di Matteo Forciniti

È stato un violento soffocamento a uccidere Luca Ventre. Questa la tesi sostenuta dalla perizia del medico della Procura di Roma nominato dal pm Sergio Colaiocco che sta indagando sulla vicenda del 35enne italiano morto il primo gennaio dopo essere entrato all’interno dell’Ambasciata di Montevideo scavalcando il cancello.

Come riportato da Il Messaggerola ricostruzione della Procura è un atto di accusa molto pesante nei confronti delle parti uruguaiane chiamate in causa a partire dal poliziotto coinvolto nel placcaggio fino al medico legale accusato di non aver indagato a fondo.

La consulenza del perito indica una concausa nel decesso a motivo della precedente assunzione di cocaina da parte di Ventre ma sostiene che in primo luogo “la morte sia stata determinata da un’asfissia meccanica violenta ed esterna e i mezzi che l’hanno prodotta si identificano nella prolungata costrizione del collo che provocò un’ipossia celebrale, dal quale è derivato il grave stato di agitazione psicomotoria e l’arresto cardiaco irreversibile” avvenuto pochi minuti dopo in ospedale. Il poliziotto che si trovava all’interno dell’Ambasciata italiana adesso è indagato dalla Procura con l’accusa di omicidio preterintenzionale.

Oltre alle responsabilità dirette dell’agente, però, gli investigatori italiani puntano il dito anche contro il medico legale uruguaiano: nella prima autopsia effettuata il 4 gennaio venne esclusa l’asfissia come causa di morte e il decesso venne attribuito a un generico “delirio agitato in un contesto di consumo di cocaina”.

Nella sua relazione, il professore Giulio Sacchetti contesta il lavoro svolto a Montevideo in occasione della prima autopsia criticandone la conclusione: “Si rivelano mancati accertamenti della dottoressa Natalia Bazan Ernandez che concludeva che le lesioni (al collo, ndr) erano superficiali e non spiegavano il decesso”. Il medico legale italiano ha esaminato con precisione il collo di Luca Ventre proprio perché in Uruguay non era stato oggetto di approfondite analisi: “Abbiamo eseguito la dissezione completa degli organi del collo che ha evidenziato la mobilizabilità preternaturale dell’osso ioide e della cartilagine tiroidea. Risultanze queste possibili solo a fronte di un’azione restrittiva sul collo, esercitata con notevole forza, che ha impedito la penetrazione dell’aria nelle vie respiratorie con sindrome asfittica documentata dalla presenza delle macchie di Tardieu”.

Le indagini di Roma coincidono con quanto hanno sempre sostenuto i familiari della vittima che hanno parlato fin dal primo momento di omicidio. “Prima vittoria ottenuta. Un primo grande passo verso la giustizia” ha commentato Fabrizio Ventre, fratello della vittima aggiungendo: “Spero che ci sia un poderoso sforzo diplomatico nei confronti delle autorità di Montevideo, anche in virtù di ciò che è emerso dall’indagine italiana, in merito all’esame autoptico uruguaiano, dove si sosteneva che Luca fosse morto per un malore e non invece strozzato da un loro poliziotto”. Per la famiglia il rischio evidente è che l’inchiesta possa finire verso l’archiviazione se il poliziotto accusato di omicidio non venisse estradato in Italia: “Vediamo se l’Italia deciderà di stare dalla parte della verità e della giustizia o continuerà a voltarsi dall’altra parte anche adesso di fronte alle prove e alle evidenze scientifiche che non lasciano dubbi”.