I giovani manifestano insoddisfazione per la gestione dell'emergenza sanitaria, percepita come confusionaria. Il 78% chiede maggiore chiarezza nella comunicazione e più capacità di ascolto. Resta comunque alta la fiducia in medici (36%), scienziati (19%) e decisori politici (18%). Per superare l'emergenza sanitaria i giovani considerano prioritario il ruolo della ricerca per nuovi vaccini e farmaci (81%), seguito dalla gestione equilibrata dei decisori politici (53%) e da una corretta comunicazione (30%).

Sono alcuni dei dati emersi dalla Ricerca sulla fiducia dei giovani nella scienza, condotta dalla Fondazione Mondo Digitale con il supporto del Dipartimento di Economia politica e statistica dell'Università degli Studi di Siena. La ricerca ha coinvolto 4.000 studenti che hanno partecipato al progetto Fattore J, il primo curricolo per la scuola italiana che aiuta i giovani a sviluppare intelligenza emotiva, rispetto ed empatia verso le persone che vivono una situazione di grave disagio o sono affette da malattie.

Un'importante operazione sociale per stimolare il cambiamento culturale e di mentalità a partire dalle nuove generazioni, promossa dalla Fondazione Mondo Digitale con la collaborazione di Janssen Italia e il patrocinio dell'Istituto superiore di Sanità.

Il progetto, elaborato prima della pandemia, è stato poi trasformato in corso d'opera e si è rivelato una preziosa piattaforma di condivisione e dialogo tra giovani, medici, malati e operatori delle associazioni di pazienti e familiari. Ha così permesso a 12.000 giovani di rinforzare gli anticorpi per difendersi dall'analfabetismo scientifico, dalle dicerie e dalle false notizie sulla salute.

Sono tanti gli esperti che hanno scelto di dedicare il loro tempo al confronto con gli studenti e diverse le loro specializzazioni, dall'epidemiologia di Massimo Galli alla psichiatria di Paolo Crepet. Per i giovani uno scienziato è autorevole soprattutto se "comunica bene", spiega in modo chiaro concetti difficili e motiva in modo ragionevole le sue convinzioni. E sono queste le caratteristiche che gli studenti hanno trovato nei medici e nei ricercatori che hanno "abitato" le aule digitali insieme a loro, nei diversi incontri formativi e negli eventi regionali.

Nel corso dell'emergenza sanitaria, durante il lockdown e nella fase successiva, i giovani che hanno partecipato al progetto hanno modificato i propri comportamenti basandosi soprattutto sulle linee guida ufficiali, seguite dai suggerimenti dei familiari e dalle opinioni di esperti. Solo all'ultimo posto tra i criteri di riferimento i giovani hanno indicato le opinioni condivise sui social. Questo dato ci aiuta a capire il rischio di giudicare i giovani in base a stereotipi.

La scuola può offrire un modello alternativo ai social e ai talk show che durante la pandemia non hanno svolto un buon servizio pubblico per i cittadini presentando un'immagine confusa della scienza e della ricerca scientifica. Sul Corriere della Sera dello scorso 7 maggio l'esperto di sociologia delle scienza Massimiano Bucchi ha indicato quattro buoni motivi per ridurre la presenza di scienziati in tv, tra cui l'appiattimento del contributo scientifico, considerato alla pari di tutte le altre opinioni. Un grave danno per l'immagine pubblica della scienza.

Al contrario, i giovani che hanno risposto al questionario, nonostante il "frullato comunicativo" della infodemia, sono capaci di orientarsi, di riconoscere una fonte autorevole e di apprezzare una comunicazione scientifica chiara e precisa.

A oggi Fattore J è solo un intervento pilota, che ha raggiunto un numero limitato di giovani (oltre 100mila con la campagna comunicativa). Mentre vengono programmate le attività per il prossimo anno, ci auguriamo che i giovani, già vaccinati contro l'analfabetismo scientifico, siano in grado di appassionare altri coetanei alla ricerca e all'approfondimento di informazioni corrette.