Il pentito Giovanni Brusca, l'ex boss di San Giuseppe Jato, lascia il carcere. Ha finito di scontare la pena e da oggi l'ex killer di Cosa nostra che il 23 maggio 1992 azionò il telecomando per la strage di Capaci è un uomo libero. Nel pomeriggio, come scrive l’Espresso online, “u verru” (il porco) come era soprannominato negli ambienti mafiosi ha lasciato il carcere di Rebibbia.

Brusca è stato scarcerato per effetto della legge del 13 febbraio del 2001 grazie alla quale per lo Stato italiano ha finito di scontare la propria pena detentiva. Avendo scelto di collaborare con la giustizia ha ottenuto gli sconti di pena previsti dalla legge.

Figlio di Bernardo Brusca, capo del mandamento di San Giuseppe Jato, dopo la sua morte ne ereditò il comando e il prestigio mafioso.Per la fredda ferocia il suo delitto più terribile rimane quello del piccolo Di Matteo. "Allibertativi du cagnuleddu" (liberatevi del cagnolino), ordinò Brusca. Suo fratello Enzo Salvatore lo teneva per le braccia, Giuseppe Monticciolo per le gambe, Vincenzo Chiodo lo strangolò. Poi venne sciolto nell'acido. Fu uno dei tanti omicidi commessi e ordinati dal boss di San Giuseppe Jato che grazie al suo pentimento ha evitato l'ergastolo e ha scontato una condanna a trent'anni. Tale era il distacco nel commettere i più feroci delitti che quando gli chiesero quante persone avesse ammazzato, rispose "Meno di duecento, il numero preciso non lo ricordo".Anche sul suo pentimento molti dubbi furono sollevati, sia per le molte mancanze, sia per il trattamento considerato troppo magnanimo per l'uomo che fece saltare in aria Falcone e la sua scorta, sciolse nell'acido il piccolo Di Matteo e si accusò di centinaia di omicidi. Fu vago e contradditorio sul papello e la trattativa, fu silente per anni sulla figura di Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri. Nei mesi scorsi la Cassazione respinse il ricorso del capomafia stragista che chiedeva di trascorrere l'ultimo periodo di detenzione ai domiciliari. Oggi Brusca ha finito di pagare il suo debito con la giustizia.

"Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata - dice Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone - Mi auguro solo che magistratura e le forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere, visto che stiamo parlando di un soggetto che ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia assai tortuoso. Ogni altro commento mi pare del tutto inopportuno".

"La stessa magistratura in più occasioni ha espresso dubbi sulla completezza delle rivelazioni di Brusca, soprattutto quelle relative al patrimonio che, probabilmente, non è stato tutto confiscato: non è più il tempo di mezze verità e sarebbe un insulto a Giovanni, Francesca, Vito, Antonio e Rocco che un uomo che si è macchiato di crimini orribili possa tornare libero a godere di ricchezze sporche di sangue" afferma Maria Falcone.

"Sono indignata, sono veramente indignata. Lo Stato ci rema contro. Noi dopo 29 anni non conosciamo ancora la verità sulle stragi e Giovanni Brusca, l'uomo che ha distrutto la mia famiglia, è libero. Sa qual è la verità? Che questo Stato ci rema contro. Io adesso cosa racconterò al mio nipotino? Che l'uomo che ha ucciso il nonno gira liberamente?...". Tina Montinaro è la vedova di Antonio Montinaro, il caposcorta di Giovanni Falcone. Ha appena appreso della scarcerazione di Giovanni Brusca e non nasconde la sua amarezza.

"Dovrebbe indignarsi tutta l'Italia e non solo io che ho perso mio marito - dice- Ma non succede. Queste persone vengono solo a commemorare il 23 maggio Falcone e si ricordano di 'Giovanni e Paolo'. Ma non si indigna nessuno". Per Tina Montinaro, che oggi è in Polizia a girare per le scuole per raccontare chi era il marito, l'angelo custode di Falcone, tutta la Sicilia "dovrebbe scendere in piazza". "Sono davvero indignata e amareggiata - dice - Quando questi signori prendono queste decisioni, come la scarcerazione di Brusca, non pensano a noi familiari, non pensano alle vittime".

"Lo Stato non sta dando un grande esempio - dice - Abbiamo uno Stato che ha fatto memoria per finta. Mancano le parole. Cosa c'è sotto? A noi la verità non è stata detta e lui è fuori e loro continuano a dire perché ha collaborato... E' incredibile. O ha detto una verità che a noi non è stata raccontata". Insomma, per Tina Montinaro "c'è una giustizia che non è giustizia, allora è inutile cercare Matteo Messina Denaro, noi continuiamo a fare memoria, mi sa che c'è uno Stato che ci rema contro, una politica che ci rema contro...".

"E' una notizia che sicuramente non mi fa piacere. E' un'offesa per le persone che sono morte in quella strage. Secondo me dovevano buttare via le chiavi". Così Giuseppe Costanza, autista del giudice Falcone scampato alla strage di Capaci, commenta con l'Adnkronos la scarcerazione per fine pena di Giovanni Brusca.

"Sono trascorsi 29 anni da quel giorno, ma né Falcone, né la moglie, né i ragazzi della scorta potranno mai ritornare in vita - aggiunge - Che Paese è il nostro? Chi si macchia di stragi del genere per me non deve più uscire dalla galera". Se avesse la possibilità di farlo cosa direbbe all'uomo che azionò il telecomando che causò l'esplosione? "Niente. Non mi sento neppure di avvicinarmi a una persona del genere".

“Autore della strage di Capaci, assassino fra gli altri del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido perché figlio di un pentito. Dopo 25 anni di carcere, il boss mafioso Giovanni Brusca torna libero. Non è questa la 'giustizia' che gli Italiani si meritano” dice il leader della Lega, Matteo Salvini.

Giorgia Meloni commenta: "Il boss di Cosa Nostra Giovanni Brusca - lo 'scannacristiani' che ha 'commesso e ordinato personalmente oltre centocinquanta delitti', ha fatto saltare in aria il giudice Falcone e la sua scorta e ha ordinato di strangolare e sciogliere nell'acido il piccolo Di Matteo - è tornato libero. È una notizia che lascia senza fiato e fa venire i brividi. L'idea che un personaggio del genere sia di nuovo in libertà è inaccettabile, è un affronto per le vittime, per i caduti contro la mafia e per tutti i servitori dello Stato che ogni giorno sono in prima linea contro la criminalità organizzata. 25 anni di carcere sono troppo pochi per quello che ha fatto. È una sconfitta per tutti, una vergogna per l'Italia intera".