Giorgia Meloni insidia Salvini, la guida della destra è in gioco. Dopo le ultime decisioni del Governo di prorogare alla fine del mese di aprile le chiusure delle attività commerciali, si moltiplicano i segnali di insofferenza di Matteo Salvini. Pare sempre meno convinto di avere fatto la scelta giusta nell’appoggiare il Governo Draghi. Probabile che l’ingresso nel Governo sia stato per Salvini il secondo scivolone, dopo quello rimediato con la disfida del Papeete. Ricordate? lo stabilimento balneare da dove ha tentato il colpaccio di scalzare Conte dal Governo del Paese per sostituirsi a lui con i “pieni poteri”. Sappiamo però come allora è andata a finire…

Da quel momento, Salvini non ne ha azzeccata più una, come dimostra del resto il progressivo calo dei consensi degli ultimi mesi. Anche nell’attuale Governo, con il passare dei giorni, Salvini ha dovuto prendere atto della sua sostanziale irrilevanza sul piano decisionale. Per quanto infatti tenti di accreditare l’idea che le sue continue “raccomandazioni” al “Prof. Draghi”, soprattutto in tema di riaperture – argomento che gli sta particolarmente a cuore – abbiano un qualche peso. La realtà è che la linea dura, tenuta da Draghi-Speranza-Franceschini, è quella poi adottata dall’intero esecutivo. Con la delegazione ministeriale della Lega costretta, giorno dopo giorno, a prendere atto delle decisioni del Governo. Ad oggi contrarie a ipotesi di “aperture” facili.

Salvini difatti sa benissimo che è con le riaperture che potrebbe arrivare quel segnale di discontinuità che la base gli chiede, anche perché sa di non avere alcuna voce in capitolo sui piani vaccinali. Così stando le cose, è necessario chiedersi fino a quando Salvini potrà avere ancora qualche interesse ad appoggiare il Governo Draghi. L’interrogativo nasce soprattutto dal consenso progressivamente eroso dall’altra leader del centro-destra, Giorgia Meloni, che prudentemente è rimasta all’opposizione convinta di lucrare vantaggi elettorali dalla rendita di posizione di cavalcare da sola il malcontento popolare, ancora molto alto. È vero che il gradimento di Fratelli d’Italia non è aumentato come ci si poteva aspettare; tuttavia il dato certo è che, per effetto della perdita dei consensi della Lega, il distacco tra le due principali formazioni di destra è sempre minore. E ciò non può non avere un impatto sugli equilibri tra i due partiti in questione.

Prova ne sia il ritrovato attivismo internazionale del leader leghista, ancora in cerca di una collocazione europea che non si limiti ai rapporti con l’ungherese Orban (fuoriuscito dal PPE) e con il polacco Morawiecki (al bando per le politiche non rispettose dello standard europeo in tema di diritti civili), per tacere delle relazioni pericolose con i neonazisti tedeschi di Alternative für Deutschland. Di contro, Meloni è riuscita a ottenere la leadership del Gruppo dei Conservatori e Riformisti Europei, un partito politico che ha il doppio dei seggi all’Europarlamento rispetto a quello dell’Europa delle Nazioni e della Libertà a cui appartiene la Lega di Salvini. Il leader leghista sta progressivamente perdendo la leadership a destra.

Inoltre su Salvini pesano come macigni i procedimenti penali che, a Catania e a Palermo, lo vedono imputato per i fatti delle navi Gregoretti e Open Arms. Un eventuale rinvio a giudizio, anche in uno solo dei due processi, comporterebbe per Salvini la fine di ogni illusione di poter guidare, come candidato premier, una coalizione di centro destra. Nessun Presidente della Repubblica (chiunque esso sia) conferirebbe infatti l’incarico di formare il Governo a qualcuno sub iudice. E ciò inciderebbe pesantemente, decretandone la probabile fine, sulla carriera politica di Salvini. Resta da attendere la data del 14 maggio, quando il GUP di Catania si pronuncerà sulla richiesta di rinvio a giudizio. Se ciò accadesse, l’esperienza di Governo della Lega probabilmente finirebbe, oppure continuerebbe, ma con un partito a guida Giorgetti.

ANTONIO BUTTAZZO