Buongiorno Direttore,
Grato se vorrà pubblicare quanto segue.

La regola maestra quando la Magistratura lavora, come sta accadendo in Italia e Uruguay riguardo alla tragica morte di Luca Ventre, è quella di fornirle totale collaborazione e, nel rispetto del segreto istruttorio, tacere, soprattutto pubblicamente. La chiamata in causa mia e dell'Ambasciata sul Suo giornale, richiede tuttavia alcune precisazioni. Fin dal mattino del 1° gennaio stesso, ci siamo messi a disposizione degli investigatori sia in Uruguay che in Italia. Così come dallo stesso giorno siamo entrati in contatto con il Padre di Luca e poi con la Madre. Da allora col primo, l’unico familiare in Uruguay, i contatti continuano e sono stati a ritmo settimanale se non quotidiano e con vari incontri. Inoltre abbiamo svolto e stiamo conducendo ogni possibile sensibilizzazione delle istituzioni uruguaiane (Governo, Parlamento e Magistratura) perché venga condotta, in un contesto di auspicabile
collaborazione tra le Procure dei due Paesi, un’indagine accurata e approfondita, per individuare chiaramente eventuali responsabilità.

Giovanni Iannuzzi
Ambasciatore d'Italia in Uruguay

A OGNUNO IL PROPRIO MESTIERE
Egregio ambasciatore Iannuzzi,
ci viene da dire "a ognuno il proprio mestiere". Quanto accaduto all’interno appunto dell’ambasciata di Montevideo da lei diretta è una vicenda che, come senz’altro sa già, dal punto di vista giornalistico non può essere sottaciuta. A differenza, ci mancherebbe, della magistratura che magari preferisce lavorare in sordina. E ci sta. Ma la regola maestra del giornalismo, se ci permette, è di pubblicare le notizie, anche se talvolta scomode. Nel numero in edicola sabato, abbiamo pubblicato la dura nota del Cgie che in pratica ha chiesto alla Farnesina di darsi una mossa e abbiamo intervistato il fratello del povero Luca Ventre. Abbiamo riportato, insomma, due notizie: non ci siamo inventati nulla di particolare, sono gli sviluppi di un episodio di cronaca nera. Siamo certi che l’ambasciata sta contribuendo sia con l’indagine interna che con quella di Roma e lei, nella mail indirizzata a noi, ha scritto che c’è una collaborazione “per individuare chiaramente eventuali responsabilità”. Bene, è quello che chiediamo anche noi: arrivare alla verità dei fatti affinché si scopra chi ha dato l’autorizzazione al poliziotto armato a entrare all’interno dell’ambasciata quando non ne aveva le facoltà (tutore dell’ordine che poi - secondo le indagini della magistratura italiana - si è macchiato dell’omicidio dell’uomo). Ripetiamo,
abbiamo svolto il nostro compito di cronisti che danno spazio anche a casi del genere e non solo alle classiche veline che fungono da ufficio stampa del tipo ‘oggi tizio è andato a visitare questa struttura e per lui sono stati solo applausi’ oppure ‘ieri caio ha inaugurato la mostra di pincopallo e per lui sono stati solo applausi’. Ripetiamo, più che giusto che la magistratura indaghi, ma è altrettanto sacrosanto che un giornale non taccia. In Italia, da settimane, ci sono paginate e paginate sulla tragedia della funivia del Mottarone: ci sono le indagini in corso e nello stesso tempo ci sono inchieste, servizi, interviste. Ripetiamo, ognuno faccia il proprio mestiere, lei il suo, noi il nostro. Adesso l’importante è spiegare ai parenti di Ventre tutte le cause che hanno portato alla sua morte, di sicuro c’è che non meritava la fine che ha avuto.

Domenico Porpiglia