Di OTTORINO GURGO

Il tempo passa rapidamente e sempre più s'avvicina la scadenza che è destinata a incidere radicalmente, almeno sulla carta, sulla nostra vita pubblica. Ci riferiamo all'elezione del Presidente della Repubblica in programma per gli inizi dell'anno prossimo, per la quale le forze politiche già cominciano a prendere posizione. Quel che saggezza suggerirebbe è che, ad un così importante appuntamento si giungesse prescindendo dagli interessi di parte, con una soluzione concordata che puntasse ad ottenere il maggior numero di consensi possibile, tenendo conto che il Capo dello Stato non è e non può essere espressione di una parte soltanto. E soprattutto è auspicabile che possa essere evitato il deprimente spettacolo - già verificatosi, in passato, in più di una occasione - di interminabili votazioni nelle quali nessun candidato riesce ad ottenere la necessaria maggioranza. È possibile trovare una soluzione che eviti che l'elezione del Presidente della Repubblica si trasformi in una sorta di rodeo? Abbiamo già avuto modo di rilevare, su queste stesse colonne, che, sino a qualche tempo fa, veniva considerato quasi per scontato che al Quirinale dovesse andare Mario Draghi. Ora, tuttavia, la situazione sembra, almeno in parte, modificata poiché nel Pd è cresciuto il timore che, trasferito Draghi alla presidenza della Repubblica, la poltrona di Palazzo Chigi, possa essere "conquistata" dal centrodestra ed anche nell'ex presidente della Banca centrale europea, sembra affiorare qualche remora dato che l'Europa chiede a gran voce ch'egli resti sino al 2023 alla guida del governo. Proprio in virtù di queste considerazioni, un'ipotesi che potrebbe prender corpo nelle prossime settimane è quella di chiedere a Sergio Mattarella di prorogare la data del suo mandato, sino alla scadenza naturale della legislatura. A più riprese l'attuale capo dello Stato ha escluso una simile eventualità. Ma Mattarella - e lo ha più volte dimostrato - appartiene a quella categoria di uomini che, ove lo richieda l'interesse nazionale, sono pronti ad accantonare i desideri personali. Non si può quindi escludere che, qualora le circostanze lo richiedessero, possa accettare di protrarre sino al 2023 la propria permanenza al Quirinale, come fece, a suo tempo, Giorgio Napolitano. A premere per una soluzione di questo tipo concorrono almeno due elementi: da un lato l'opportunità di non sottoporre il paese, già duramente provato, ad un trauma quale indubbiamente sarebbe il radicale mutamento dell'assetto politico; dall'altro la pressione che su di lui eserciterebbero sia il Ps, sia soprattutto l'Unione europea favorevole, come abbiamo detto, a che Draghi resti al suo posto e che certamente non vedrebbe di buon occhio che lo sostituisse Matteo Salvini. Il mondo politico non può non chiedersi, allora, se l'indisponibilità a protrarre il mandato, ipotesi rifiutata da Mattarella debba essere considerata irreversibile. E i più ritengono che alla politica non possa essere applicata la vecchia regola del “mai dire mai".