Gente d'Italia

Josè Mourinho, è tornato il tornado

 

di Mimmo  Carratelli
Piace, non piace, irrita, affascina, confonde, ingiuria, pirleggia, conquista, declama, sputtana, motteggia, e mai indietreggia, questo figlio di buona Setubal, cittadina portoghese di avventurosi pescatori sull’Atlantico, il grande vittorioso polemico bellillo arrogantuccio spudorato José Mario dos Santos Félix Mourinho, la bocca della verità, il paladino della scontrosità, il principe degli aforismi, il dispensatore di affronti, l’insolente, il predicatore di tattiche e il domatore di uomini, il violinista pazzo di Fernando Pessoa.
Ave, amico dagli occhi furbi, le orecchie furbe, il bel naso furbo, le labbra furbe al vetriolo, la gola furba e profonda. Ave, messia del football arricciato, allenatore di viso corrucciato, di manette ammanettato, filosofo del fallo laterale, poeta del pressing, esegeta dei novanta minuti più recupero, chiosatore dell’offside e notista vocale del penalty-no penalty, predicatore del successo ad ogni costo.
Ave e bentornato nel paese degli arzigogoli, delle convergenze parallele, degli andreottismi, della linea retta che non corre dritta fra due punti ma è un arabesco (Flaiano), il paese della misura in cui, dell’attimino, dell’a prescindere, dell’ad usum delphini, dell’hic et nunc, del condivido ma eccepisco, dei cavalli e dei cavilli di razza, dei cattivi maestri, dei padri della patria, di mani pulite e cervelli fini. Questo paese contorto, questo pallone confuso che hanno bisogno di un hombre vertical.
Benvenuto nella città dei sette re e dei due papi, dei cinque stelle e dei sette colli. Dopo il friccico de luna tutta pe' noi, sei un laser, un raggio di luce, un lampo, un fulmine nel mondo giallorosso imbalsamato da quando Totti, l'amatissimo e il supremo, non è più un fuoriclasse, ma una fiction, un'autobiografia, una notalgia, un arrivederci Roma.
Col colpo di fioretto di una frase, con la durlindana di una risposta, con la scimitarra di una intervista, a caldo, a freddo, oh Special One, hai conquistato e diviso, vinto e umiliato.
Mou, diminutivo dolce come una caramella mou al latte. Mourinho tosto e sanguigno. Mourinho come un condottiero moro. Mourinho come un giovane re berbero. Mourinho. Un nome dolce e affilato. Carinho, hermoso, lindo. Hombre vertical, piaceri orizzontal.
Grazie, Mou, d’essere tornato in questa valle di lacrime e di Var a parlare senza peli sulla lingua, scorretto in un paese di falsi buonisti, purosangue in una nazione di asini di Buridano, sincero in una congrega di ipocriti, schietto in una penisola di voltagabbana.
In questo presepe di re magi che portano odio, incenso e mirra, tu porti chiarezza, libertà, franchezza e dici pane al pano e Dzeko a Dzeko. Non ti nascondi, non ti metti in bilico, non stacchi ma attacchi e se sbagli, pazienza, saranno in mille a rinfacciartelo, ma tu sei così. Prendere o lasciare. Pronto alla guerra perché la pace ti annoia.
Special Mou contro il birignao dei concavi e convessi, dei circonflessi e circonfusi, i romaniprodi del fallo tattico, i rutelli del contropiede, i casini del possesso palla, i massimidalema del dai e vai, i dipietri del rigore. Il calcio peggio della politica. Le eterne maschere della domenica sportiva, il bla-bla-bla, i qui pro quo, i Qui Quo Qua delle panchine, i soliti noti e, peggio, i soliti ignoti.
Grazie di esistere, Mou, nei tuoi giacchini eleganti, nello sguardo fosco, bel tenebroso del bordocampo, quel taglio di capelli appena grigi (“se i capelli sono più corti si vedono le idee che una persona ha nella testa”), le sopracciglia dritte come i tuoi pensieri, le labbra serrate, le smorfie di meraviglia, gli scatti di protesta, il ballo del nervoso, la quiete dopo la vittoria, attore non mimo.
La pioggia non ti bagna, il sole ti rimbalza addosso, stella contro stella, la neve ti accarezza. Dov’è la tua panchina rivive la commedia dell’arte nei gesti originali, nei taccuini tattici, seduto, balzando in piedi, invocando, comandando, disponendo e indisponendo, protagonista assoluto, una manna per le telecamere, una gioia per i nostri occhi stanchi di guardare i pippibaudi e i maurizicostanzi.
L’hai spiegato così: “Una delle cose che mi piacciono dell’Italia è il rumore dei nemici. Ho detto la mia opinione come uomo libero in società libera e subito è arrivato il rumore dei nemici. Fantastico! È una cosa che mi piace, è una sfida che mi piace”.
Molti nemici, molto onore? Non portò bene al Puzzone, ma è storia passata, di quando si giocava col “metodo” e le ali facevano le ali.
E, allora, Josè, Mou, Special One, eccoti, Roma ti aspetta e lassù a Milano hai già il tuo nemico, lo Special One di Lecce, il Lecce Homo, Antonio Conte, uno che cerca nemici per esaltarsi e vincere. Josè Mourinho e Antonio Conte sarà il campionato più bullo del mondo.
Exit mobile version