Quando si gioca al Gioco del Trono, o si vince o si muore. Il match decisivo del Gioco del Trono americano si svolge in queste ore, e il partito Democratico, nonostante controlli la Casa Bianca ed entrambe le camere del Parlamento, sembra sull’orlo di incassare una sconfitta molto pesante. Martedì il Senato ha definitivamente affossato la proposta di legge nota come For the People Act, un disegno che, secondo il Brennan Center for Justice “trasformerebbe la nostra democrazia rendendola più giusta, forte ed inclusiva”. Comprende oltre 800 pagine di misure per pareggiare il sistema elettorale e renderlo omogeneo a livello federale, dalla registrazione automatica degli elettori all’introduzione di nuove regole sul finanziamento ai partiti, dall’eliminazione dell’odiosa pratica del gerrymandering, cioè ridisegnare i distretti per minimizzare il peso del voto delle minoranze, all’obbligo per i candidati presidenziali di pubblicare le denunce dei redditi. Non occorre specificare quale partito la ha proposta e quale partito la ha bloccata. Il For the People Act sarebbe stata la risposta democratica alla valanga di disegni di legge di matrice repubblicana, 253 in 43 diversi Stati per la precisione, che dopo la sconfitta alle elezioni più partecipate della storia americana, quelle del 2020, tentano di rendere più difficile l’accesso al voto. Sarebbe stata ma non sarà, perché il For the People Act ha terminato la sua breve vita martedì, bloccato dal solito pantano del filibuster, la regola che vige al Senato degli Usa secondo la quale non è possibile procedere al voto di una legge se almeno il 60% dei senatori non è concorde. Se facessimo una conta dei sorpresi, che si aspettavano un diverso esito, il totale ammonterebbe a uno zero bucato: era evidente che i senatori repubblicani non avrebbero mai permesso di procedere al voto di quel tipo di legge, che hanno descritto come un tentativo inelegante e vistoso da parte del partito dell’asinello di “truccare ogni elezione permanentemente in loro favore” (parole di Mitch McConnell, leader repubblicano della minoranza al Senato). Ma se passare una legge che protegga il diritto di voto e assicuri che nessuno Stato metta in atto pratiche che limitano l’accesso ai seggi è una assoluta priorità dell’amministrazione Biden, perché proporre questa versione del disegno di legge, di così ampio respiro, senza modifiche, senza compromessi, in altre parole destinata al patibolo? La risposta, a giudicare dal comunicato rilasciato da Joe Biden poco dopo la sconfitta in Senato, è che i democratici hanno cercato di farne una questione morale, portando avanti a tutta forza la proposta di legge dal più alto valore etico possibile, la protezione del diritto di voto, sperando così di superare ogni reticenza interna e convincere il manipolo di indecisi a modificare le regole del Senato per proteggere la democrazia stessa. Be’, non ha funzionato. Le regole del Senato non sono cambiate, occorre e occorrerà ancora una supermaggioranza di 60 voti per poter procedere all’approvazione di qualsiasi futura proposta e così, in sordina ma sotto gli occhi di tutti, l’agenda politica di Biden è stata ipotecata almeno fino alle elezioni di metà mandato del 2022. Fine primo tempo, 1-0 per i repubblicani. Il secondo tempo della partita si gioca alla Corte Suprema, dove si attende a giorni la decisione sul caso fondamentale, Brnovich v DNC, in cui si valuta se due leggi dell’Arizona, che limitano il voto per posta e prevedono l’esclusione delle schede consegnate al seggio sbagliato siano incostituzionali, in violazione del Voting Rights Act perché colpirebbero soprattutto le minoranze, specie neri e nativi. Tutti i maggiori analisti politici prevedono che la Corte si schiererà a favore dell’Arizona. Il caso verte quindi sulla violazione del diritto di voto delle minoranze, ma l’avvocato del partito repubblicano ci ha tenuto a precisare in aula che la questione è ben altra. “Sono interessata a capire perché il partito repubblicano è in questo caso” – gli ha domandato la giudice Barrett – “qual è l’interesse del partito repubblicano qui nel mantenere, ad esempio, l’invalidazione dei voti consegnati al seggio sbagliato?”. La risposta dell’avvocato è stata una boccata di onestà: “perché ci dà uno svantaggio competitivo rispetto ai Democratici. La politica è un gioco a somma zero”. In altre parole: non vogliamo penalizzare i neri o i nativi, vogliamo cambiare le regole per vincere, non per discriminare. “Quando si gioca al Gioco del Trono, o si vince o si muore”. Se lasci fare le regole agli altri, probabilmente si muore.