DI ALFREDO DE GIROLAMO

Il caldo asfissiante di questi primi giorni sta soffocando tutto il mondo. Le immagini del Canada che va a fuoco stanno facendo il giro di tutte le televisioni, le temperature nei giorni scorsi – nella cittadina di Lytton, sobborgo di Vancouver – hanno sfiorato i 50 gradi centigradi (49,6°). Un dramma che non sembra avere fine.

Un ultimo studio interessante sul tema, a cura della London School of Hygiene & Tropical Medicine (LSHTM) e pubblicato sulla rivista Lancet Planetary Health, sostiene che più di otto miliardi di persone potrebbero essere a rischio di malaria e febbre dengue entro il 2080 se le emissioni di gas serra continueranno ad aumentare senza sosta. Un numero incredibile, che però per come stanno andando le cose tra 60 anni potremmo aver raggiunto. I ricercatori impegnati dello studio prevedono infatti che oltre quattro miliardi e mezzo di persone in più potrebbero essere minacciate dalle due principali malattie al mondo trasmesse dalle zanzare.

Cifre che si basano su proiezioni di una crescita della popolazione di circa 4,5 miliardi nello stesso periodo e un aumento della temperatura di circa 3,7°C entro il 2100. Lo studio ha scoperto infatti che se i livelli di emissione continuano ad aumentare ai ritmi di oggi, l’effetto sulle temperature globali potrebbe allungare le stagioni di trasmissione di oltre un mese per la malaria e quattro mesi per la dengue nei prossimi 50 anni. Felipe J Colón-González, assistente professore presso LSHTM e uno degli autori del rapporto, ha dichiarato che il loro lavoro suggerisce fortemente che la riduzione delle emissioni di gas serra potrebbe impedire a milioni di persone di contrarre la malaria e la dengue. Gli scenari a basse emissioni riducono infatti significativamente la durata della trasmissione, così come il numero di persone a rischio. Ne consegue dunque che l’azione comune per limitare l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2 gradi centigradi come previsto dall’Accordo di Parigi dell’ormai lontano 2015, deve continuare.

Tuttavia, anche in virtù del terrificante esempio canadese, è bene prepararsi a tutti gli scenari, compresi quelli in cui le emissioni rimangono a livelli elevati, soprattutto nelle aree che sono attualmente libere da malattie e dove è probabile che i sistemi sanitari siano impreparati a gravi epidemie.

Oggi, secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la malaria uccide più di 400 mila persone ogni anno, per lo più bambini. Nel 2019, oltre il 90% dei 230 milioni di casi stimati si è verificato in Africa. E se la malaria ha una terapia che permette di guarire nel 90% dei casi, lo stesso non si può dire della dengue, che non ha un trattamento specifico e nemmeno dati precisi sulla sua azione. Sappiamo però che il numero di casi di dengue segnalati all’OMS è aumentato di oltre otto volte negli ultimi due decenni, dai 500 mila circa nel 2000 a 5,2 milioni nel 2019, dunque la crescita c’è ed è preoccupante.

Sempre secondo Colón-González, gli attuali sforzi per il contenimento della malaria e della dengue si basano in gran parte sul controllo delle popolazioni di zanzare e sulla riduzione del contatto tra le zanzare e le persone. Sebbene le campagne per la riduzione delle zanzare possano essere efficaci, sono difficili da sostenere, soprattutto nei paesi a basso reddito, a causa delle scarse risorse economiche e della disinformazione. Il problema però, in ottica futura, riguarda anche i paesi sviluppati. Riguarda tutti noi. Urge dunque un’azione politica comune per contenere l’aumento vertiginoso delle temperature, perché da ogni parte ci arriva lo stesso messaggio: ormai non c’è più tempo.