Di Matteo Forciniti

È stato -e continua a essere- un ruolo importantissimo quello che la donna friulana ha ricoperto nel corso del tempo, specialmente nell’ambito dell’emigrazione. Una testimonianza di queste lunghe vicende che abbracciano diverse epoche storiche è stata data giovedì sera in occasione della videoconferenza virtuale “Le donne friulane attraverso il tempo” organizzato da Efasce, l’Ente Friulano dell’Uruguay.

Nella sua lunga esposizione sull’argomento, la professoressa Lucia Todone è partita dal primo periodo della grande emigrazione compreso tra il 1876 e il 1914 che vide partire il 13% (circa 2mila uomini) della popolazione friulana alla ricerca di un futuro migliore in varie parti del mondo, dall’Europa alle Americhe. In Uruguay, in quegli stessi anni, circa il 4% della popolazione italiana proveniva da questa regione di confine, punto di contatto tra culture e lingue diverse.

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“All’epoca la situazione era molto dura ed emigravano prevalentemente gli uomini” ricorda la professoressa. “La donna restava sola e doveva incaricarsi della famiglia, dei bambini e degli anziani, ma anche del duro lavoro dei campi, degli animali e delle piantagioni. Il suo ruolo è stato fondamentale per la tenuta di queste famiglie”.

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Dalla fame alla guerra, la sofferenza è proseguita con il terrore del primo conflitto mondiale che “provocò la morte di oltre 25mila friulane e lasciò conseguenze drammatiche, specialmente per i bambini rimasti orfani”. A distinguersi per il loro coraggio, in questo periodo, furono le portatrici carniche, ovvero quelle donne che operarono lungo il fronte della Carnia trasportando pesanti cesti con rifornimenti e munizioni per i loro uomini impegnati in battaglia. Una delle portatrici più celebri è stata Maria Plozner Mentil, uccisa nel 1916 e omaggiata nel 1997 con il conferimento della medaglia d’oro al valor militare.

Continuando dal fascismo alle prime rivendicazioni di carattere sociale, nella conferenza è stato descritto il protagonismo avuto dalle donne friulane prima della seconda guerra mondiale, “soprattutto nella campagna per l’alfabetizzazione e nelle proteste contro il caro prezzi”. Un altro contributo determinante è stato quello per la “promozione dei corsi di cucito, un modo per dare nuove opportunità e così abbandonare il duro lavoro dei campi”. Tra le figure più distaccate di questi anni troviamo la geologa Silvia Zenari e la fotografa Tina Modotti, quest’ultima una delle migliori testimonianze di una storia di successo di emigrazione proseguita nel tempo. “La guerra, ancora una volta, lasciò vedove tantissime donne alcune delle quali decisero di emigrare per il bene delle proprie famiglie devastate dalla situazione”.

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Altra pagina importante della storia delle donne friulane è quella della Resistenza che vide coinvolte, tra le altre, Virginia Tonelli e Cecilia Deganutti, due partigiane che diedero la vita per combattere il fascismo ricevendo in seguito la medaglia d’oro al valor militare.

Tra le figure più distaccate all’interno dell’emigrazione del secondo dopoguerra abbiamo la compositrice Violaine Corradi, la scrittrice Syria Poletti e la stilista Loredana Giacomini.

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“Tutte queste donne” -ha concluso la relatrice- “hanno contribuito a trasformare la moderna società friulana. In particolare le donne migranti hanno sempre cercato di mantenere viva la loro identità e le loro tradizioni pur integrandosi alla perfezione nelle società dei paesi di residenza. Il loro è stato un lavoro silenzioso che per troppo tempo non è stato riconosciuto”.