A tutta birra verso il 2022! Così marcia Donald Trump dopo che i suoi sostenitori al Congresso gli hanno servito su un piatto d’argento la testa di colei che l’ex presidente considerava la traditrice numero uno, Liz Cheney. Da qualche giorno ex capogruppo dei repubblicani alla Camera, per aver osato votare contro il presidente accusato di aver facilitato con le sue parole l’assalto al Congresso del 6 gennaio.

Ma Cheney non è tipa da uscire di scena in silenzio: “Non possiamo lasciare che l’ex presidente ci renda suoi complici nel tentativo di danneggiare la nostra democrazia”, ha detto ai colleghi prima che questi con il loro voto le dessero il benservito. Domenica Cheney era ospite di tutte le maggiori trasmissioni politiche americane, le più seguite della settimana. Fissando le telecamere ha scandito con calma il suo messaggio: “Quello che Trump sta facendo con i suoi ripetuti attacchi alla Costituzione è pericoloso e va denunciato”.

La deputata dello Stato del Wyoming non è una novellina sulla scena politica americana: suo padre Dick, era il numero due di George W. Bush e da vicepresidente è stato alla testa della lunga e impopolare offensive militare contro l’Iraq. Ma ora la figlia non si presenta come l’erede di una potente dinastia politica. Quanto piuttosto come una martire, che paga un prezzo alto per aver espresso in modo libero il suo pensiero. In questo modo spera di raccogliere il consenso di quanti nel partito repubblicano non sono d’accordo con Trump: fondamentale in vista del voto di Midterm, fra 540 giorni.

A più di un anno da quell’appuntamento, possiamo già dire che l’esito della corsa per la riconferma di Cheney in Wyoming sarà un test importante per dire dove va il partito Repubblicano nell’era Biden: e quanto potere Trump conserva ancora su di esso. Tradizionalmente, il favorito per vincere le elezioni di metà mandato è il partito di opposizione: se il pronostico fosse confermato, per Trump parlerebbe di una grande vittoria e userebbe l’appuntamento per rilanciare il suo brand e quindi ribadire di voler correre di nuovo alle presidenziali del 2024.

Ma non c’è solo il fattore Cheney da considerare: il numero di deputati e senatori democratici che hanno già detto che non si ripresenteranno è alto e mette in ballo diversi seggi. Per non parlare del fatto che ci sono Stati, come la Florida e il Texas che hanno visto il numero dei loro seggi salire in seguito al censimento del 2020: e che al momento sono controllati dai repubblicani. Una cosa è certa: la cacciata di Liz Cheney può essere considerata il fischio di inizio della campagna verso l’8 novembre 2022, data delle elezioni di midterm. La sfida per Trump è compattare di nuovo dietro a sé donne, repubblicani progressisti e rappresentanti delle minoranze. Conservatori sì, ma di una razza diversa da quella dell’ex presidente: che in Cheney ora potranno trovare una voce alternativa alla sua.

di JOHN FIEGENER