di MARCO FERRARI

Uno sguardo sul mondo, quello proposto dalla prestigiosa sede "Casa dei Tre Oci" di Venezia, alla Giudecca, dove è in corso la retrospettiva "Mario De Biasi. Fotografie 1947-2003". C'era un tempo in cui le riviste era molto lette e tra queste primeggiava "Epoca" dove De Biasi (Belluno, 2 giugno 1923 – Milano, 27 maggio 2013) entrò nel 1953 come fotoreporter, ruolo che ha svolto fino agli anni Ottanta girando praticamente tutto il pianeta nei suoi punti caldi, dalla rivolta d'Ungheria del 1956 alla New York negli anni Cinquanta passando per il cinema di Hollywood e Cinecittà, ritraendo dive quali Marlene Dietrich, Brigitte Bardot e Sophia Loren. La mostra, che resterà aperta sino al 31 luglio, è curata da Enrica Viganò in collaborazione con l'Archivio Mario De Biasi, organizzata da Civita Tre Venezie con Admira e promossa dalla Fondazione di Venezia.

Frutto di ricerca nell'archivio De Biasi, l'esposizione raccoglie 216 fotografie, metà delle quali inedite, e procede diacronicamente per nuclei tematici attraverso dieci sezioni, passando per il racconto dei grandi eventi storici, i viaggi esotici, i ritratti di personaggi potenti e famosi, le scene di vita quotidiana, i volti anonimi, sfociando poi nel concettuale e nell'astratto. Sostiene Enrica Viganò: "Si sentiva la necessità di una mostra antologica che celebrasse il talento di Mario De Biasi in tutte le sue sfaccettature: il fotoamatore neorealista, il fotoreporter, il testimone della storia, il ritrattista di celebrità, l'esploratore di mondi vicini e lontani, l'artista visuale, l'interprete di madre natura, il disegnatore compulsivo e creativo. Tutto il suo lavoro è un inno alla vita". Tra le curiosità anche la sequenza "Gli Italiani si voltano", realizzata nel 1954 per il settimanale di fotoromanzi "Bolero Film" e scelta dal compianto Germano Celant come immagine guida della sua mostra al Guggenheim Museum di New York, "The Italian Metamorphosis 1943-1968", con Moira Orfei vestita di bianco nel centro di Milano, che attira lo sguardo di un gruppo di uomini. A Venezia si possono vedere anche le immagini dello sbarco sulla luna, i ritratti di Federico Fellini e Maria Callasreportage a Hong Kong, in Sud America e in India. L'ultima sezione si concentra sull'amore per la natura, una specie di "poesia visiva". 

L'incantevole "Casa dei Tre Oci" ospita poi due mostre collaterali, sino al 5 settembre, dedicate a John Pawson e Veronica Gaido, organizzate dal cantiere Sanlorenzo, tra i principali al mondo nella produzione di yacht e superyacht, con stabilimenti alla Spezia, Ameglia, Massa e Viareggio, che oramai personalizza ogni prodotto in termini di design, confort, allestimento, elementi artistici e decorativi. Sotto l'attenta regia di Sergio Buttiglieri, Style Director del gruppo Sanlorenzo, i più grandi architetti, designer e artisti mettono il loro ingegno a disposizione di coloro (beati loro) che possono permettersi un superyacht in tempi di pandemia. Buttiglieri ha convinto uno dei principali architetti britannici, John Pawson, a cimentarsi con una barca di lusso. I risultati della sua "poesia spaziale" sono esposti alla Casa dei Tre Oci di Venezia, tempio della fotografia, a integrare il grande omaggio a Mario De Biasi. Nei prestigiosi spazi della Giudecca, Pawson si è ritagliato due sale sotto il segno di "A point of view": il minimalismo del suo progetto di barca di lusso e quello della sua casa di campagna. Ne scaturisce una perfetta integrazione tra spazio, proporzione, luce e materiali, oltre alla ricerca dell'essenziale mediante l'omissione del superfluo.

"Solo quando un progetto non può più essere migliorato per sottrazione, l'obiettivo è raggiunto" spiega il catalogo. Pawson, 72 anni, ha alle spalle una lunga correlata di ideazioni, dal Cannelle Cake Shop di Londra al Monastero di Nový Dvůr nella Repubblica Ceca, dall'Hotel Puerta America di Madrid alla Medina House di Tunisi sino alla passerella sul lago all'interno dei Giardini Botanici Reali di Kew. Un metodo di cura meticolosa dei dettagli che ritroviamo negli schizzi del nuovo superyacht di metallo, un esempio di lusso nella semplicità. "Fin dall'inizio – ha spiegato Pawson in sede di presentazione - il mio lavoro si è concentrato sulla creazione di luoghi in cui lo sguardo è libero di viaggiare. È questa libertà di movimento che rappresenta il cuore della mostra che ho realizzato con Sanlorenzo". E in effetti le due parti espositive giocano tutto sulla ricerca della chiarezza spaziale e sulla definizione della semplicità dentro un a macchina complessa come un'imbarcazione d'alto mare. I riflessi tra luci e ombre, vuoto e pienezza creano una scenografia essenziale sia nella casa dell'artista che nella casa galleggiante del futuro proprietario dello yacht.

"Il suo processo creativo – scrive Buttiglieri - è fondato su l'atto di ridurre ripetutamente fino a raggiungere il punto in cui non è possibile ottenere alcun miglioramento ulteriormente raffinatezza. Quando il campo visivo ha questa chiarezza, tutto ciò che è posto al suo interno contribuisce o toglie dalla qualità dell'intensità spaziale: tutto - non semplicemente le componenti architettoniche più ovvie di un stanza - diventa un veicolo per generare atmosfera". Accanto a Pawson, si può scrutare il lavoro meticoloso e originale di Veronica Gaido che ci introduce nel cantiere grazie alla mostra "Dedalo" nelle Sale De Maria della Casa dei Tre Oci. L'artista sceglie volutamente un racconto sfumato, in stile impressionistico, appunto un dedalo, perché sa condurci in questo labirinto da cui vengono partoriti gli yacht. "I percorsi tra i ponteggi, le sagome degli stabilimenti, i pontili, le impalcature, le gru, tutto trasfigurato, anche grazie al sapiente uso dei droni, in questa onirica dimensione che sembra viaggiare su un inedito asse Z al posto dei canonici X e Y, ci raccontano al meglio la complessità del cantiere navale Sanlorenzo" spiega la Gaido rimandando al pensiero filosofico di Zygmun Bauman, osservatore della post-modernità e delle sue fuggevoli mutazioni. Dinamiche che questa esposizione, con un allestimento curato dallo Studio Lissoni in collaborazione con Alpi, Artemide e Bellotti, riesce a farci percepire, mostrandoci la segreta bellezza delle forme e l'iconicità delle strutture del cantiere, intrise di preziose artigianalità, senza ricorrere al prodotto finale. In queste forme espanse e liquide c'è il racconto del mondo nella nautica e della sua evoluzione verso l'arte e il design contemporaneo.