La voracità con la quale le bacheche d'informazione divorano le veline, e la velocità con la quale le incollano, utilizzando quasi sempre lo stesso “titolo” proposto dai mittenti e senza neanche leggerne il contenuto, sono dettate da una necessità di sopravvivenza, dal bisogno di riempire in qualche modo spazi on line (e il giorno dopo le colonne di carta) che altrimenti resterebbero tristemente vuoti.

Ognuno agisce come meglio crede e può, anche se resta il problema fondamentale: la capacità attrattiva che una simile attività ha nei confronti dei lettori. Sempre che, sia chiaro, interessi davvero catalizzare l'attenzione di coloro che frequentano la rete. Vale soprattutto per le comunicazioni che riguardano il mondo della politica, tutte centrate sullo scambio di accuse, sul battibecco a distanza. È sufficiente che qualcuno sollevi un tema per scatenare l'immediata reazione.

Ed allora capita che nel giro di qualche minuto ad un intervento, peraltro diffuso anche sui social, ne segua immediatamente uno di segno opposto che serve a rintuzzare il primo attraverso gli stessi canali. Operazioni che vengono eseguite con una rapidità che, mentre testimonia l'esistenza di un monitoraggio costante e continuo da parte degli interessati o di coloro che ne curano la propaganda, azzera quasi del tutto ogni possibile valutazione su ciò che viene sostenuto dalle parti. Insomma, ciò che viene affermato passa quasi in secondo piano, a contare davvero è la dimostrazione di esistere.

Anche perché la polemica occupa al massimo i pensieri di una ristrettissima cerchia di “addetti ai lavori” che se la cantano e se la suonano da soli tra allusioni e riferimenti velenosi, mentre la stragrande maggioranza dei cittadini è ormai diventata impermeabile a questo tipo di sollecitazioni. Una forma di indifferenza, e di comprensibile diffidenza, che cresce a dismisura quando in ballo ci sono prese di posizione su incarichi e progetti. Come se la gente non sapesse che ogni elezione si accompagna a “giri di valzer” che riguardano le più svariate nomine. Vale per tutti, per chi governa e poi va all'opposizione e per chi compie il percorso inverso.

È la politica, checchè ne pensino tromboni e soloni pronti a spendersi di volta in volta, talvolta azionando la leva moralistica, per un fronte e per l'altro. Sono le regole della corsa al potere, qualsiasi colore indossi, ed è inutile far finta di non conoscerle, indignandosi ad intermittenza. Restano le persone comuni, che esprimeranno il loro voto in base alle promesse alle quali cercheranno di credere o ai rapporti di amicizia e familiarità e, soprattutto, sulla scorta di analisi all'insegna della banalità: se la città è pulita, se i trasporti e la sanità funzionano, se le scuole sono sicure. Il resto è noia, roba buona per le veline: viaggiano come missili supersonici ma, dopo un lungo giro nell'atmosfera, cadono nel nulla.

di Enzo Spiezia