DI MARCO FERRARI

La mostra “La vita nova. L’amore in Dante nello sguardo di dieci artiste” anima l’estate del Museo di Scultura Antica Giovanni Barracco di Roma (aperto nel pomeriggio dal martedì alla domenica). Dopo di che farà tappa dal 19 settembre al Museo Madre di Napoli e in altre città italiane e straniere nell’ambito delle Celebrazioni Dantesche 2021. Sono esposte le opere di 10 artiste ispirate ai temi della Vita Nova, con la curatela di Alessandra Mammì e produzione del Centro Studi Roccantica, associazione culturale interdisciplinare fondata da Ileana Florescu nel 2018. Le artiste italiane contemporanee appartengono a varie generazioni: Micol Assaël (Roma, 1979), la fotografa Letizia Battaglia (Palermo, 1935), Elisabetta Benassi (Roma, 1966), Marta dell'Angelo (Pavia, 1970), l'artista e film-maker Rä di Martino (Roma, 1975), Giosetta Fioroni (Roma, 1932), Marzia Migliora (Alessandria, 1972), Sabina Mirri (Roma, 1957), Elisa Montessori (Genova, 1931) e un’opera di arte visiva della poetessa Patrizia Cavalli (Todi, 1947). Il progetto prende origine dal celebre testo giovanile di Dante Alighieri, proponendosi di chiedere alle artiste un’opera ispirata ai temi della Vita Nova: la celebrazione dell’amore; l’apparizione e la santificazione della donna amata; il connubio amore e morte; l’elevazione spirituale e la ricerca di Dio attraverso l’amore terreno, ma anche la crudeltà dell’amore come appare nell’inquietante sogno di Dante che immagina Beatrice nell’atto di mangiare il suo cuore. Tutti temi rielaborati attraverso quella ricerca visiva che, soprattutto le artiste dalla seconda metà del Novecento, hanno abbracciato a partire dalla propria esperienza personale. Del resto, la novità del testo di Dante fu proprio quella di porsi in forma autobiografica, in una sorta di diario che indaga il sentimento d’amore e lo distilla in un'opera letteraria dai forti elementi visivi. Il tema è quello del confronto tra la contemporanea sensibilità di un'artista donna e l'eternità di un testo che resta un paradigma del discorso d'amore nella cultura d'Occidente. Nell’eclettico palazzetto rinascimentale di Corso Vittorio Emanuele II, tra opere egizie, mesopotamiche, romane, greche, ecco al piano terra le immagini dell’ispiratrice numero uno del Sommo Poeta, l’eterea Beatrice. Nei due piani superiori l’allestimento della mostra mette a dialogo ciascuna delle altre opere contemporanee con i pezzi collezionati nella seconda metà dell’Ottocento dal barone Giovanni Barracco e da lui donati nel 1904 al Comune di Roma. Ecco allora che la sequenza dei quattro medaglioni di Giosetta Fioroni (unica donna nel rivoluzionario gruppo anni Cinquanta di pittori della Scuola di Piazza del Popolo) sono la ripetizione ossessiva dello stesso soggetto, due profili avvicinati come per baciarsi, come ossessivo è l’innamoramento. E sono collocati tra reperti egizi: un sarcofago, una testa di faraone. Irrompe anche la cronaca del Novecento nella ricognizione sull’amore, sulla donna, sul passato/presente. La fotografa siciliana Letizia Battaglia traduce in storia contemporanea l’incontro tra l’Alighieri e Beatrice, ritraendo in bianco e nero tre “gentildonne” della sua terra: Rosa Schifani (vedova di Vito, agente di scorta di Giovanni Falcone), una bambina dal mediterraneo innocente volto, il busto di Eleonora d’Aragona. L’allunaggio ha ispirato invece la filmaker Rä di Martino, abituata a contaminare contesti artistici differenti: dunque nei suoi “Allunati n.20” sullo sfondo di immagini del satellite della Terra fornite dalla Nasa si stagliano in foglia d’oro i profili di un uomo e di una donna, a loro volta ombre rubate al film di Bernardo Bertolucci del 1963, “Prima della Rivoluzione”.  Con un collage che adopera una velina azzurra per lo sfondo e tocchi di pastello, Sabina Mirri immagina Dante come un ermafrodito che fonde in sé il poeta e la sua musa ispiratrice e che disteso come una divinità arcaica dai molti seni ricrea il mondo grazie ai suoi versi. Impegno terzomondista, femminista ed ecologista quello di Marzia Migliora che presenta tre opere tra collage e disegno dai “Paradossi dell’abbondanza”.  Elisabetta Benassi parte dal volumetto dell’opera giovanile di Dante per avviare una performance collettiva. “Se ti chiami Beatrice questo libro è tuo” ha scritto a pennarello sulla copertina invitando tutte le bambine e le ragazze dai 9 ai 24 anni omonime della donna angelicata a riceverne una copia in omaggio, in edizione firmata e numerata. Un libro d’arte realizza invece Elisa Montessori ne “La voce di Beatrice”. Collage in formato di libro è “Senza titolo” di Micol Assael che incolla su un personalissimo diario le frammentarie testimonianze del proprio tempo passato. Patrizia Cavalli, poetessa, gioca infine con i propri versi (e con la Musa di Dante) distendendoli, alternandoli e quasi storpiandoli nella scrittura automatica con la quale riempie le dodici gouaches intitolate “Ma quale amore?”. Facendo ironica eco al celeberrimo “Donne che avete d’intelletto amore…”, la Cavalli rima così: “Tu sei quel che si dice la mia Musa,/ se non mi amusi più/ perdo ogni scusa”.