Gente d'Italia

Cina: austerità e le tasse sui ricchi

 

di Riccardo Galli

Cina, succedono o stanno per succedere cose, cose che non ci si aspettava. Qualche settimana fa la scomunica morale dei videogiochi. Non solo morale, anche concreta assai visto la ripercussione in termini finanziari e industriali delle aziende del settore. Ripercussione negativa e pesante. Ma, nonostante qualche eco in Borsa, si è teso ad archiviare la cosa come una stramberia del Partito Comunista cinese, un soprassalto esotico di moralismo.

Si è convenuto, dalle nostre parti, in un…passerà. Ora la Cina, o meglio il suo regime e governo, annunciano un altro paio di cose che, messe insieme, hanno le fattezze di una politica economica che da laggiù non ci si aspettava.

L’invito delle autorità (in Cina sono inviti che…non si rifiutano) è a consumare meno lusso e, se lusso deve essere, che sia lusso quanto meno straniero possibile. Ma come, la fabbrica del mondo (non più in esclusiva) che vive di export ora invita i suoi cittadini consumatori a non incrementare gli acquisti di prodotti che vengono da fuori? E soprattutto i circa 200 milioni di cinesi divenuti potenziali consumatori potenti invitati da Pechino a rallentare i consumi?

Già, da tempo la Cina non è più la patria del lavoro che non costa nulla e delle produzioni a basso costo. Sono cresciuti i salari, è cresciuta una classe media e l’economia cinese incontra problemi e circostanze “occidentali”: la spesa pensionistica in prospettiva insostenibile e l’allargarsi oltre misura della forbice tra i redditi. Quindi il regime vira dove non ce l’aspettavamo: dai decenni dell’arricchirsi è giusto alla campagna della redistribuzione condivisa.

Tassepiù tasse ai redditi alti è l’annuncio che viene da Pechino. Beh, peggio o meglio per loro. A noi non ce ne viene o non ci toglie nulla. Sbagliato. Di fronte agli annunci cinesi l’intera filiera del lusso mondiale ha immediatamente sbandato: botte in Borsa per Lvmh, Hermes, Kering. Moncler…Il lusso i cinesi lo comprano dai paesi occidentali, soprattutto europei. Un battito d’ali della farfalla economica a Pechino e a Londra, Berlino, Roma, Parigi subito piovono meno commesse e affari.

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