Gli emigranti italiani che sbarcarono nel secondo dopoguerra avevano un livello di istruzione superiore a quello della prima ondata migratoria  e parlavano un italiano più formale, riuscendo a differenziarlo dallo spagnolo ed evitando miscele linguistiche.

Scrive uno storiografo italiano: "Oltre a parlare i loro dialetti regionali, tendevano ad avere, in maggior o minor  misura, una certa conoscenza dell'italiano standard. È il caso dei valdesi, che parlavano patois, francese e, in misura minore, italiano. Ciò era legato alla situazione in Italia, dove si imponeva l'italiano standard come lingua comune a tutte le classi sociali e l'italiano si stava gradualmente perdendo. Anche se la diffusione dell'italiano standard fosse in aumento, il suo uso non era ancora radicato e non era stata sviluppata una versione colloquiale o informale. Per questo gli immigrati cominciarono a sviluppare una varietà popolare di italiano al di fuori del paese di origine, costretti ad usare quella lingua in modo efficace nelle interazioni orali informali con italiani di altre origini regionali ".

La forte presenza di connazionali nel territorio uruguaiano ha dato origine alla stampa scritta in italiano, avvenuta principalmente dalla metà dell'Ottocento fino ad oggi con GENTE D'ITALIA, Tra gli anni '60 e '70 sono apparsi programmi radiofonici in italiano: «La Rai a cui ricorse conduttori, attori e doppiatori che in questo modo potrebbero anche aiutare a non perdere la pronuncia della bella lingua ", ha affermato il giornalista italo-uruguaiano Federico Guiglia.

Fu proprio la ca ridare un forte impulso alla cultura italiana. L'allora Consiglio Amministrativo della RAI Radiotelevisione Italiana, dopo aver aperto una sede nel 1963 a New York, ritenne opportuno di fare lo stesso in Sudamerica, dove risiedevano molti più italiani che nel Nord. Dal 1965 al 2011 la Sede ha operato attraverso la diffusione di programmi italiani e soprattutto, dopo il 1996 con l'avvento di RAI International, trasformata nel 2007 in RAI Italia.

Intanto, nel 1991, il Centro Assistenza Scolastica Italia Uruguay (CASIU) ha aggiunto l'insegnamento dell'italiano in più di settanta scuole pubbliche uruguaiane situate in zone popolate da discendenti di italiani, raggiungendo circa 14.000 studenti di quarto, quinto e sesto grado. È stata un'iniziativa finanziata dal Ministero degli Affari Esteri italiano. Fino al 2019 i corsi di italiano sono stati tenuti in trentasette scuole primarie, ventiquattro delle quali situate nell'entroterra del Paese, raggiungendo un totale di quattromila studenti. Nel 2006 fu abolito nel paese lo studio obbligatorio dell'Italiano e lo stesso Consiglio dell'Istruzione, ha deciso di abolire lo studio della lingua italiana nelle scuole secondarie, una decisione che ha generato forti critiche da parte dei 150 insegnanti che in quel momento insegnavano la materia, inviando anche una lettera di protesta al Presidente della Repubblica Tabaré Vázquez. Ovviamente, anche il direttore dell'Istituto Italiano di Cultura de Montevideo non fu d'accordo con questa decisione, affermando, nel 2019 che "L'italiano è il patrimonio linguistico, conosciuto o dimenticato, del 40% della popolazione dell'Uruguay"

Oltre all'Istituto Italiano di Cultura, altri I centri che sono stati incaricati dell'offerta dei corsi di lingua sono la Facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze dell'Educazione e la Società Dante Alighieri.

STEFANO CASINI