Non solo guerra sui di vaccini, lo scontro tra Unione Europea e Gran Bretagna si fa sentire anche sulle esportazioni Made in Italy che hanno registrato Oltremanica uno storico crollo del 26% nel bimestre successivo alla Brexit per effetto degli ostacoli burocratici ed amministratici che frenano gli scambi commerciali. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel primo bimestre del 2021. In particolare – sottolinea la Coldiretti al calo del 38% nel mese di gennaio ha fatto seguito una ulteriore caduta a febbraio di quasi il 14% a conferma del permanere delle difficoltà.

I prodotti italiani più esportati in Gran Bretagna – sottolinea la Coldiretti – sono nell’ordine gli alimentari, i mezzi di trasporto, l’abbigliamento, i macchinari ed apparecchi e metalli che pagano un conto salato alla Brexit ma a diminuire sono anche le importazioni in Italia da Oltremanica.  Le difficoltà negli scambi commerciali con la Gran Bretagna – continua la Coldiretti – mettono in pericolo 3,4 miliardi di esportazioni agroalimentari Made in Italy dello scorso anno con il Paese Oltremanica che si classifica al quarto posto tra i partner commerciali del Belpaese per cibo e bevande dopo Germania, Francia e Stati Uniti.

Dopo il vino, con il prosecco in testa, al secondo posto tra i prodotti agroalimentari italiani più venduti in Gran Bretagna ci sono – continua la Coldiretti – i derivati del pomodoro, ma rilevante è anche il ruolo della pasta, dei formaggi, salumi e dell’olio d’oliva e il flusso di Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Una voce dell’export importante che – sostiene la Coldiretti – rischia di essere messo a rischio dalle tensioni alle frontiere che possono trasformarsi in ritardi, particolarmente dannosi soprattutto per i prodotti deperibili come gli alimentari.

La conferma – ricorda la Coldiretti – viene dai casi di confisca da parte di funzionari doganali olandesi di panini al prosciutto e altro cibo a viaggiatori e camionisti provenienti dal Regno Unito. Le criticità maggiori, per tutti i settori che esportano verso il Regno Unito, sono riscontrabili – sottolinea la Coldiretti – a livello di procedure doganali e sono legate all’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi, maggiori controlli ed in generale alla burocrazia. Ad essere colpiti – spiega la Coldiretti – sono soprattutto i piccoli produttori ma difficoltà specifiche sono causa di preoccupazioni nel settore florovivaistico, legate soprattutto ai certificati fitosanitari, che complicano gli scambi in quanto manca un riconoscimento reciproco dei passaporti fitosanitari.

A questo si lega anche la mancanza di un accordo sui requisiti fitosanitari e sanitari (Sps) che dal 1° luglio rischia di rendere il quadro ancora più complicato perché le autorità britanniche saranno chiamate a controlli alle frontiere sempre più completi, con ritardi e burocrazia che ne consegue. Anche nel settore vitivinicolo che è la principale voce dell’export agroalimentare Made in Italy – conclude la Coldiretti – si potrebbe riscontrare difficoltà soprattutto in materia di etichettatura.