Se nell’anno 1510 avessi chiesto a un professore di storia dell’Universitá di Salamanca che evento straordinario si era prodotto nel 1492, l’esperto mi avrebbe sorriso e risposto: “Semplice, abbiamo espulso i mori dalla Spagna, ma per l’impresa di Cristoforo Colombo. Allo stesso modo, se oggi chiedessi ad un collega universitario qual é stato l’evento di maggiore peso nell’anno 1989, mi risponderebbe: “Semplice, la caduta del muro di Berlino”.

Penso che nei prossimi secoli l’anno 1989 non si ricorderá per la caduta del famoso muro, ma perché un altro grande navigatore - l’inglese Tim Berners Lee - costruí in quell’anno il linguaggio HTTP, che consentí le prime comunicazioni per internet. Timothy, com’é meglio noto tra gli amici, é considerato il padre della WWW, che - se non lo sapete - vuol dire Word Wide Web, la “grande ragnatela mondiale”. É stato proprio lui ad aprire le infinite rotte per navigare in Internet.

A lui dobbiamo il fatto di poterci comunicare in tempo reale con il mondo e navigare nelle pagine che offre la web. Questo fatto mi ricorda un tecnico della RAI che conobbi a metá degli anni ’90. Fu il primo fanatico, che ricordo, di Internet e della WWW e mi disse con convinzione: “Nel futuro anche la patria sará virtuale”. La presi come l’affermazione di un matto: oggi riconosco che il matto aveva giá capito quale sarebbe stata la presenza di Internet nel mondo. Infatti la Patria come la intendevamo una volta - la nazione, l’inno e le storie di guerrieri - continua ad essere quella di prima; ma se per Patria intendiamo la nostra cultura, i nostri gusti, i rapporti con gli altri, il modo di vivere e di valutare il bene e il male, allora la Patria non é piú la nazione, ma é il mondo.

Viviamo in una patria globale, perché internet ci ha consentito di navigare verso dimensioni prima sconosciute, passando dalle ristrette dimensioni localiste agli spazi globali. Nel 1989 piú che il muro di Berlino, é caduto il muro delle dimensioni locali: abbiamo - grazie ad Internet - acquistato l’ubiquitá necessaria per alternare in frazioni di tempo, qualsiasi spazio del globo: parliamo con un amico nella nostra cittá e pochi minuti dopo siamo in Europa per collegarci con un parente, e ancora frazioni di tempo e siamo negli Stati Uniti o in Brasile per partecipare in una lezione di postgrado o semplicemente comprare un pezzo di ricambio dell’automobile.

A volte rifletto se Internet é un bene o un male. Vedo i giovani che aprono ogni volta meno libri, ma che sanno un po’ di tutto e di tutti. Gli spazi della WWW ci permettono sapere ogni cosa, anche se poi dimentichiamo rapidamente quelle conoscenze che non hanno avuto tempo di attecchire alla nostra mente. Internet ci permette di capire che in teoria possiamo accedere a tutto (informazioni, prodotti, servizi, etc.), ma allo stesso tempo conferma le nostre limitazioni e quindi crea motivi diversi di frustrazione. Penso che Internet e le tecnologie piú straordinarie a cui ha dato origine (algoritmi, software, intelligenza artificiale, etc.) sono ambivalenti.

Cosí succedeva nel passato con il radio scoperto dai coniugi Curie, che serve per le bombe atomiche e per curare i tumori o la dinamite, che apre gallerie e uccide. Viviamo una nuova dimensione, in cui si aprono illimitate porte, ma che nei fatti difficilmente possiamo attraversare. Ma é chiaro é che a partire dai protocolli di Berners Lee (straordinario navigatore come Cristoforo Colombo) oggi non possiamo immaginare la vita senza internet. Tra le difficoltá piú grandi che trovo quando parlo a giovani ventenni é poter spiegare che é esistito un mondo diverso a quello che loro hanno conosciuto attraverso la www. Spiego che studiavo da giovane scrivendo con la penna su un quaderno e loro mi guardano con tenerezza, proprio come io immagino l’uomo delle caverne quando dipingeva una immagine sulla roccia. Insomma, le cose sono cambiate: se nel passato io ripetevo le parole di Plutarco: “Navigare necesse est, vivere non necesse”, oggi devo adeguarmi. “Navigare in internet, necesse est, vivere non necesse”.

JUAN RASO