di Lucio Fero

Il Pd di Zingaretti segretario aveva scelto e indicato Giuseppe Conte come “punto di riferimento dei progressisti” e come il più accreditato candidato premier del centro sinistra. Nella visione strategica e nella pratica quotidiana del Pd di Zingaretti c’erano l’alleanza strategica con M5S incarnata e incardinata nel nome e nell’azione di Giuseppe Conte.

Il Pd di Zingaretti aveva comunicato al paese e ai suoi elettori che Giuseppe Conte non era stato un premier per caso, scelto da Di Maio e Salvini perché nel governo Lega-M5S nessuno dei due poteva fare il premier e allora andava cercato e trovato uno sconosciuto di buona volontà e massima disponibilità. Non premier per caso e neanche più “avvocato del popolo orgogliosamente populista” come Conte avvocato diventato premier ebbe a dire e rivendicare.

E neanche premier e firmatario delle leggi che firmava Salvini. Per il Pd di Zingaretti Giuseppe Conte diventato una sorta di reincarnazione di Prodi. Un Prodi con in più la dote enorme del 30 e passa per cento dei voti M5S da portare alle nozze con il Pd. Era questo il Pd di Zingaretti, quello di Letta riguardo a Conte aveva solo smussato l’intensità dell’adorazione, non la valutazione strategica.

La favola del bambino che, solo, gridò quel che a tutti era visibile ma nessuno vedeva, perché nessuno voleva vedere. Beppe Grillo ha detto: il re è nudo, Conte non è nessuno. Quando Grillo dice a Conte “non hai visione politica e neanche capacità manageriale” dice che Conte non ha un partito, che Conte non è M5S, che Conte è stato mandato a Palazzo Chigi a tener occupata la sedia in nome di M5S, che Conte non ha mai prodotto e comunicato una identità e prospettiva politica. che Conte è una sua invenzione…

Tutto vero, tranne l’ultima. Giuseppe Conte non è stato solo un’invenzione di Grillo, è stato (ed è) una potente suggestione e creazione mediatico-politichese. Con scarsi riscontri nella realtà socio politica italiana. Conte che rivendica orgoglioso di aver lavorato per quattro mesi e anche di notte per sciogliere M5S da Rousseau, Grillo che in quattro minuti e parole riporta M5S su Rousseau per eleggere il nuovo vertice. Conte che aveva sfidato Grillo con un: contiamoci! E che aveva gonfiato il petto: “Non mi accontenterò di una maggioranza risicata”. Grillo lo ha accomodato alla porta come un ospite diventato un po’ alticcio e molesto.

M5S ha via via perduto metà del suo elettorato 2018, M5S da allora ha governato sia con Salvini che con il Pd che con Draghi. M5S ha scelto ma mai digerito una alleanza con il Pd. Soprattutto M5S è entità che soffre, fino allo sfinimento, la condizione di partito di governo. Non è nella sua natura, è una postura forzata e dolorosa.

Perché M5S non è nella sua più profonda natura né progressista né altro che il Pd si era inventato e raccontato. M5S nasce, cresce, vince e trionfa in nome dell’anti modernità. Anti modernità che fa da base di sostegno all’anti Stato e anti Casta. Anti modernità che durante il percorso affascina e conquista ampie fette dell’elettorato e dell’opinione di destra. Elettorato e opinione di destra che poi torneranno e rifluiranno su Salvini e soprattutto Meloni.

M5S dimezzato dal 30 al 15 per cento dell’elettorato e ora riportato da Grillo con uno strattone ad essere se stesso, cioè un indefinito tutto. M5S che nel frattempo ha perso circa cento parlamentari su più di 330 eletti alle Camere. M5S che forse ora si spacca e forse no, più probabilmente non si spacca ma comincia a ruotare fuori asse e senza parabola nota intorno al governo e poi intorno all’elezione del prossimo presidente della Repubblica.

Goffredo Bettini, volentieri e spesso definito guru del Pd, aveva insignito Giuseppe Conte del ruolo del “federatore” del centro sinistra. Il guru non era stato il primo ad avere la visione, ad avere sentore della profezia. Già Bersani ai suoi tempi aveva indicato al Pd la terra promessa dell’alleanza e del governo con M5S. M5S, cosa altro era in fondo se non sinistra inconsapevole di essere tale?

Al caldo della profezia dei popoli che saranno un giorno uniti (quelli del Pd e di M5S) il Pd scaldava il populismo sindacal-corporativo che è dentro il Pd. E venne il guru, venne Bettini, venne Zingaretti e venne il Pd che fermamente volle credere. Credere M5S sia forza riformista e di sinistra. Sbagliato, palesemente sbagliato. Credere che Conte sia un leader e un forte leader. Sbagliato, clamorosamente sbagliato.

Guru? De noartri. E il Pd di Letta? E’ ancora impegnato nella attenta ricognizione al suo interno fosse rimasto qualcosa, ancora impegnato nell’opera di bonifica del renzismo. Se non sta attento a se stesso il Pd di Letta rischia di dare a Conte una tessera del Pd.