La sicurezza vale di più dei diritti degli italiani in Uruguay. È questa la posizione assunta dal Ministero degli Esteri nei confronti dell'Ambasciata italiana di
Montevideo anche alla luce della tragica vicenda avvenuta con la morte di Luca Ventre.
"Attendiamo a breve l’inizio della missione di un carabiniere" ha annunciato nei giorni scorsi il capo della cancelleria consolare Alberto Amadei nel corso della seduta del Comites. Una presenza, questa, "necessaria per la protezione della sede e anche per la costruzione del nuovo ufficio consolare" i cui lavori sono appena iniziati. Ovviamente, ha ammesso lo stesso Amadei, "un solo carabiniere non basterà a garantire la sicurezza della sede che continuerà comunque a contrattare una società di vigilanza locale" per questo compito.
Le motivazioni della scelta della Farnesina sono facilmente riconducibili alla clamorosa figuraccia dimostrata il primo gennaio e che si è conclusa con la morte di un cittadino italiano colpevole sì di aver scavalcato il cancello ma non da meritare la morte visto l’atteggiamento pacifico mostrato nei video. Secondo la ricostruzione della Procura di
Roma Luca Ventre è stato soffocato dalla violenta e prolungata manovra di un poliziotto uruguaiano attualmente indagato e intervenuto quella mattina in circostanze ancora poco
chiare. Ma al di là di questa drammatica storia della quale si stanno occupando i magistrati, l’arrivo di un carabiniere italiano in Uruguay impone una seria riflessione sulla considerazione che l'Italia ha di questo paese e dei suoi cittadini da tempo abbandonati. Lo si capisce dagli investimenti fatti negli ultimi anni: i servizi consolari, la cultura e l’assistenza hanno vissuto tagli pesantissimi a differenza delle spese per la sorveglianza dell’Ambasciata che sono notevolmente aumentate (e lasciamo perdere i risultati).
Come ha recentemente denunciato il Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all'Estero) le sedi diplomatiche si sono trasformate in bunker proprio come è successo a Montevideo
considerata da tempo una sede disagiata non per la sicurezza ma per i servizi consolari: qui - così come altrove, specialmente in Sud America - manca il personale necessario per far
fronte alle richieste di una popolazione numerosa. Il problema è noto da tempo, eppure di soluzioni ancora non se ne vedono perché il numero di funzionari continua ad essere inadeguato e la nuova palazzina in costruzione non potrà fare miracoli. Il cantiere, tra l’altro, è partito proprio in un momento di grosse difficoltà con il servizio di cittadinanza sospeso, più di 500 appuntamenti cancellati e il sistema on line delle prenotazioni che soffre continui “problemi tecnici”. Per il Ministero degli Esteri le priorità invece sono altre, la sicurezza dei pochi viene prima dei diritti della maggioranza.

Matteo Forciniti