di Mimmo Carratelli

18 maggio: compleanno straordinario dell'Inafferrabile Ingegnere, padrone del Napoli per oltre 33 anni lasciando sulla città l'impronta di due scudetti e di 60 palazzoni al Rione Alto. 102 scalini per impossessarsi del Napoli - Le otto epoche storiche del più lungo regno nel mondo occidentale - Maradona e Palanca, il più e il meno.

La trottola gira. Gira ancora. Ha ridotto la velocità, ma non s'è fermata. Corrado Ferlaino, l'Inafferrabile. Ingegnere-trottola, costruttore-trottola, guidatore-trottola su Appia Zagato, Fulvia HP, Porsche, De Sanctis e Ferrari GTO delle sue corse automobilistiche, pilota-trottola di aerei senza avvitarsi, turista-trottola in Africa e Rio de Janeiro, presidente-trottola del Napoli, amatore-trottola irrinunciabile. Non stava fermo per più di cinque secondi. Oggi si ferma per cinque minuti, non di più. 

In questo 18 maggio, giorno in cui il Padreterno guarda stupefatto che tipo di uomo gli è scappato di mano, Corrado Ferlaino, dàn, è al novantesimo giro della sua vita da pistard della medesima. Novant'anni. Non li dimostra, balla ancora agevolmente il cha-cha-cha. Irrequieto da sfuggire a se stesso. 

Figlio di un calabrese di Nicastro, l'ingegnere Modesto, grand'uomo, e madre milanese, nascendo in via Arcoleo a Napoli, Corrado Ferlaino ha abitato dieci case, costruito cento palazzi, sposato quattro mogli, avuto cinque figli e tre cani fedelissimi (il lupo Tizio, l'alano Cornelia e Caio morto prematuramente), assunto 26 allenatori, ingaggiato 309 giocatori, stipendiato 14 direttori sportivi e acceso 500 ceri nella basilica di San Gennaro a Pozzuoli, come aveva promesso, quando il suo Napoli vinse la prima partita importante, contro l'Inter. 

Era il 9 febbraio 1969 al San Paolo, 3-1 degli azzurri con due gol di Canè e uno di Montefusco. Ferlaino era diventato presidente il 19 gennaio. 

Si impossessò del Napoli gabbando Lauro, che l'aveva "pesato" subito ("'o guaglione nun è fesso"), e Roberto Fiore, il presidente di Sivori, Altafini e centomila cuori. A metà gennaio 1969, salì di corsa i 102 scalini dei tre piani del palazzo numero 209 di via Manzoni dove abitava Aurora Sandoval, la vedova venezuelana di Antonio Corcione che era stato uomo del Comandante e presidente del Napoli per breve tempo (1968). 

La signora Sandoval era in possesso del 30 per cento di azioni del Napoli per 36 milioni di lire lasciatele dal marito. Dalla vedova Corcione Ferlaino andò su suggerimento di Lauro per prendersi quelle azioni. Il Comandante voleva far fuori Fiore, la cui popolarità al tempo di Sivori e Altafini lo aveva irritato, agevolando Ferlaino che, a sua volta, con garbato cinismo fece fuori il Comandante e Fiore. 

Ad Aurora Sandoval Ferlaino sventolò un assegno di 80 milioni per le azioni che, come detto, ne valevano 36, e l'affare fu concluso immediatamente. L'Ingegnere era salito dalla vedova d'accordo, si fa per dire, con Roberto Fiore e i suoi amici: avrebbero gestito il Napoli insieme. Fiore deteneva il 21 per cento delle azioni del Napoli. 

I fratelli Raffaele e Francesco Mercadante, amici di Fiore, non fidandosi di Ferlaino, raggiunsero il terzo piano di via Manzoni 209 per controllare l'Ingegnere, ma avendo preso l'ascensore furono bruciati dalla "lepre" Corrado che aveva salito le scale a quattro a quattro ed era arrivato prima. 

I Mercadante entrarono nell'appartamento di Aurora Sandoval quando Ferlaino aveva già in tasca le azioni di Corcione. Scese in strada e a Fiore che gli chiese: "Abbiamo comprato?", rispose: "Abbiamo? Io ho comprato".

Sconfitto, Fiore vendette successivamente le sue azioni a Ferlaino per 185 milioni. 

'O guaglione s'era cacciato in un enorme pastrocchio. Col 51 per cento delle azioni, fra quelle della vedova Corcione (30 per cento) e le altre di Fiore (21 per cento), divenne il padrone del Napoli. A Lauro, socio ormai di minoranza, usò la cortesia di rimborsare il credito di 430 milioni, che il Comandante vantava dal Napoli, più i 168 vantati dal figlio Gioacchino, naturalmente prelevandoli dal bilancio azzurro. 

Cuore tenero, Ferlaino ha detto un giorno: "Io ho sempre rispettato Lauro. Gli volevo bene. Credo sia stato il più grande napoletano che abbia conosciuto"

Insomma si può calcolare che l'Ingegnere sborsò in tutto 265 milioni per diventare il Re Sole del Napoli. Padrone, presidente, amministratore, azionista di riferimento e finto dimissionario, dittatore azzurro di più lunga resistenza al comando (33 anni, un mese e 12 giorni) rispetto a Mussolini (21 anni al potere), Stalin (29), Napoleone (15), inferiore solo a Fidel Castro (49 anni). 

Ferlaino ha cavalcato la "tigre" azzurra (come chiamava il Napoli, una tigre indomabile e indebitata, soggetta ai venti della fortuna e dei risultati e ai rapporti di forza nella giungla del pallone) da quando aveva 38 anni (gennaio 1969) fino a che ne ebbe 71 (il 12 febbraio 2002 apparve per l'ultima volta al Campo Paradiso, andandosene su un'auto giapponese). 

Su una intera pagina di molti giornali, il figlio Luca (con le cifre messe insieme da Carletto Iuliano che inventò l'ufficio stampa nelle società di calcio e lo resse nel Napoli per 35 anni, fedelissimo dell'Ingegnere) sintetizzò così la vita calcistica di Ferlaino: "34 campionati, 1050 partite, 1251 punti, 1221 gol, 230 partite di Coppa Italia, 80 partite internazionali, 1.300.000 abbonati, 10 milioni di spettatori, 2 scudetti, c 2 retrocessioni, 1 promozione e mezza". 

La casistica dell'Ingegnere si può arricchire di altre cifre: le finte dimissioni del 1971 e del 1983, il momentaneo abbandono del 1993, quattro bombe incendiarie sotto casa, cinque squalifiche per sedici mesi e quattordici giorni. 

Nella storia di Napoli svettano i 60 palazzoni del Rione Alto, l'impronta più massiccia di Ferlaino sul territorio urbano, e i due scudetti con Maradona, impressi per sempre nel cuore della città. 

Si possono enumerare otto epoche storiche del regno azzurro di Corrado Ferlaino. Dal 1969 al 1973. La rivoluzione arancione, la presa della Bastiglia laurina, il 25 luglio di Fiore, l'assestamento nel mondo del calcio. In completo azzurro carta da zucchero nella prima apparizione all'Hotel Gallia di Milano, sede del calciomercato. 

Beppe Chiappella allenatore brontolone di Rogoredo e il tentativo di scudetto rintuzzato a Milano (l'Inter, l'arbitro Gonella). Dodici mesi sull'Aventino affidando la presidenza all'ingegnere Ettore Sacchi promettendogliela per tre anni e riprendendogliela dopo otto mesi. Un terzo posto, prima medaglia. Zoff e Altafini ceduti alla Juve. 

Dal 1973 al 1980. L’età del ferro da battere finché è caldo. Rivoluzione copernicana del gioco del calcio dell’allenatore di temperamento e ombre Luis Vinicio, apparizione di emergenza del “petisso” Pesaola e apparizione fugace del ragazzo di Mergellina Gianni Di Marzio. 

Sfuma lo scudetto con la squadra di Vinicio per il deplorevole 1-2 con la Juve a Torino, Josè Altafini core ‘ngrato. Sfuma l’acquisto epocale di Paolo Rossi. 

Realizza l’acquisto sensazionale di Beppe-gol Savoldi alla cifra-record di due miliardi di lire che disturba il Nord dal quale giunge l’invito a togliere la munnezza da Piazza Municipio anziché sperperare soldi nel calcio. Ma Enzo Biagi scrive: “Napoli va male non perché compra Savoldi, ma perché non può vendere i Gava”. 

Dal 1980 al 1982. L’età breve. Epoca passeggera. Terza illusione di scudetto. La presenza gentile dell’allenatore Rino Marchesi e il fascino del difensore olandese Ruud Krol che gioca col passo elegante di un indossatore dal “San Paolo” alla “Mela”, il ritrovo notturno in via dei Mille. L’Ingegnere si assicura l’acquisto dei piedi più piccoli della serie A, quelli di Massimo Palanca che calza il 36 ed è perciò definito piedino di fata. 

Dal 1982 al 1985. L’età del bronzo e delle facce di bronzo. Scuotono il regno di Corradino le tempeste di due salvezze risicate, prima Pesaola e poi Marchesi al capezzale azzurro. Un Piper sorvola lo stadio invocando la cacciata dell’Ingegnere e il ritorno di Juliano dopo il divorzio fra i due per incompatibilità di carattere. 

Scoppiano bombe di minaccia davanti all’abitazione presidenziale. Corrado si lascia andare allo scoramento. Annuncia e attua le seconde dimissioni del suo lungo regno. Non si dimette mai veramente. Affida il Napoli a Marino Brancaccio, persona squisita e ingenua, che viene disarcionato dopo cinque mesi. 

L’Ingegnere torna in sella. Intanto, spunta all’orizzonte il fiammeggiante Diego Armando Maradona. Deliri e tammurriate dopo una prima stagione di ambientamento. L’ingaggio dell’asso argentino senza uguali riempie una intera estate di sì, forse, no, arriva, no, eccolo. Avanti e indietro fra Napoli e Barcellona sull'aereo in noleggio esclusivo pilotato dal comandante Alessandro Plaga. 

Juliano gran testardo vuole il fuoriclasse a tutti i costi. Il costo del supremo giocatore è pari a 14 miliardi di lire. Bonifici, telex, trucchi, trucchetti e poi il volo rapido dell’Ingegnere dall’Italia alla Spagna per concludere la trattativa. 

Nascono, a Napoli, figli che si chiamano Diego. Gran lavoro di barbieri e parrucchieri per acconciare le teste dei ragazzi napoletani a immagine e somiglianza della fronda di riccioli irresistibili del pibe. 

Dal 1985 al 1991. L’età dell’oro. Si eleva alla gloria delle vittorie storiche. Due scudetti fanno vibrare il “San Paolo”. Italo Allodi costruisce il Napoli campione d’Italia. C'è Pierpaolo Marino. Compare Moggi al completo di sigari e telefonini e Marino se ne va. A Ferlaino spunta una lacrima sul viso e gli si apre un immenso vuoto di bilancio perché gli scudetti costano quattro volte quello che si incassa (149 miliardi al botteghino e in abbonamenti, però lordi, nei sette anni di Maradona, ma ingaggi alle stelle). Non ci sono ancora i diritti televisivi a fare polpa. Coppa Uefa, trionfo europeo. 

Dal 1991 al 1994. L’età del salice piangente. Sopravviene lo smarrimento del pibe de oro. L’artista della “rabona” cade nella trappola del doping, non più protetto, tradito. Si registra l’addio del piede sinistro dei nostri cuori. Orgoglioso colpo di coda dell’Ingegnere per conquistare uno scudetto senza Maradona, ma con l’acquisto di Fonseca (8 miliardi e 400 milioni) sconquassa definitivamente le casse sociali. 

Bamboli non c’è più una lira e i debiti raggiungono altezze vertiginose. Dopo l'intralcio di Tangentopoli, le banche non mollano più soldi e chiedono a Ferlaino di rientrare nelle esposizioni. Si esibisce il fine dicitore francese della difesa Laurent Blanc. Passa e se ne va Marcello Lippi che Napoli lancia verso una carriera meravigliosa. Passa la mano l’Ingegnere nei tempi sempre più cupi lasciando il Napoli al vecchio Ellenio Gallo. Invocato dal duce federale Matarrese e dal sindaco di tutti i napoletani Bassolino, mentre la piazza è incerta, l’Ingegnere torna, ma siamo quasi al requiem. 

Dal 1994 al 1997. L’età della pietra e di pietre scagliate da chi è con molti peccati. È segnata dal principio della fine, dalla nostalgia per il pibe perduto, dalla confusione irrimediabile, da una salvezza, la terza, a sei giornate dalla fine del campionato, garantita in punta di piedi dal tranquillo Simoni, da addii e ripensamenti e dall’impareggiabile Vujadin Boskov che recita massime memorabili a Soccavo. 

Dal 1997 al 2002. L’età dei crisantemi. Fissa il dissolvimento del regno, l’abbandono di tutte le riscosse, la mancanza di tutte le risorse, il caos, la rumba di quattro allenatori, l’apparizione di Calimero Corbelli, il patimento della prima e della seconda retrocessione. 

Passeggera riscossa con Walter Novellino, allenatore di Montemarano dove fioriscono i ciliegi, e i gol di Stefan Schwoch, una specie di Buffalo Bill di Bolzano. Un nubifragio devasta il “San Paolo” ed esilia il Napoli a giocare lungamente in periferia. E’ È la fine, preceduta dall’apparizione di Zeman, poi sostituito con Mondonico, uomo di fiume refrattario al mare, che realizza la seconda discesa all’inferno. Viene ingaggiato Edmundo, re del Carnevale di Rio e calciatore occasionale, ultimo coriandolo del carnevale napoletano. 

L’Ingegnere precisa: “Edmundo lo volle Corbelli, consigliato non so da chi. Lui stava a sentire Moggi che gli proponeva autentici bidoni. Uno fu Sesa. Poi Pacheco che pare non avesse la milza o qualcosa del genere, insomma il fegato gli funzionava male”. 

Corrado lascia il Napoli il 14 febbraio 2002 ed entra Toto Naldi, cavaliere equestre che sarà disarcionato da un ciuccio con le orecchie ormai abbassate. 

Dall'arrivo di Maradona al fallimento, vent'anni. Ma Ferlaino non c'è più nel Napoli. Ha evitato il naufragio e l'ignominia. S'è preso quello che gli spettava e si è ritirato nelle ventidue stanze del Corso Vittorio Emanuele, angolo via Tasso. 

Queste le epoche, questa la storia. 

L'Ingegnere ha 90 anni e il Napoli ne ha 95. Siamo diventati vecchi. Ma poiché al cuore non si comanda, un milione di auguri all'Inafferrabile e Irripetibile Ingegnere. Ci siamo rincorsi e, beh, ci siamo voluti bene. 

"Aah, la vita ... più bello della vita non c'è niente, e forse tanta gente non lo sa". Canta Shirley Bassey. Suona la London Symphony Orchestra. 

Balliamo, Ingegnere?