di Franco Esposito

L’accusa è grave. Esplicitata nel libro scritto dal ricercatore dell’organizzazione mondiale della sanità, dimissionario in polemica dopo il ritiro del suo report ufficiale sulla pandemia. L’Oms ignorò l’allarme, piegandosi agli interessi e ai voleri di Pechino. Titolo del libro di Francesco Zambon, “Il pesce piccolo”, in uscita per Feltrinelli giovedì. Zambon è molto preciso e lucido nel suo atto d’accusa. “Il Covid è stato segnalato in Cina il 30 dicembre 2010. L’ufficio Oms di Pechino venne informato su circa ventisette casi di polmonite eziologica sconosciuta”.

Il particolare nascosto. Anzi di più: si disse che non esisteva una sola possibilità di trasmissione del virus da uomo a uomo. Mentre l’Italia, già in occasione dell’epidemia di Sars, nel 2006, il ministero della Salute e le regioni avevano approvato “una preparazione nazionale contro l’influenza pandemica, ma la pianificazione è rimasta più teorica che pratica”.

Zambon scrive di una sfida senza precedenti. Ovvero la prima risposta dell’Italia al Covid 19. Quel report completo che non esiste più, ritirato poche ore dopo la pubblicazione. Una questione politica. “In Cima forse non avevano gradito. E neppure in Italia”. La procura di Bergamo ha avviato un’inchiesta che vede al centro dell’indagine il direttore vicario dell’Oms. Ranieri Guerra è accusato di aver fornito false dichiarazioni. Evidenti e rumorosi, all’ epoca, i contrasti di opinione con il medico veneto Francesco Zambon, il dirigente Oms che si era adoperato nella stesura del report. “Il pesce piccolo” rivela retroscena e misteri. Ma rappresenta soprattutto un drammatico spaccato scritto sulla pandemia. “Fino a quel momento l’Oms aveva segnalato solo nove casi, diventati improvvisamente settantasei. Vo’ Euganeo, Codogno e i focolai esplosi. L’Italia era spacciata, una situazione non più riparabile”.

Gli errori commessi sono presenti nelle date. “I 22 gennaio l’Oms comunicava l’esistenza di un virus in grado di trasmettersi da uomo a uomo”. Il piano nazionale pandemico del 2006 mai aggiornato. Zambon è convinto che si potessero fare tante cose, mai fatte. “Le mascherine andavano stoccate, non donate. Bisognava formare il personale sanitario italiano”. Ma questo sarebbe bastato a salvare l’Italia dalla pandemia? “Certo che no, ma avrebbe potuto ridurre i danni. E non di poco. Un problema non solo italiano, ma internazionale”.

Zambon à molto circostanziato nella rappresentazione di quello che resta un pesante mistero. “Taiwan ha raccolto informazioni in maniera autonoma il 31 dicembre. Dalla Cina nessuna notificazione, proprio niente. Nessuna informazione sull’infezione di un virus nuovo. “Taiwan non è uno stato membro della Cina. Ma nello stesso giorno ha allertato l’Oms, che solo il 21 gennaio ha preso atto della situazione infettiva trasmissibile da uomo a uomo”.

Sorda l’Oms, scrive Zambon, “per ragioni politiche”: Taiwan pare abbia avuto la migliore reazione al virus. “Dodici morti a tutt’oggi”. Segnalatore di entrambi i ritardi, medico veneziano, in quel suo report che scatenerà accuse e contraccuse, polemiche aspre, gelosie. “Poche righe a pagina 2 di un lavoro collettivo. Ogni parola era verificata e nessuno ha mai messo in dubbio la qualità scientifica del lavoro. Il problema, ripeto, è stato tutto di natura politica, come emerge dagli atti della procura di Bergamo”.

Il report è stato ritirato sotto le pressioni cinesi. Forse perché ritenuto troppo critico con l’approccio italiano. “Un imperdonabile errore dell’Oms. La domanda che cerco di porre è molto semplice: l’Oms si occupa di salute o fa politica? La Cina è notoriamente allergica alle discussioni, ma dovrebbe essere netto il dovere di capire in maniera chiara cosa è accaduto”.

Zambon auspica risposte migliori a protezione di tutti i cittadini del mondo. “Il Covid ha dato l’opportunità di affrontare nodi cruciali. Riguardano l’Oms, ma innanzitutto la nostra vita e il nostro futuro”.

Riguardano tutti noi. I pesci piccoli del libro di Francesco Zambon.