L'Italia ne è piena. Polemiche, accuse, scuse, promesse. Se ne parla anche in Parlamento, alla questione hanno messo mano anche alcuni ministri. Le associazioni dei consumatori sono insorte. Imbufaliti gli utenti abbonati: pagano per vedere poco e male. Pagano per cosa? Per le partite di calcio del campionato italiano serie A, da luglio appannaggio di Dazn, vincitrice dell'asta con un'offerta superiore di novanta milioni a quella di Sky, detentore e sfruttatore dei diritti fino a giugno 2021. Dazn darà (dovrebbe dare) il calcio che conta e interessa  a tutto dicembre 2014. Il bene più prezioso che ci sia per gli italiani. 

"Interruzioni, ritardi, immgini di qualità pessima, fortunato chi riesce a vedere qualcosa", la protesta è globale, a livello italiano. Il popolo del calcio è inviperito. Concessionaria dei diritti, la Lega Calcio, allarmata, ha convocato a palazzo i dirigenti di Dazn: così non va, dovete darvi una regolata, mettervi in linea, assicurare un servizio almeno decente agli appassionati di calcio vostri utenti. Autentico fantasma (nessun comune cittadino è mai riuscito a mettersi in contatto diretto con l'azienda, non esiste un call center, niente che possa far pensare alla possibilità di istitutuire un minimo di cordone ombelicale con l'utente), Dazn si è scusata. "Il disservizio è ammissibile quando si tratta del vasto impiego di nuove e sofisticate tecnologie. Non accadrà più". La trasmissione in streaming presenta problemi e anomalie di base. Alle spalle, e con Dazn, c'è Tim. Il grande alleato italiano. 

Il pallone in streaming in un Paese ancora non pronto. Una scommessa italiana quella di Tim: spingere la fibra. Ma Dazn, per noi italiani un fantasma, chi è, che vuole fare, quanto guadagna e  quanto perde? Il gruppo di Len Blavatnik è arrivato oltre il miliardo di dollari di ricavi, ma è in rosso per 1,4 miliardi. Dazn è una creatura di Blavatnik, sessantaquattro anni, originario di Odessa, patrimonio personale 32 miliardi di dollari. Il classico prototipo del magnate russo che si è luareato negli States alla Columbia University e ad Haward, poi diventato miliardario nella torbida disgregazione dell'Unione Sovietica. In partciolare attraverso la guerra dell'alluminio. 

Tagliati i cordoni con la madre patria, il suo core business è stato a lungo il settore chimico e petrolchimico, ma il futuro sono i diritti televisivi. Cioè Dazn, in principio una costola della britannica Perform, azienda specializzata nella raccolta dei dati per le scommesse sportive. Lanciata per la prima volta come servizio streaming nell'estate 2016 in Germania, è sbarcata negli Usa e in Italia nel 2018. Una crescita esponenziale, vertiginosa. Oltre duecento Paesi raggiunti in pochi anni.  

In Italia la direzione di Dazn è affidata alla manager Veronica Diquattro. La MF rivela a questo punto che il numero degli abbonati sarebbe attulmente sotto il milione. Meno dell'anno scorso, quando i big match superavano stabilmente due milioni di spettatori. Numeri però drogati dall'accordo con Sky che regalava il pacchetto anche ai suoi clienti.  

Diritti acquisiti, abbonati, ricavi, soprattutto costi. I conti infatti non quadrano: una perdita di 1,4 miliardi a fronte di otto milioni di abbonati globali. Risulta quindi problematico spiegare come possa permettersi di pagare il corrispettivo del suo intero fatturato, oltre 800 milioni per la serie A 

La risposta riporta all'inizio della storia. La ricchezza di Blavatnik e la linea di credito miliardaria che la sua Holding Access Industries garantisce a Dazn. Di fronte agli investimenti non ancora ripagati, oltre 4 miliardi per il lancio mondiale, Dazn poteva sbaraccare tutto o rilanciarsi in grande stile. Ha scelto la seconda strada: imporsi sul mercato grazie ai diritti della serie A e magari in futuro quotarsi in Borsa. Laddove Tim, entrata a gamba tesa, ha deciso di puntare sul pallone per convertire l'Italia alla fibra e stroncare, in pari tempo, un potenziale concorrente come Sky, che aveva cominciato a strizzare l'occhio anche alla telefonia. 

Tim contribuisce all'alleanza con 340 milioni l'anno. É questa la vera chiave di lettura di quanto sta accadendo in Italia, le partite in streming prima che il Paese fosse pronto. Significa catapultare dall'oggi al domani un Paese con un "digital divide" imbarazzante nel futuro dello streaming. I padroni della serie A, presidenti famelici praticanti soltanto delle religione del denaro, di fronte al malloppo, si sono ritenuti in una botte di ferro. Si sono consegnati mani e piedi a Dazn-Tim.

Dazn, in Germania, ha appena firmato un contratto con Comcast per avere due canali su Sky. Come avveniva in Italia fino all'anno scorso. Ora non più: Gubitosi, l'ad di Tim, ha escluso ogni relazione con Sky. 

Alle cifre attuali, l'investimento non si ripagherebbe mai. Nessuna possibilità di andare in pari, alla luce dei dati che emergono dall'inizio del campionato di serie A e dal parziale ritorno del pubblico negli stadi. Ma Blavatmik ha tempo e soldi per vincere anche questa sfida. Perplessi i tifosi di calcio italiano: Dazn ha battuto male il calcio d'inizio, la palla al centro andrà gestita in maniera più consona alle esigenze e alle aspettative degli utenti. Se paghi, devi poter vedere come si deve.