di Fabrizio Cicchitto

Adesso che si è chiusa formalmente la vicenda dei Marò non possiamo fare a meno di riproporre degli interrogativi che convalidano la dura protesta delle mogli dei due militari italiani a cui va la nostra solidarietà. Dopo l'incidente che costò la vita ai due pescatori indiani, e la cui dinamica è tutt'altro che chiara, ancora dobbiamo capire perché la petroliera italiana Enrica Lexie fu fatta rientrare nel porto di Kochi nel Kerala e quindi in acque indiane mentre il fatto si era verificato in acque internazionali.

A prendere questa demenziale decisione fu la proprietà della nave che faceva molti affari con gli indiani o ci fu un assenso da parte della Marina militare? Intendiamoci: la legislazione in materia sostenuta dal ministro della Difesa dell'epoca La Russa era un bel pasticcio e non assicurava compiutamente l'autonomia dei militari italiani che pure facevano ai privati l'enorme favore di proteggere le loro navi. Su questo ancora siamo in attesa di una parola chiarificatrice della Marina Militare.

Ancora più pesanti sono gli interrogativi riguardanti le vicende successive: nel febbraio 2013 l'India concesse a Girone e La Torre un permesso per ritornare in patria.

A un certo punto l'allora ministro degli Esteri Giulio Terzi annunciò che i fucilieri non avrebbero più fatto ritorno in India. Di fronte alla reazione del governo indiano che limitò la libertà di movimento all'ambasciatore italiano Daniele Mancini, una ritorsione che comunque non andava sopravvalutata, invece il governo italiano subito manifestò la sua subalternità annunciando che i marò avrebbero fatto ritorno a Nuova Dehli.

Il comportamento complessivo del governo Monti sulla materia fu semplicemente disgustoso e ha pregiudicato anche quello che è avvenuto successivamente fino al pagamento di un milione di euro che implica il riconoscimento che nella sostanza abbiamo torto. È da capire se sulla vicenda ha esercitato un'eco rilevante l'interesse a continuare a far affari con l'India.

Nel complesso il ministro degli Esteri Di Maio non ha alcuna ragione di dichiararsi soddisfatto ma a tanti anni di distanza sarebbe interessante capire le reali responsabilità nella vicenda, tenendo conto che comunque quelle del presidente del consiglio dell'epoca sono politicamente decisive.