Di GIUSEPPE SCALERA
C'è ancora bisogno degli alberi genealogici? Una volta, orientarsi tra mogli, figli e nipoti era attività labirintica. Un modo quasi necessario per comprendere esattamente gli incroci familiari, spesso il perché di determinate scelte e orientamenti. Oggi, quell’albero si è rinsecchito. Le famiglie si sono estroflesse. Un figlio, magari due, raramente tre, tutto qui. Chi va oltre viene visto come un audace, un temerario, quasi un irresponsabile. Problemi economici, certo. Perché i figli costano e, ormai, non tutti possono permetterseli. Da qui, le scelte dei giovani, la sicurezza del lavoro che latita, i matrimoni che ritardano, il figlio unico come approdo naturale. Ma, nella visione globale, c’è anche la difficoltà di regalare il tempo ai propri ragazzi, perché il mondo ti chiama altrove, sempre e dovunque, e, al di là degli incerti lockdown registrati in questi mesi, c’è sempre poco tempo da dedicare alla famiglia. Strano, c’è voluto il virus per ricompattare il proprio nucleo, per ritrovare autentici tessuti familiari e non sempre l’esperienza si è rivelata positiva. Siamo talmente abituati ad affrontare in solitudine il ritmo della vita quotidiana che quel senso di intima comunità ci appare strano, incerto, desueto. E sembra anzi che l’ esplosione dei conflitti domestici, in questa fase, sia nata soprattutto da questa inattesa ricomposizione. Ricordo i discorsi delle generazioni del passato. I figli erano quasi il segno dell’ abbondanza, il dono regalato dal destino cui nessuno aveva voglia di rinunciare. Si diceva che aggiungere un posto a tavola non costava nulla. E poi, i ragazzi si passavano gli abiti, l’un con l’altro. Maglie, pantaloni, camicie danzavano allegri tra gli eredi, senza che nessuno avanzasse altre pretese. Perché non esistevano scarpe di marca, griffe da onorare, mode da seguire. E tutto viveva nella concretezza della vita quotidiana. Al di là di ogni valutazione, si respirava il senso di una piccola comunità, sostanzialmente inattaccabile dall’esterno, chiusa in un guscio identitario impenetrabile. Oggi, tutto appare più sfuocato e banale. Indebolito da tante separazioni che minano ulteriormente quel nucleo, rendendolo quotidianamente fragile e incerto. Mentre i minori perdono ogni segnaletica, cercando i propri riferimenti nel web, nei social, nei giochi. Una società distratta, nella quale ognuno coltiva disperatamente il proprio ego, dove la logica del sacrificio è stata rapidamente abbandonata, dove l’ albero genealogico ha perso inopinatamente le sue radici. Mentre avanza, prorompente, una repubblica della terza età con nuovi bisogni e nuove incertezze. Confinata nell’angolo dei propri egoismi.