di Francesco Chiucchiurlotto

Incredibilmente c'è l'accordo nel Governo su un testo condiviso per la riforma della giustizia e tutti, addetti ai lavori e semplici cittadini, abbiamo tirato un respiro di sollievo, perché sappiamo che gli euro-miliardi sono condizionati alle riforme, di cui questa è una delle principali insieme a quella della Pubblica amministrazione.

La caratura politica dell'accordo però ha prevalso, a mio parere, sul contenuto tecnico che la riforma dovrebbe avere per quanto ci viene richiesto, credo che ne siamo ancora distanti.

È vero che la prescrizione del reato è divenuta non una garanzia per il cittadino accusato in un processo che ha davanti a sé anni e anni di procedimento che gli cambiano la vita, la reputazione e anche l'impoveriscono, bensì l'obiettivo di un fine processo da raggiungere con ogni mezzo anche inopportuno o sleale, per chi ne ha i mezzi soprattutto.

Il caso di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, che si aggiunge all'altro recente di Simone Uggetti, già sindaco di Lodi, pongono appunto drammaticamente il tema della durata dei processi ed il ruolo dei Pm e quindi l'equilibrio trovato sulla prescrizione va nel senso giusto, ma non basta. L'ordinamento giudiziario italiano ha mali atavici, storture da sempre ignorate, disequilibri stridenti: i magistrati sono 9.400; 37.000 le unità di polizia giudiziaria; 245.000 avvocati iscritti all'albo e 231.000 attivi, uno ogni 250 abitanti.

L'incomprensibile scarsità dei magistrati produce arretrati in continua crescita con una lentezza endemica da cui derivano i guasti che ci rimprovera l'Europa. I riti alternativi che avrebbero potuto smaltire rapidamente gli oltre 2 milioni di cause civili pendenti e che avevano portato ad una legge per promuovere la soluzione preventiva del contenzioso (l'Alternative dispute resolution, in sigla più nota Adr) è subito stata affossata dalla lobby degli avvocati.

Il sistema (ho partecipato ai corsi di formazione per poi diventare mediatore) era troppo semplice e snello per essere tollerato in un Paese che si nutre di se stesso complicando, moltiplicando, distinguendo; molti imprenditori che avevano investito in agenzie di mediazione naturalmente sono falliti quando la legge istitutiva dell'Adr fu proditoriamente cambiata.

Ma ci sono altri punti della riforma che vanno affrontati in Parlamento: basta cercare la soluzione dei problemi sociali con il mero diritto penale; la risposta a recrudescenze di particolari delitti con il mero aumento delle pene; la repressione necessaria soltanto con il carcere punitivo e non riparativo.

C'è poi la deriva della magistratura a cominciare dal suo organo di autogoverno assoluto, unico al mondo, che sotto la foglia di fico della sua indipendenza ne ha combinate di tutte e ha bisogno di un immediato, radicale e concreto cambiamento: sorteggio dei membri del Consiglio superiore della magistratura per una successiva loro elezione per far sparire le correnti, non quelle delle posizioni culturali, ma quelle del malaffare; divisione della carriera giudicante da quella inquirente per garantire la terzietà del giudice; responsabilità civile dei magistrati; limiti al carcere preventivo; abrogazione della legge Severino.

Toh! Quasi come i quesiti referendari!