani delle carte di Montale. Tra queste c’è pure un inedito epistolario che lo legò alla poetessa greca Maria-Nike Zoroyannidis.

Nelle tante lettere lui usava spesso l’eteronimo di Eusebio. La curatrice Gianfranca Lavezzi, professoressa di Letteratura italiana all’Università degli Studi di Pavia, Presidente del Centro Manoscritti fondato da Maria Corti nel 1973, ha sempre riservato particolare attenzione al versante poetico della letteratura italiana tra Sette e Novecento, soprattutto dal punto di vista metrico e linguistico. “Il nucleo iniziale del Centro Manoscritti furono tre taccuini che Montale donò alla Corti nel 1968” afferma la Lavezzi. Maria Corti, filologa e critica milanese scomparsa nel 2002, riuscì a farsi dare da Montale tanto materiale personale. L’amicizia tra il poeta Premio Nobel e la critica portò proprio alla creazione di un fondo per la conservazione di documenti d'interesse relativi ad autori contemporanei.

“La Corti ne temeva la dispersione o peggio la scomparsa e citava spesso il caso del manoscritto originale del libro ‘Cristo si è fermato a Eboli’ di Carlo Levi che, secondo lei, era perduto nel caveau di una banca negli Usa" ricorda la professoressa Lavezzi. Montale avvertì la fidata Gina Tiossi, governante e amica sin dall'arrivo a Milano, ordinando di tirare fuori i tre taccuini che diedero l’avvio al fondo di Pavia assieme a un manoscritto di Gadda. Rimasta accanto a Montale fino alla fine, Gina Tiossi ricevette in dono dal poeta anche quattro quaderni. “Se avrai bisogno di soldi, vendi questi” disse alla donna, conscio quanto poteva valere il suo materiale inedito.

Invece Gina, morta nel 2014 a Firenze in ristrettezze, donò i quaderni senza chiedere nulla in cambio nel 2004 sempre al fondo di Pavia. Nella loro varia tipologia, le carte sono preziose perché spiegano la costruzione dei versi montaliani. Osservando le varie stesure di una lirica, le parole scritte, cancellate, riscritte, cambiate, i versi tolti o aggiunti, si ricostruisce il cammino laborioso e affascinante che porta dal bianco della pagina alla poesia nella sua forma definitiva. Poi ci sono i documenti che spiegano la sfera privata di Montale, gli amori, le amicizie, gli itinerari biografici, le “occasioni” di una poesia o di una pagina di ricordi. Le carte dei vari archivi sono spesso legate tra loro, si integrano, si completano, creano una mappa esistenziale del principale poeta moderno italiano.

MARCO FERRARI