Di fronte al risultato senza precedenti dell’Italia Team a Tokyo 2022, maturato giorno dopo giorno in un crescendo di risultati incredibili ed incredibile entusiasmo, in un’estate che era già stata generosa di emozioni per i colori azzurri agli Europei di calcio, confesso che il pensiero è andato a Marco Travaglio, strepitoso profeta al contrario. Una specie di contro Re Mida, ormai quello che attacca diventa d’oro. All’Europeo tifava contro la Nazionale e abbiamo trionfato a Wembley.

Per Tokyo ha previsto un grande flop per l’Italia ed è arrivato il record di sempre di medaglie olimpiche vinte. Verrebbe da chiedergli di continuare così a questo arcinemico dell’Italia. Questo è, prima di tutto, il momento della profonda gratitudine verso tutte le nostre atlete e i nostri atleti, verso quelli che ci hanno fatto trionfare e quelli che tornano un po’ delusi pur avendo dato tutto (come non applaudire un incredibile Gregorio Paltrineri o una grande nazionale di Basket?), tutti accomunati da grande impegno, grande umiltà, anni e anni di sacrifici e preparazione. Un esempio incancellabile per i giovani del nostro Paese. Una gratitudine che va estesa a Giovanni Malagò, al Coni e alle Federazioni che hanno fatto un grande lavoro e che tornano in Italia con un risultato storico e indimenticabile.

Merito loro averlo conseguito, e averci creduto, contro ogni avversità. Ma un romano come me non puó che guardare al capolavoro organizzativo di Tokyo, alla scommessa vinta dal Cio anche con grande amarezza e rammarico. E non può non pensare a Virginia Raggi, ad Alessandro Di Battista, al suo meccanico, a tutto il M5S come a coloro che hanno scippato a Roma le Olimpiadi del 2024, che erano praticamente già in tasca. All’occasione irripetibile di rilancio e ripartenza che avrebbero rappresentato insieme al Giubileo dell’anno successivo per la Capitale d’Italia. Come fa la Raggi a non vergognarsi e a presentarsi ancora davanti ai romani? Quanto sarebbe stato belle vedere gli eroi di Tokyo difendere i loro titoli davanti al pubblico italiano, allo stadio Olimpico?

E tra le cose che non si possono dimenticare c’è il trattamento che sovranisti e populisti hanno riservato allo sport in questa legislatura. Facile esaltarsi di fronte alle medaglie olimpiche, comodo postare le foto dei nostri atleti per ottenere qualche like. Oggi tutti felici a fare il tifo. Ma è bene ricordare cosa è successo in questi tre anni ad un settore già duramente colpito dalla pandemia. Come è stato possibile che, dal 2018, il governo gialloverde, a partire da un comma in legge di bilancio, abbia cercato in ogni modo di distruggere il Coni, di cancellarne ruolo e funzioni?

È ancora come è stato possibile che il governo giallorosso sempre a guida Conte abbia continuato nella stessa direzione con una incomprensibile guerra al Comitato Olimpico Italiano fino al punto di correre il rischio di essere sanzionati dal Cio e di essere costretti a presentarci a Tokyo senza il tricolore? Ve lo immaginate Tamberi che corre felice senza la bandiera italiana o Jacobs che nella cerimonia di chiusura non può sventolarla? Tutto questo è accaduto, in uno dei momenti più duri per tutto il sistema sportivo italiano, per una guerra di potere, tra chi voleva spodestare l’odiato Malago e chi voleva più semplicemente mettere le mani della politica sullo sport, per trarne voti anziché medaglie. Nel disinteresse generale, siamo stati in pochi a difendere l’autonomia dello sport, a chiedere che lo sforzo del mondo sportivo fosse sostenuto e non ostacolato, a spiegare quanto nella strategia olimpica fossero centrali anche la Scuola dello Sport, l’istituto di Medicina sportiva, i centri di preparazione olimpica. Un sistema che si voleva distruggere e che oggi, dopo i successi, viene celebrato.

Per fortuna, siamo riusciti a impedire il disastro e il governo Draghi ha tutte le carte in regole per il cambio di passo anche sullo sport. Ma se la politica vuole fare il suo dovere oggi non si limiti a celebrare successi azzurri che non le appartengono. Ma lavori da settembre per dare una governance finalmente efficace al sistema dello sport italiano, per garantire le risorse che servono a partire dal PNRR, per affrontare il tema dell’impiantistica, ormai urgente in tutto Il Paese, per riportare l’educazione sportiva nelle scuole, per ripartire dal modello “sport e periferie” realizzato dalla governo Renzi, per consolidare e magari migliorare questi risultati in futuro. Per sognare ancora in grande. Lo dobbiamo al sacrificio dei nostri atleti, e al talento di quelli che verranno. E a tutti i milioni di italiani che sanno che lo sport, al di là di vittorie sconfitte, è una insostituibile scuola per la vita.

LUCIANO NOBILI