DI STEFANO CECE

La Cina e la libertà di stampa. Si scherza ovviamente, ma poi non c’è da scherzarci troppo. Il principale quotidiano di opposizione di Hong-Kong, Apple Daily, è andato in edicola per l’ultima volta. In tantissimi si sono catapultati nei vari punti vendita per acquistare l’agognata ultima copia, con selfie annessi. Una richiesta che ha sbalordito anche gli editori, con lunghe file già dalle prime ore del mattino. Un milione le copie stampate, roba da fantascienza nell’Italia della carta stampata. Alle 10 (le 4 in Italia) le copie disponibili erano già state polverizzate. Dalla mela morsicata alla mela fatta marcire.

“L’Apple Daily è morto”, ha scritto il vicedirettore del giornale Chan Pui-man in un messaggio di addio ai lettori: “La libertà di stampa è diventata la vittima della tirannia”, ha aggiunto.

La settimana scorsa la polizia di Hong Kong ha accusato due dirigenti del giornale che erano stati arrestati con uno spettacolare blitz di 500 agenti, di “collusione con un Paese straniero o con elementi esterni per mettere in pericolo la sicurezza nazionale”. Le autorità hanno inoltre congelato asset del valore di 2,3 milioni di dollari di beni di proprietà di tre società collegate alla testata.

Da sempre apertamente critico nei confronti del regime cinese, il quotidiano di Hong Kong era l’ultimo baluardo di un’opposizione molto aspra verso il governo di Xi-Jinping. Tutto chiuso, dunque, redazione, sito e social connessi al giornale, come la buona tradizione di censura vuole che si rispetti. Troppo forti gli atti di repressione perpetrati all’indirizzo della linea editoriale per pensare di resistere: arrestato l’editore Jimmy Lai, il direttore responsabile e parte della dirigenza. In manette anche uno dei principali editorialisti, Tseung Kwan O, che scriveva con lo pseudonimo di Li Ping.

Non è un bel momento per il giornalismo, non è mai una bella giornata quando chiude un giornale. Qualunque giornale.