La triste parabola che accompagna il sipario tra 5 Stelle e piattaforma Rousseau è, per molti versi, la conferma puntuale della crisi dei social. Il sito, in realtà, ha sempre avuto problemi di sicurezza e di funzionalità. Si è posto, spesso, come un alibi per testimoniare il costante rispetto delle decisioni della base ma è rimasto privo della necessaria trasparenza e, quindi, di una seria affidabilità. Si sono sviluppate, tra i vertici pentastellati, profezie sulla democrazia elettronica, sulla progressiva scomparsa del giornalismo, sull’apprendimento digitale. Tutto, oggi, sembra naufragare anche perché al nuovo, assillante bisogno di informazione pandemica, al di là dei siti di informazione online, hanno risposto soprattutto la tv e Facebook, col solito corredo di Twitter, di Instagram e di altre piattaforme social.

In gioco c’è, comunque, oggi, qualcosa di più interessante e profondo. Ed è il rapporto tra politica e web, una realtà che sta mostrando pericolosamente la corda e sfocia progressivamente in un teatrino quotidiano spesso incomprensibile. Al di là dei numeri, al di là dei like, si avverte ormai chiara la sensazione di miraggi sfalsati, di lusinghe sfuocate. Non basta più conteggiare banalmente i propri follower ma bisogna nutrirli con qualcosa di diverso dalla battuta di pochi secondi, dalla foto sul palco, dal piatto di pasta consumato finalmente fuori ad un locale alla moda. Tornando a comunicare, quindi, in maniera sobria. La Prima Repubblica, ricorderete, era molto cauta nel farsi fotografare ed anche in spiaggia, spesso, utilizzava giacca e cravatta. Il senso delle istituzioni, il rispetto dell’elettorato, quel sacro pudore che la politica doveva al mondo che governava erano presupposti saldi e inviolabili.

Oggi, invece, molto resta condizionato dal grillismo comunicativo con il comico che sceglie di esibirsi alla stampa con il casco spaziale per testimoniare che i 5 Stelle non sono più marziani. Una trovata modesta, quell’atterraggio a Roma, a Villa Borghese, nel cuore della Capitale, di un extraterrestre che già Flaiano aveva descritto mirabilmente nel 1954, una riproposta fantasiosa che gli è servita solo a conquistare qualche prima pagina. Ma c’è un dato che fa riflettere, giorno dopo giorno. I social restano la fabbrica delle illusioni. La loro audience resta, comunque, relativa e quel che conta, fortunatamente, resta la vita reale, i rapporti personali, la capacità di interagire senza infingimenti. Lo testimonia Mario Draghi che parla poco, non è presente sui social, sviluppa rare conferenze stampa e resta saldamente al vertice dei sondaggi tra chi fa politica in Italia. L’unico che, al momento, sembra scorgere orizzonti più che confini.

GIUSEPPE SCALERA