Di Vincenzo Musacchio

Un Paese non in grado di far luce sulle stragi che oscurano la sua democrazia e una parte delle sue istituzioni non può avere futuro e non può consegnare alle generazioni future neanche la speranza di una giustizia giusta.

L’ultima occasione di riscatto è affidata ai nostri giovani. Gli unici a poter cambiare le sorti di questa Nazione se riusciranno a essere portatori di verità e di giustizia. Su di loro Paolo Borsellino riponeva tante speranze al punto da spingerlo a dire più volte che “se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo”.

Sono convinto che sarà così perché anch’io ripongo tanta fiducia in loro, nei loro volti attenti e desiderosi di apprendere e conoscere. Noto anche tanta vitalità e spero si trasformi presto in azione. Come promisi ad Antonino Caponnetto, continuerò a fare memoria diffondendo il patrimonio di valori e d’insegnamenti di questi uomini e delle loro idee. Hanno svolto la loro funzione e fatto il loro dovere sino in fondo. Non c’è niente di meglio del loro esempio per trasmettere un messaggio d’incitamento alle nuove generazioni.

Ai giovani occorrono fatti e non solo parole! Quando mi domandano cosa possono fare per lottare la mafia? Rispondo sempre: studiare. Come ripeteva proprio Paolo Borsellino, dico loro di non chiedere e non accettare mai favori perché, prima o poi, chi li ha elargiti reclamerà il conto. Li invito a riflettere sugli attuali rapporti tra mafie e politica e a rendersi conto che Paolo Borsellino fu lasciato solo dopo la morte di Falcone e nonostante questo isolamento trovò la forza e la determinazione di indagare proprio sui rapporti tra mafia e politica.

Non fece in tempo a portare a termine il suo lavoro perché fu brutalmente assassinato. Quei gattopardi che l’hanno isolato in vita, oggi, purtroppo, saliranno sui palchi ancora una volta per commemorarlo! Esalteranno il suo valore di magistrato, ma ometteranno colpevolmente di ricordare che Borsellino fu accusato da più parti di essere un “insabbiatore” o uno “scippatore d’inchieste altrui”, accuse di cui si disse più volte profondamente amareggiato. Il caso finì addirittura davanti al CSM, corporazione togata, che scoprì l’ispirazione solidale soltanto dopo la sua morte.

Vorrei evidenziare che potrebbe essere stato anche legittimo pensarla diversamente da Borsellino, ma non lo fu affatto quando si corruppe la sua memoria per conciliare il proprio essere antitetico con il volersi mostrare accondiscendente e vicino alle sue idee. Siamo spesso di fronte a ipocriti e sono sempre gli stessi. Nella ricorrenza si manifestano, ignorando il pudore, poi spariscono e lavorano contro il giorno dopo.

Paolo Borsellino era una persona onesta che ha compiuto fino il fondo il suo dovere, costi quel che costi, senza scendere a compromessi, tenendo sempre la schiena dritta e guardando in faccia anche la paura, con coraggio e determinazione. Ricordare Paolo Borsellino e le persone della sua scorta vuol dire operare ogni giorno affinché il passato non torni, affinché dalla verità sulla strage di via D’Amelio si costruisca uno Stato e una società che lottino a viso aperto le mafie.

Com’era solito dire lui, ai nostri giovani bisogna dire quotidianamente di detestare la mafia e di aspirare al “fresco profumo di libertà senza il puzzo del compromesso”. Le idee di Borsellino di allora sono ancora attualissime oggi, spetta a noi far si che non siano mai oscurate e siano ricordate con autenticità e rigore morale.