Il gruppo farmaceutico svizzero Roche ha annunciato promettenti risultati della sperimentazione clinica per il cocktail di trattamenti per il Covid-19 che combinano i farmaci casirivimab e imdevimab, su cui sta collaborando con il laboratorio americano Regeneron per pazienti non ospedalizzati. Parlando di dati, c’è una riduzione del 70 per cento dei ricoveri e dei decessi nei pazienti malati di Coronavirus per cui non era necessario il ricovero.

Secondo quanto riferisce una nota di Roche, i dati hanno anche mostrato una riduzione della durata dei sintomi di quattro giorni, riducendoli da 14 a 10 giorni. Questa tranche di studi clinici, che si è concentrata su pazienti ad alto rischio, ha valutato i trattamenti in dosaggi di 2.400 milligrammi e 1.200 milligrammi, si legge nella nota dell'azienda farmaceutica.

Questo trattamento sperimentale è l’unica combinazione di anticorpi monoclonali che mantiene la sua potenza contro le principali nuove varianti di Coronavirus che stanno emergendo, ha spiegato Roche. Inoltre, uno studio complementare di fase II (Regn-Cov 20145) in pazienti non ospedalizzati sintomatici o asintomatici a basso rischio con Covid-19 ha mostrato riduzioni della carica virale significative e comparabili a dosi comprese tra 300 e 2.400 mg.

“Le nuove infezioni continuano ad aumentare a livello globale con più di tre milioni di casi segnalati la scorsa settimana", ha detto Levi Garraway, chief medical officer e direttore globale dello sviluppo del prodotto, citato nella dichiarazione, osservando che “questo cocktail sperimentale di anticorpi potrebbe quindi offrire speranza per una potenziale nuova terapia per i pazienti ad alto rischio, in particolare alla luce delle recenti prove che dimostrano che casirivimab e imdevimab insieme mantengono attività contro le principali varianti emergenti. Insieme al nostro partner Regeneron, siamo grati ai pazienti e agli sperimentatori che hanno partecipato agli studi clinici in corso e non vediamo l'ora di discutere il crescente corpo di evidenze con le autorità sanitarie e di portare il trattamento a quante più persone possibile”.

Stefano Ghionni