Un'altra grande voce della musica italiana si è spenta per sempre: ci ha lasciati Franco Battiato, il cantautore siciliano, originario di Jonia, morto all'alba nella sua casa di Milo, ai piedi dell'Etna, vicino a Catania, dopo una lunga malattia e una grave caduta avvenuta qualche tempo fa.

Aveva compiuto 76 anni lo scorso 23 marzo e da un anno non compariva tra la gente. A lanciare il primo tweet della triste notizia è stato Antonio Spadaro, attuale direttore della rivista Civiltà Cattolica: "E guarirai da tutte le malattie Perché sei un essere speciale. Ed io, avrò cura di te. Ciao, Franco Battiato". Autore di tantissime canzoni, era uno dei cantautori più originali del panorama musicale italiano, spaziando tra diversi generi, dalla musica pop a quella colta, toccando momenti di avanguardia e raggiungendo una grande popolarità.

Era 50 anni che Battiato reggeva il top della musica da quando, trasferitosi a Milano dalla Sicilia, ebbe il primo contratto discografico grazie al suo grande amico Giorgio Gaber che tra l'altro, insieme a Caterina Caselli, lo ospitò nella sua prima apparizione televisiva, nel 1967, nella trasmissione "Diamoci del tu". Il successo immediato gli ha consentito una grande libertà d'azione e di pensiero, una certa ironia e una vena di provocazione, come quando Crocetta nel 2013 lo nominò assessore alla cultura della Regione Sicilia per un breve periodo e lui prima non volle essere retribuito e poi se ne andò in maniera burrascosa.

Un'esperienza che non ha minato la sua adesione sincera alla sinistra, come testimoniato dal brano "Povera patria", uno dei più intensi ritratti del degrado del nostro Paese. Negli anni '70 ha prodotto album sperimentali come "Fetus" e "Pollution" che hanno fatto scoprire all'Italia le risorse della musica elettronica, le concezioni più avanzate del rock e le contaminazioni con i grandi autori di musica contemporanea. Allora era mascherato, abnorme, col volto trasfigurato dai trucchi, provocatore come quell'epoca. Poi cambiò stile, si mise a scrivere canzoni, anche se il primo dei dischi del nuovo stile, "L'era del cinghiale bianco", non era certamente popolare ma, al contrario, colto, ipnotico, intrigante con un linguaggio che assomigliava al montaggio cinematografico.

Lo stesso timbro che si ritrova nel suo secondo album "Patriots", con brani quali "Venezia-Istanbul" e "Prospettiva Nevski", un mix di melodie e parole, un viaggio dentro culture limitrofe alla nostra. Il Pirandello della canzone divenne riflessivo con i brani "E ti vengo a cercare", "L'oceano di silenzio" "Centro di gravità permanente", "Voglio vederti danzare", "La stagione dell'amore", "Up patriots to arm" e "La cura", solo per citarne alcuni tra i tanti, entrati di diritto nella storia della musica italiana, con ambigui testi di amori quotidiani e celesti. Battiato ormai è un intellettuale tutto tondo, studia l'arabo, diventa un cultore del Mediterraneo, coltiva con altri artisti la musica siciliana, diventa regista di film, autore di opere incredibilmente aliene e anche quelle lontane dagli stereotipi classici, pittore, generoso benefattore di giovani musicisti al cui appello non ha mai saputo né voluto resistere, autore di canzoni per altri e soprattutto per tante voci femminili che ha coltivato come una passione, da Alice a Milva.

L'elenco delle sue collaborazioni va da Claudio Baglioni ai CSI, da Enzo Avitabile a Pino Daniele, dai Bluvertigo a Tiziano Ferro, Celentano, Subsonica, Marta sui Tubi, senza contare il decisivo ruolo svolto nelle carriere di Giuni Russo. Sin che ha potuto, è stato un riferimento e un modello di originalità per tanti giovani, incuriositi dalla sua intelligenza. Negli ultimi tempi aveva incrementato la ricerca sulla spiritualità in senso largo, non solo cristiano. Pochi mesi fa era uscito il suo ultimo album, una ristampa, a distanza di 40 anni dalla prima uscita, del suo famosissimo album "La voce del padrone". Indiscrezioni sulla possibile malattia di Battiato erano iniziate a circolare con l'uscita del suo ultimo "vero" album, "Torneremo ancora" ed erano state alimentate in particolare da Roberto Ferri, amico e storico collaboratore del maestro siciliano, che in un'intervista aveva dichiarato, non senza scatenare polemiche: "Cercano di tenere in vita qualcosa che è già morto".

Come uomo aveva un carattere allegro ma spigoloso, molto critico con le persone poco colte, molto protettivo verso chi aveva obiettivi precisi non solo in campo musicale. Per questo l'atto della scrittura musicale era per lui quasi un rito, una sacralità, una creazione capace di portarci vicino alla verità sull'esistenza. I funerali avverranno in forma privata.

DI MARCO FERRARI