DI MATTEO FORCINITI

Italia e Uruguay hanno adottato politiche pubbliche contro il coronavirus molto diverse tra di loro pur condividendo una caratteristica, quella del ruolo di centralità occupato dalla scienza. Le esperienze dei due paesi sono state affrontate iel corso di una videoconferenza organizzata dall’Ambasciata italiana di Montevideo in occasione della giornata della ricerca.

Da una parte Silvio Brusaferro del Cts (Comitato Tecnico Scientifico) in Italia, dall’altra Rafael Radi del Gach (Grupo Asesor Científico Honorario) in Uruguay accomunati da un inaspettato protagonismo dettato dalla pandemia nell’affiancare i due governi nella scelta delle politiche da seguire per cercare di contenere la diffusione del virus.

Zona rossa, chiusura totale e coprifuoco: questa la parte parte più dura implementata lungo le due ondate dal modello italiano, primo paese occidentale ad applicare tali misure straordinarie replicate poi in tanti altri paesi.

Diametralmente opposta la strategia scelta dall’Uruguay (dettata da un contesto economico più povero) con chiusure limitate e il costante appello alla cittadinanza verso un uso responsabile della libertà, fedele al suo senso civico e repubblicano: i primi sette-otto mesi dell’emergenza sono stati un successo riconosciuto a livello internazionale, poi pian piano la situazione è cambiata e oggi il paese si ritrova nel pieno della sua prima ondata presentando numeri tra i peggiori al mondo pur mantenendo la sua strategia.

Dietro le decisioni dei governi ci sono stati sempre i tecnici (a volte in sintonia, altre volte in contrasto) attraverso il loro lavoro quotidiano nel seguire e interpretare l’evoluzione dei dati epidemiologici che oggi presentano dati molto diversi tra le due nazioni: in Italia la seconda ondata sembra ormai calare con le prime riaperture graduali dettate dalla necessità, in Uruguay c’è tanta incertezza perché i numeri sono alti anche se la campagna di vaccinazione procede velocissima posizionandosi tra i primi al mondo.

Silvio Brusaferro, portavoce del Cts e presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, ha difeso la linea dura adottata in Italia: “Sono state adottate misure straordinarie inimmaginabili per il sistema democratico in cui viviamo. Gli italiani hanno collaborato in un’esperienza che è stata nuovissima per le nostre vite. Solo adottando il lockdown si può contenere la circolazione del virus”.

Per Rafael Radi, coordinatore del Gach e presidente dell’Accademia delle scienze dell’Uruguay, l’esperienza del gruppo uruguaiano ha rappresentato un “momento importante nel processo di consolidamento di una comunità scientifica indipendente nel paese” che poggia le sue basi su tre decenni di forte crescita.

L’attuale campagna di vaccinazione porta con sé la grande sfida rappresentata delle nuove varianti del Covid 19: a dominare oggi in Italia è quella cosiddetta inglese mentre in Uruguay è ampiamente diffusa quella brasiliana di Manaus. “Sono convinto che si dovrà convivere con queste varianti” ha spiegato Brusaferro. “Il punto è cercare di individuare al più presto le nuove mutazioni, isolare le più pericolose, studiarle e condividere i risultati”.

“È da aspettarsi che in futuro appaino nuove varianti anche alla luce della nostra vicinanza con il Brasile che è un tema di forte preoccupazione” ha affermato Radi. “Oggi abbiamo gli strumenti per scoprire e studiare questi nuovi ceppi e abbiamo il dovere di comunicare bene le informazioni alla società cercando di minimizzare il panico ed evitare allarmismi”.