di Franco Esposito

Chi c’è e cosa c’è dietro la maxi offerta di Dazn nell’asta per l’attribuzione dei diritti televisivi sulle partite del campionato di calcio serie A? 840 milioni sull’unghia, con il preciso intento di aggiudicarsi la trasmissione televisiva di sette partite di A in tutte le giornate di campionato. Dietro Dazn c’è Tim, e se non è un segreto di Pulcinella manca davvero poco. Dazn e Tim, mentre i presidenti di club continuano a litigare, ad avere dubbi, sui folli rimbalzi del pallone italico ridotto alla miseria, alla canna del gas, innanzitutto dalla pandemia. Perché Tim lo fa?

L’azienda telefonica di Stato persegue due precisi obiettivi: far fuori completamente il concorrente Sky e vendere servizi in fibra. Ma i presidenti dei club di A si spendono in continui tentennamenti, barricati all’interno di una Lega, ovvero loro stessi, che non decide. La presenza dei fondi di finanziamento, anch’essi interessati a rientrare in gioco, viene agitata a mo’ di ammonimento. Calma, gente, non capiamo i motivi della fretta e della smania di decidere. Parlano di fretta, dimenticando, i presidenti di società, che il termine limite per il rinnovo della partita sui diritti tv era stato fissato al 31 dicembre 2021. Siamo a metà marzo, o grulli, è ancora non è aria di decisione finale imminente.

I diritti tv del calcio 2021-2014, quelli che partono dal prossimo settembre, con l’inizio del nuovo campionato e della nuova stagione. Secondo una moderna concezione commerciale, rappresentano una partita sempre più grande. Rientrano tra le scelte strategiche del Paese, occupano un mercato che vale miliardi. La serie A, da tre mesi, comunque non riesce ad andare oltre il pantano dell’incertezza.

Come arenata, perplessa, insicura, titubante, è davanti a due opzioni. Sky offre 750 milioni su satellite e digitale terrestre, ma non può trasmettere partite in esclusiva su internet, come da esplicito divieto del Consiglio di Stato. E per pararsi il didietro, propone perciò in parallelo il varo di un “canale della Lega” online. Più alta l’offerta di Dazn, 840 milioni per il campionato in streaming, sette partite in esclusiva, tre in condivisione, magari rivendute a Sky.

I giochi di Tim, l’operatore di telefonia e pay tv partner accertato tecnologico di Sky, sono affidati all’ad Luigi Gubitosi, già amministratore delegato in Rai e impegnato per mesi nella complessa difficile operazione di salvataggio di Alitalia. Impegnata in una seria e tosta lotta per la sopravvivenza, Sky ha messo in campo il suo capo, Maximo Ibarra. L’aggiudicazione dei diritti tv del calcio di A, per tre anni, concederebbe all’azienda tutto il tempo di programmare. Sullo sfondo, ma non tanto sullo sfondo, comunque impegnato concretamente e pesantemente, campeggia la figura di Andrea Agnelli, presidente della Juve. Pensa e progetta (Uefa e Fifa si opporranno fino alla morte, è in gioco infatti la sopravvivenza delle competizioni da loro organizzate) a una Superlega. Dentro ci sarebbero tutti i big club della serie A. Agnelli, sottacqua ma non tanto sottotraccia, starebbe tentando di fermare i fondi Usa.

Ma la serie A come è messa, in questo momento figlio della più grande incertezza? I club si sono spaccati, e questa in realtà non è una notizia. Spaccati lo sono costituzionalmente, da sempre. Stavolta la divisione è avvenuta non tanto sulle due proposte – Dazn e Sky  - ma sull’ingresso in campo dei fondi d’investimento. Una cordata guidata da Cvc offre 1,7 miliardi, più del doppio quindi di quanto proposto da Dazn. Un miliardo e settecento milioni per gestire il dieci per cento del torneo e la sua parte commerciale per dieci anni. I club più piccoli, quelli disperati davvero, praticamente mezza serie A, quei soldi li vorrebbero a ogni costo e subito. Il fiume di denaro da destinare all’aggiustamento dei bilanci.

Nell’altra metà campo giocano le big, che si contrappongono in maniera vigorosa. Fanno squadra, una volta tanto, Agnelli, De Laurentis, Lotito. Diverse le ragioni di ognuno, finalizzate alla conservazione del potere o al desiderio/necessità di avere mano libera in vista dell’ipotetica realizzazione di una improbabilissima SuperLega europea. Sarebbe in atto un ricatto bello e buono: “niente diritti tv senza fondi” e viceversa. Il braccio di ferro è una minaccia pericolosa, un rischio grave, in vista della scadenza delle offerte a fine marzo.

E pure la scelta fra Sky e Dazn, tradizione o rivoluzione, non è scontata. Ma gli equilibri si sono chiaramente spostati con l’ingresso in campo (e allo scoperto) di Tim. Dovesse finire male per Sky, le partite passerebbero dall’ex detentore del monopolio, a Dazn-Tim. Questo cambia tutto, l’offerta di Dazn diventa molto più credibile. Assisteremo probabilmente alla celebrazione di un fatto storico: mai un’azienda delle dimensioni di Tim, che ha i suoi azionisti la Cassa depositi e prestiti, si era interessata al campionato di calcio serie A. Tim è un colosso italiano, 15 miliardi annui di fatturato, 55mila dipendenti, ma che vive attualmente i disagi di un mercato saturo. I ricavi sono in calo, meno dodici per cento sul 2019.

Tim coltiva un progetto ambizioso, quello della rete unica di cui resterebbe proprietaria attraverso un complicato accordo con Enel e Cdp. Il calcio aspettava quella che l’ad della Lega, Di Siervo, aveva soprannominato “la bella addormentata”. A Tim il pallone non piace, però le serve. E pure parecchio. Il futuro è l’integrazione fra contenuti e telefonia. Il mercato è esploso durante la pandemia con milioni di persone costrette a casa e più sessanta per cento di visualizzazioni nel secondo semestre 2020. Le previsioni parlano di un’ulteriore poderosa crescita.

Sky aveva capito tutto. E ha lanciato SkyQ e Sky-wifi, destinate a tenerne in piedi la costosa e obsoleta struttura industriale. Ma Tim ha fiutato la minaccia e affondato l’azione in profondità. La contromossa contiene in pratica la sfida a Sky sul suo terreno e colpirlo nel business più prezioso. Il pallone. I diritti tv del calcio. Il prodotto migliore in Italia da inserire dentro qualsiasi contenitore. Ma anche lo strumento più rapido per spostare la clientela sulla fibra. Tim diffonde intanto numeri rassicuranti. 19 milioni di linee attive, di cui il novantuno per cento in ultrabroad, ad alta velocità. Ma è questa solo una copertura potenziale. La fibra che arriva fino a casa. Tim, in realtà, al momento, conta appena 230mila utenze, meno di Fastwb, Vodafone, WindTre. E la serie A necessita di una connessione eccellente per vederla.

Il primo azionista di Tim è Vivendi. Alla compagnia francese manca il mercato italiano per essere la media company europea che ambisce di essere. Un problema grosso: dovrebbe fare innanzitutto la pace con Berlusconi. Se Tim-Dazn dovessero spuntarla nella partita diritti tv del calcio, Sky dovrà chiedersi se è il caso di resistere o se sarebbe meglio smantellare. Ma il tifoso telespettatore cosa dovrebbe aspettarsi in caso di vittoria (abbastanza probabile) di Tim-Dazn? Risposta: un pacchetto di Serie A a 24,99 0 29,99 euro al mese. Domanda: ma l’Italia è pronta al grande salto sul digitale? Dazn è prodiga di rassicurazioni. Disporrebbe di un protocollo innovativo, che però qualche dubbio negli esperti già lo genera. Ma l’incognita è anche un’altra: il travaso di cinque milioni di abbonati Sky in Dazn, che ha raggiunto picchi di due milioni. Mediaset fallì l’operzione quando strappò la Champions a Sky, pagando alla fine un prezzo altissimo a causa dell’ardita spesa.

Certo, qualche tifoso rinuncerà, si perderà. Ma è la presenza del colosso Tim, con la sua potenza di fuoco, a rappresentare una troppo grande occasione per il calcio di serie A di farsi trascinare e spingere verso il futuro. Il presente non racconta, urla su un calcio e una serie A “senza pagamenti, né controlli, il campionato dei bilanci falsati, che deroga a tutto, c’è che non versa nulla da mesi in tasse e contributi, laddove altri, i rari pagatori puntuali vestono i panni dei fessi”.