Nella giornata di ieri è stato presentato il ‘Rapporto annuale 2021’ dell’Istat che ha fotografato lo stato di salute dell’Italia. Inutile dire che il Covid ha influito su tutto, ovviamente in termini negativi: Il Pil si è ridotto dell’8,9% sull’anno precedente, essenzialmente per il crollo della domanda interna, in particolare dei consumi. Male anche il quadro demografico: il record negativo del numero di nascite toccato nel 2019 è stato di nuovo superato nel 2020. I nati della popolazione residente sono stati 404.104, in diminuzione del 3,8% rispetto al 2019 e di quasi il 30% a confronto col 2008, anno di massimo relativo più recente delle nascite. Inoltre nel 2020 si sono celebrati meno di 97mila matrimoni, quasi la metà rispetto al 2019 (-47,5%, pari a oltre -87mila). Il calo è stato del 68% per le nozze con rito religioso e del 29% per i matrimoni civili. Ma forse quello che più colpisce e la povertà assoluta che è in forte crescita e ha interessato nel 2020 oltre 2 milioni di famiglie (7,7% dal 6,4% del 2019) e più di 5,6 milioni di individui (9,4% dal 7,7%). Coerentemente con l’andamento dei consumi, la condizione peggiora di più al Nord che al Centro e nel Mezzogiorno. Nel Mezzogiorno vi è ancora l’incidenza più elevata (9,4% l’incidenza familiare), nel Centro la più bassa (5,4%). Sulla base dei conti nazionali, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici nel 2020 si è ridotto del 2,8% (-32 miliardi di euro), quasi azzerando la crescita del biennio precedente. I consumi finali hanno subito una caduta di dimensioni molto più ampie (-10,9%) e mai registrate dal dopoguerra. Nel 2020 le visite specialistiche (di controllo o prime visite, finalizzate a impostare un eventuale piano diagnostico terapeutico) si sono ridotte di quasi un terzo: tutto ciò porterà a delle conseguenze sulla salute della popolazione. Nel 2020 il totale dei decessi per il complesso delle cause è stato pari a 746.146, il valore più alto registrato nel nostro Paese dal secondo dopoguerra. Rispetto alla media 2015- 2019 si sono avuti 100.526 decessi in più (15,6% di eccesso). La speranza di vita alla nascita, per il complesso della popolazione (maschi e femmine insieme), scende a 82 anni nel 2020, ben 1,2 anni sotto il livello del 2019. Per osservare un valore analogo occorre risalire al 2012. Gli uomini sono più penalizzati: la loro speranza di vita alla nascita si abbassa di 1,4 anni, a 79,7 anni, mentre per le donne scende di un anno, a 84,4 anni, ampliando così il differenziale di genere.